Pippi calzelunghe

Ogni estate ha il “tormentone”.

L’estate 2016 sarà sempre e per sempre per noi l’estate di PIPPI CALZELUNGHE.

Abbiamo scelto un libro da leggere insieme, per più giorni, un libro che ci facesse cadere dentro l’estate, fuori dal tempo.

Abbiamo scelto un classico dei classici Pippi calzelunghe della geniale Astrid Lindgren.

Fare conoscenza con Pippi Tommy e Annika è stata un’esperienza, nel senso pieno del termine, per i miei figli per entrare in un mondo parallelo che ci portiamo dietro immancabilmente nei giochi; per me per rileggere con occhi diversi un libro che ha indubitabilmente, lo sanno tutti, cambiato per sempre la strada della letteratura per l’infanzia.

Il classico può avere molteplici definizioni e non scomoderò Calvino con tutte le sue buone idee sul perché leggere i classici, dirò solo che nel caso di Pippi la lettura è un presente continuo, è quel classico che è tale perché è sempre moderno, o meglio, contemporaneo.

Non mi perderò nel dire, non sarei nemmeno in grado di farlo, quanto di Pippi c’è in tutto ciò che è stato pubblicato dopo di lei perché Pippi Calzelunghe è uno di quei personaggi da cui non si può tornare indietro, che, come Alice, come Peter Pan, quando sono stati “stampati” vivono di vita propria e non possono far a meno di cambiare il corso delle storie.

Quello che mi interessa qui è immaginare cosa è successo quel 1945 quando l’Europa, piano piano, insieme alla pace ha scoperto Pippi, ha scoperto la possibilità di raccontare l’infanzia a partire da vecchi stilemi (l’assenza di genitori ecc.) per stravolgerli completamente.

Pippi è una bambina ma al tempo stesso non lo è: Pippi è la bambina che ogni bambino vorrebbe essere ma forse è anche la mamma che ogni bambino vorrebbe avere perché nel suo essere a modo suo del tutto scellerata (dall’impastare con la scopa al lavare i capelli con le uova, al lavare i pavimenti pattinando e chi più ne ha più ne metta) non perde mai di vista la responsabilità dell’aver cura di altri bambini che le si affidano. Con Pippi possono accadere le cose davvero più strane e al tempo stesso sentirsi ed effettivamente essere nelle mani più sicure del mondo. Complice naturalmente la forza straordinaria della bambina.

Pippi non ha la mamma, questo non è certo una novità per le storie per bambini del primo novecento, il papà invece ce l’ha ma è rimasto a governare un atollo caraibico dopo esser stato scaraventato lì giù da una tempesta in mare, eppure Pippi non finisce in orfanotrofio, tutt’altro, diventa la paladina dell’assoluto, surreale, autocontrollo ed autodeterminazione.

Le idee di Pippi sono a dir poco bislacche eppure sono sempre perfettamente logiche per un bambino o una bambina che finalmente può ritrovarsi in questa eroina.

Se Pippi calzelunghe fosse stato edito ai giorni d’oggi farebbe probabilmente ancora un po’ scalpore e non stupisce che un personaggio del genere sia potuto nascere da una penna “nordica”: in tutta la narrazione non vi è mai, in nessuna forma, alcun didatticismo, nessun insegnamento pedagogico ed esemplare.

Pippi è semplicemente, si fa per dire, possibilità, potenzialità, fiducia ovvero la quinta essenza dell’infanzia, che ne pensate?

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