“Una nuvola drago” di Guido Quarzo

Scommetto che anche i più smemorati di noi adulti ricordano di aver giocato a cercare forme alle nuvole.

Quanti però tra noi ricordano esattamente la sensazione di esser andati a caccia di draghi?

La storia di Federico che Guido Quarzo ci racconta in Una nuvola drago, albo da poco edito da Leone Verde, è la storia di un guerriero di draghi che però ha due problemi…anzi un problema: il tempo. Il tempo da poter dedicare a rincorrere i draghi che, come ogni bambino di qualsiasi parte del mondo sa, compaiono dappertutto quando meno te lo aspetti. Federico non ha tempo perchè la mamma non ne ha, e perchè i troppi impegni di una routine centripeta incombono e occupano spazio e tempo di Federico.
Se forse non sappiamo capire esattamente quello che Federico ci racconta riguardo ai draghi, di sicuro credo chiunque di noi possa perfettamente comprendere per vissuto personale le fatiche di rincorrere i mille impegni. Lavoro, sport, scuola, televisione, computer, spesa, a conti fatti come e quando Federico può lasciarsi andare, indossare l’armatura e inseguire i draghi che lo inseguono a loro volta?

Insomma, questa è la modernità, il tempo stringe e per cercare di tenere insieme qualcosa va pure sacrificato, poco male se si tratta solo di draghi immaginari, no?

No.

Perché ad essere sacrificati non sono i draghi, bensì le storie che Federico ha da raccontare, da raccontarsi.
L’albo comincia, Quarzo è come sempre maestro nella costruzione della narrazione, “Federico ha in mente una storia” ma la storia è tempo (la Storia è Tempo) ed il tempo è vita, l’uso delle storie permette al bambino di costruire la propria individualità, di sperimentarla attraverso le storie giocate, di far passare il tempo crescendo, non saltando tappe come in video gioco.

Ma la mamma in tutto questo che fa? L’autore ce la mostra fragile, attraverso la frustrazione del figlio riconosciamo e, se non giustifichiamo, almeno comprendiamo le difficoltà della vita quotidiana e quasi le perdoniamo di non saper vedere i draghi che la inseguono. Per fortuna lei non si autoassolve come forse potremmo fare noi, o come abbiamo fatto per 2/3 della narrazione: la mamma ad un certo punto guarda il cielo richiamata dal figlio e riesce a vedere una nuvola a forma di drago. Ma non un drago qualunque, è IL drago di Federico che per disperazione è quasi evaporato visto che il bambino non ha mai cinque minuti per la sua storia.
La mamma intuisce, anzi, capisce proprio, brava la mamma! Tutto si ferma, persino il tempo per qualche istante, il necessario per decidere che oggi si va al parco a inseguire draghi, senza fretta!

Ho questo albo in casa già da qualche settimana, ci ho pensato e ripensato per capire i punti di forza e mi pare di poterne individuare due che lo rendono un buon libro di per sé sia per la lettura autonoma che per quella con un adulto: la storia scritta da Quarzo e illustrata da Febe Sillani è e credo voglia esssere mimetica della quotidianità striminzita dei bambini del nostro tempo a cui non manca niente se non tempo da perdere ad inseguire storie. Ma allo stesso tempo tutti noi adulti genitori, o anche insegnanti, possiamo ritrovarci nel personaggio involontariamente ma inesorabilmente sordo della mamma. E se non tutti da soli abbiamo sempre lo scatto per “recuperare” il gap accumulato nei confronti dei bambini, diciamo che la storia un buon suggerimento ce lo da.

Beh, è settembre è tempo di ritornare ognuno alle proprie routine, soprattutto i bambini dopo la lunghissima estate. E se tra gli impegni ci fosse quello di non averne?

L’impiego programmatico del tempo per raccontarsi storie, seguire draghi, perché no, annoiarsi?

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