Giovani adulti e letteratura. Suggestioni da un corso

Sapete perché ho deciso di cominciare a organizzare corsi di formazione?

Perché ho bisogno di imparare e studiare così tanto ma così tanto che ho deciso di portare qui chi volevo ascoltare invece che andarmelo a cercare in giro per l’Italia.

Ecco, così è nata la prima stagione dei nostri corsi un paio di anni fa e così prosegue questa esperienza.

L’incontro di sabato con Nicola Galli Laforest di Hamelin è stato un vero momento di studio, una giornata in cui ho sentito fortissima, e potente, la mia ignoranza che è la spinta più forte allo studio.

Non so a voi, ma a me la sensazione di aver così tanto da scoprire e su cui declinare le mie competenze, esalta. Mi mette in quel quadrate della teoria del flow a cui accennava Nicola: massimo della sfida con il massimo della competenza per cui di fronte ad una sfida un po’ superiore alle competenze si fa il salto e si cresce.

Per me questo tipo di incontri fa questo effetto, mi sfida a crescere. 

Vedere Nicola così a suo agio in questa materia e considerare così da vicino la mole di lavoro e passione che c’è dietro a progetti come XANADU e in generale a tutte le attività di Hamelin, dà la carica per lavorare sempre di più, sempre meglio.

Il centro del corso “Dove vanno le anatre d’inverno” è stata la letteratura per giovani adulti, la narrativa young adults e tra carrellate di narrazioni di ogni genere e profonde parentesi teoriche sulla natura del lettore della fascia d’età 14-18 di cose dette ce ne sono state tante, tanti miti o tanti stereotipi da sfatare.

In primis quello legato alla natura “decadente” e perennemente in crisi dell’adolescente. L’adolescente è una creatura in cui il livello di criticità è almeno pari al livello delle potenzialità, se la vediamo così cominciamo a comprendere come e quanto sbagliamo nel considerare questa fascia d’età solo portata alla distruzione più che alla costruzione. Mettiamo insieme un’immagine decisamente poco viva dell’adolescenza, un messaggio globale che punta la comunicazione sulla fine del mondo imminente e delle narrazioni distopiche in cui la pars coatruens non segue mai la destruens, e avremo ciò che di fatto abbiamo: ragazzi schiacciati dal mondo adulto, una generazione che per la prima volta nella storia non immagina il futuro meglio del presente.

E invece così non solo non può essere, ma non è. 

Bisogna giocarsi il tutto e per tutto con questi ragazzi e ragazze che a quest’età stanno vivendo un momento di plasticità cerebrale e di vivacità delle sinapsi che così non tornerà mai piú. Poi ci sarà la potatura, delle sinapsi e delle possibilità di esistenza, ma perché questa accada per far crescere la pianta della personalità, dell’identità al meglio, e non castrando le possibilità di esistenza, ci vuole un aiuto, una guida salda, esterna, adulta, non invasiva ma salda e positiva.

La letteratura in questa costruzione del sè può giocare un ruolo fondamentale purché sia, manco a dirlo, di qualità, rispettosa, forte e coraggiosa.

Via i cliché che vogliono i ragazzi disinteressati e propensi alle cose facili, le narrazioni devono puntare alla complessità che rispecchia la complessità del mondo e delle possibilità dell’esistente di esprimersi.

Nessun giudizio, nessun intento didattico o didattismo, la narrazione basta a se stessa e travolge lettore e non lettore se…parla di lui, a lui.

Non è nemmeno detto che l’identificazione scatti necessariamente con libri con protagonisti coetanei o con situazioni mimetiche alla realtà, anzi, l’identificazione o meglio, il patto autore-lettore che chiede di sospendere l’incredulità punta su tutt’altro, sul simbolico e sul metaforico, a quest’età, spesso più che sul l’immediata mente riconoscibile.

Perché altrimenti i più grandi lettori di fantasy sarebbero gli adolescenti! 

E mica solo fantasy, tutto va bene purché mi parli di me, specie se lo fa sotto mentite spoglie. 

Riporto una frase di Nicola che mi ha colpito e in cui ho ritrovato me stessa e la mia idea di lettura.

Il lettore non è chi legge molto ma colui che è al centro dei propri libri.

Leggere è questo, sentirsi padrone dei propri libri e mettercisi al centro. Il lettore è il cuore di milioni di bibliografie le più impensabili in cui l’unico comune denominatore è, colui che le ha scelte.

Il non lettore dunque non è solo o tanto chi non legge, ma chi rinuncia a mettersi al centro ad esplorare ogni via che, come diceva Castaneda, è solo una via e purché abbia un cuore vale la pena seguirla.

Impossibile qui riproporvi, non ne sarei capace oltre che non ne vedrei il senso, quanto in termini di contenuto e di suggestione è emerso dal corso con Nicola, posso lasciarvi come suggerimenti bibliografici diretti da cui partire per approfondire i numeri della rivista di Hamelin dedicata agli yung adults: 38 e 41. Detto questo mi scuso di avervi intrattenuto sin qui con un così misero racconto da cui spero tuttavia vi sia almeno venuta voglia di

A. Andare a vedere tutto, ma proprio tutto, quello che fanno gli studiosi di Hamelin

B. Di cercare il prossimo corso più vicino a voi

C. Di studiare, studiare, studiare questo affascinante mondo che traghetta l’essere umano dall’infanzia all’età adulta e in cui, se qualcosa va storto, restiamo impantanati a vita!

Quanto a noi, questo è stato solo l’inizio, stiamo già lavorando alla stagione 2018-2019 in cui incontri e corsi sulla letteratura in senso traversale e non autoriale prenderanno sempre più spazio!

P.s. prossimamente vorrei tornare su un paio di cose dette sabato e a cui vorrei dedicare qualche pensiero meno a caldo:

– lettore implicito e reale nei libri per ragazzi 

– fenomeni editoriali legati agli young adults.

– gli autori italiani

Ce la farò?

Lo scopriremo solo leggendo!

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