Io sono il cielo che nevica azzurro

1 gennaio.

1 post dell’anno.

Apro il nuovo anno di teste fiorite con una dichiarazione di poetica, con un

Io sono

che è letteratura ma anche metaletteratura, ma anche autobiografia…dell’autore e ma forse anche un po’ del lettore.

Nel 2016, con Gek Tessaro ero un ladro di bestiame felice, quest’anno sono, con Giusi Quarenghi il cielo che nevica azzurro.

Non trovo migliore per aprire il 2018 con un libro straordinario, alla lettera extra-ordinario, fuori dall’ordinario; una piccola autobiografia d’infanzia di Giusi Quarenghi: Io sono il cielo che nevica azzurro, Topipittori.

La bambina protagonista vive in montagna e il suo rapporto con lo spazio, il tempo (anche meteorologico), la lingua, trova spazio, cinquant’anni dopo, nella narrazione della grande scrittrice e poetessa Giusi Quarenghi che tutta era già in nuce nella bambina dalla montagna.

Questo piccolo libro fa parte di quella bellissima collana “Gli anni in tasca” di Topipittori dedicata all’infanzia dei grandi autori, nella mia mente fa un po’ il paio con Doppio blu di Bruno Tognolini.

Dalle boasse di mucca alle ginocchia rotte, dai vestiti della festa allo stare in braccio fino alla soglia del primo innamoramento Giusi Quarenghi tratteggia con ironia e sonorità di lessico e sintassi gli anni in cui la bambina scopre se stessa e il proprio necessario incondizionato bisogno di libertà. In quella libertà di interpretare il mondo adulto, la natura, ma soprattutto i desideri e le necessità profonde di una creatura piccola, c’è l’origine, secondo me, di quel verso libero che è la forma della poesia della Quarenghi.

Per lei la poesia non è tamburo, come invece è per Tognolini (vi consiglio di ascoltare a questo proposito un bellissimo confronto tra i due proprio su questo tema) bensì sonorità libera, pura espressione che soffre legature di ogni genere, anche quelle metriche.

io sono il cielo che nevica azzurro

è una citazione da una delle pagine più belle del libro: quella in cui Giusi piccola approfitta dell’assenza quasi incredibile della mamma per decidere i vestiti della festa e vestirsi primaverile una domenica di fine marzo in cui il cielo nevica azzurro e gelo. Il cielo nevica quando vuole e Giusi fa esattamente ciò che vuole, condivide la libertà di essere ciò che si vuole, ciò che si sente di essere esattamente nel momento in cui lo si sente.

Come e quando in questo racconto di un’infanzia di altri tempi mi tocca? Quale il potere di questa frase dalla sintassi geniale?

Quel “io sono” che si porta dietro, anzi dentro, anzi quasi prelude, un’esistenza in cui la parola la fa da padrona nel segnare la strada della volontà di essere fedeli a se stessi e all’infanzia.

Ecco, questo è il mio libro di apertura, libro augurale, del 2018, se potete non perdetevi l’occasione di incontrare Giusi Quarenghi che sarà nostra ospite il 18 gennaio in biblioteca Bettini Junior a Venezia.

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