Lettura resistente. “Il cavallo e il soldato”

Ci ho pensato un sacco.

Quale libro dedicare quest’anno al 25 aprile?

Per me, per noi teste fiorite, la Liberazione dall’occupazione nazifascista, la resistenza, hanno un senso profondo e quotidiano, come trovare un racconto che dica tutto questo?

In questi anni vi ho proposto libri a tema o quasi, tutti bellissimi e importanti, vi avrei di raccontato ‘45 se avessi potuto. Ho pensato di dedicare al 25 aprile la recensione di Fulmine storia del cane partigiano, invece no.

Ho deciso, e potete ben essere in disaccordo, di dedicare il mio post del 25 aprile ad un piccolo albo che racconta in forme altre, lontane dal tema, la resistenza.

La resistenza individuale di chi decide di andare, come direbbe de André, in direzione ostinata e contraria: ovvero la storia di Nicodemo comandante del reggimento e Pietro cavallo che pur di scappare dalla guerra e di disobbedire agli ordini, corre all’indietro, mettendo il sedere al posto della testa.

Il cavallo e il soldato di Gek Tessaro, Artebambini, racconta in rima, come solo Tessaro sa fare in questo modo, la storia di in cavallo che caparbiamente e in forma piuttosto passiva, o almeno non violenta, di ribella, resiste, ripudia la guerra, e chi la persegue, in ogni sia forma.

L’albo è esilarante e anche questo è uno dei motivi per cui mi piace tanto; ma perché questo libro proprio oggi?

Questo, come tanti altri, se non tutti, i libri di Tessaro è un racconto profondamente pacifista, che senso ha raccontarlo il giorno in cui ricordiamo l’unica guerra che riconosciamo come necessaria?

Cosa saremmo senza la Resistenza?

E la resistenza cosa sarebbe stata sena le armi?

Insomma, non è semplicissimo conciliare le due posizioni eppure per me il senso profondo della Resistenza, così come di Il cavallo e il soldato, sta nella scelta di resistere, a rischio di se stessi, della propria vita, della propria stessa libertà.

Resistere a tutto davanti alla guerra, protestare, in ogni forma. Quella di Pietro è  una protesta pacifica, quella dei partigiani è dovuta essere una protesta che dolorosamente accettasse la lotta armata, ma il senso della protesta contro l’ingiustizia sembra lo stesso tanto più che oggi, 73 anni dopo, la celebrazione della Liberazione ci deve riportare ai principi costituzionali, quelli che dalla Resistenza sono nati e che ripudiano la guerra come mezzo di offesa e anche di difesa.

Oggi mi pare che quello che possiamo raccontare ai bambini, insieme a ciò che è stato, è la possibilità di protestare, di resistere mantenendo saldo l’unico discrimine possibile: il rispetto dell’umanità e di questa nostra bellissima Costituzione.

 

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