L’arca di Noè.Se l’originalità non è un valore assoluto.

Tendenzialmente non sono attratta dalle novità narrative o poetiche della letteratura “per adulti”, non c’è un motivo valido per questa mia presa di posizione, suppongo sia puro pregiudizio; quando scelgo un libro da leggere il primo pensiero va a qualche classico per non perdermi quanto di bello il nostro patrimonio ci ha lasciato, come se non fossi persuasa della qualità della novità.

Questo non mi accade mai quando si tratta di narrativa per bambini o ragazzi (in cui a dirla tutta i “classici canonizzati” spesso mi lasciano perplessa) perché?

Mah, sicuramente in parte perché in proporzione l’editoria per l’infanzia produce molto meno e ciò che viene pubblicato mi pare abbia subìto prima una buona e sana selezione qualitativa, per la produzione di qualità, s’intende. Certo non tutte le novità entreranno un giorno nel “canone” ma molte di esse ci comunicheranno comunque qualcosa di importante sulla vita dei piccoli e meno piccoli che ci circondano.

In questo settore il passare del tempo si sente moltissimo nei contenuti e non solo nello stile, la percezione dell’infanzia, della preadolescenza, dell’adolescenza e delle differenze di genere, e di conseguenza i prodotti ad esse dedicati, sono cambiati nella loro sostanza

. Inoltre la letteratura per l’infanzia ha una caratteristica che credo in questo senso la renda unica: ovvero può proporre e riproporre le stesse tematiche infinite volte senza perdere originalità e non penso solo alle riedizioni e varie rimanipolazioni delle fiabe classiche per cui di ciascuna si potrebbe avere decine di versioni e nessuna pienamente sostituibile dall’altra, ma anche a quando una stessa storia viene pensata in ottiche diverse.

Tanto per fare un esempio la storia di Noè, rivisitazioni come L’arca parte alle otto (Rizzoli, 2010) o Quando Noè cadde dall’arca (Lapis, 2013, a cui ho dedicato un post qualche giorno fa) o lo stesso Perché il cane ha il naso bagnato (Electa Kids, 2014), o l’albo C’è posto per tutti di Massimo caccia (Topipittori) per citarne solo alcuni, sono tutti testi differenti e straordinari ciascuno per la propria peculiarità, anche se tutti si confrontano con un vero e proprio topos letterario.

Cos’è dunque l’originalità se anche nel topos l’opera, in questo caso letteraria, non perdere la sua aura?
L’originalià sta nell’occhio di chi sa rileggere la storia mutandola, prendendola a modello per staccarsene oppure rimanendole fedele nella variazione. L’originalità sta nella qualità della rilettura iconografica e narrativa che di fa del topos una citazione da cui prendere le mosse per narrare un’altra storia; una storia che seppur simile, è comunque un’altra.
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