“Lupo e Lupetto”. Un capolavoro
– “E’ da settimane che vorrei scrivere di questo albo!”
– “Macchè settimane, mooolto di più! Dai, ce la puoi fare!”
– “Ma no, il punto è che ogni volta che penso da dove cominciare…che cosa dire…che lettura critica farne…mi convinco che basterebbe leggerlo per dire tutto. Lì c’è tutto.”
– “Ok, ma hai un blog di recensione di libri per l’infanzia, fai la critica, il tuo mestiere è trovare le parole per raccontare quello che altri hanno raccontato e convincerli a leggere, no?”
– “Sì, è vero. Ma quante letture critiche di una poesia incredibilmente bella conosci? La poesia è poesia, come la musica ha il potere di parlare alle vibrazioni interne, come i fiori di Bach!”
– “Ma falla finita e datti una mossa! E proprio non ce la fai comincia seguendo il consiglio di Salinger, inizia riprendendo il testo e poi da lì arriverà l’ispirazine (critica)!”
– “Ok, allora via”
Lupo e lupetto di Nadine Brun-Cosme e Olivier Tallec, Clichy, 2013 (Paris, 2005) (8 anni per portare in Italia un capolavoro dalla Francia…Mah, misteri dell’editoria!)
Lupo viveva lì da sempre,
da solo sotto il suo albero, in cima alla collina.
Poi, un giorno, arrivò Lupetto.
Veniva da lontano.
Da così lontano che all’inizio Lupo vide solo un puntolino.

Lupetto si avvicinava.
Lupo d’improvviso ebbe paura che fosse più grande di lui.
Lupetto cominciò a salire per la collina
e lupo vide che era piccolino.
Si rassicurò.
Lasciò che si arrampicasse fino al suo albero.
Lupetto rimase tutto il giorno sotto
il grande albero della collina.
Ora sotto l’albero erano in due:
Lupo e Lupetto.
Non si parlavano.
Si guardavano un po’ di sottecchi,
ma così, senza cattiveria.

Venne la notte.
Lepetto non se ne andava.
Lupo pensò che stava veramente esagerando.
Quando lupo si mise a dormire, Lupetto si mise a dormire anche lui.
Allora Lupo vide che a Lupetto tremava la punta del naso e lo coprì
con un angolino della sua coperta di foglie.
“Mi sembra che basti” pensò “per un lupetto così piccolo”.
La mattina dopo, Luppetto era sempre lì.
Come ogni mattina,
Lupo si arrampicò sui rami per fare i suoi esercizi.
Anche Lupetto si arrampicò dietro di lui.
Lupo lo guardava.
D’improvviso ebbe paura che Lupetto si arrampicasse meglio di lui.
Ma Lupetto dovette provarci due volte.
La prima volta cadde sul sedere.
“Ahi!” urlò.
Poi ricominciò.
“E’ coraggioso questo Lupetto” pensò allora Lupo.
E lo lasciò salire in alto come lui a fare gli esercizi.
Prima di scendere dall’albero, Lupo raccolse
dei frutti per fare colazione.
Ne prese un po’ di più di quanti ne prendeva
gli altri giorni.
Poi preparò da mangiare.
Lupetto scese dietro di lui.
Lui non aveva raccolto niente.
Lupo mangiò.
Porse un piatto con qualche frutto a Lupetto,
e anche Lupetto mangiò.
Dopo mangiato, Lupo andò a fare la sua passeggiata. Scese la collina, poi si voltò.
Lupetto era rimasto sotto l’albero.
Lupo sorrise: Lupetto era veramente piccolo.
La sera, quando Lupo uscì da bosco,
sotto l’albero non vide niente.
“E’ perchè sono ancora troppo lontano” si disse.
E sorrise.
Raggiunse i piedi della collina dopo aver attraversato tutto il grande campo di grano, ma sotto l’albero continuava a non vedere niente.
“E’ strano” si disse “il lupetto non era così tanto piccolo”.
(ATTENZIONE, SCUSATE L’INTRUSIONE, MA DA QUI IL TESTO CAMBIA E…LA VITA PURE!)
Per la prima volta, si sentì preoccupato.
risalì la collina molto più velocemente delle altre sere.
Sotto l’albero non c’era nessuno.
Né grande, né piccolo.
Tutto era tornato come prima.
Solo che Lupo era triste.
Per la prima volta, quella sera,
Lupo non mangiò.
Per la prima volta, quella notte,
Lupo non dormì.
Aspettava.
Era la prima volta che un piccolo, anzi un
piccolissimo,
prendeva un posto nel suo cuore.
Un grande, grande posto.
La mattina dopo, come ogni mattina,
Lupo si arrampicò sull’albero.
Ma per la prima volta non fece i suoi esercizi.
Guardava lontano.

Si disse che comunque avrebbe potuto aspettare altro tempo,
un tempo molto più lungo di quanto avesse mai creduto.
(SCUSATE, SONO SEMPRE IO, QUI CI ALZIAMO ANCORA UN PO’, TENETEVI STRETTI!)
Poi, a forza di aspettare, si mise a pensare a un sacco di cose belle.
Si disse che se il lupetto fosse tornato, promesso, gli avrebbe lasciato
un angolo di coperta di foglie un po’ più grande, anzi, molto più grande.
E un piatto più pieno.
E che, l’avrebbe fatto salire sull’albero più in alto di lui, e fare
tutti i suoi esercizi, anche quelli che conosceva solo lui.
Si disse tutte queste cose, e anche molte altre. E continuò ad aspettare.
E poi, laggiù in fondo, apparve un puntolino,
ma un puntolino così piccolo che solo Lupo, dopo averlo aspettato
così tanto, poteva pensare che qualcosa si stesse avvicinando.
Il suo cuore batteva di gioia.
Era la prima volta.

Laggiù in fondo il puntolino diventava più grande.
“Speriamo che sia proprio lui, il mio piccolino”, si diceva Lupo.
E anche: “Comunque se fosse più grande di me, pazienza”.
Non era più grande.
Era sempre molto piccolo.
Era proprio il piccolo.
Lupetto risalì la collina, poi si sedette sotto l’albero.
“Dov’eri?” chiese Lupo.
“Laggiù in fondo” rispose Lupetto tranquillamente.
“Senza di te” disse Lupo con una flebile vocina “io mi annoio”.
Allora Lupetto si avvicinò a Lupo.
“Anch’io mi annoio” disse.
E appoggiò dolcemente la testa sulla spalla di Lupo.
Lupo era contento.
Adesso con lui ci sarebbe stato
sempre il piccolo”.
