La buona scuola è quella che lascia spazio ai grandi pensieri dei bambini. Incontro con Franco Lorenzoni
Questo pomeriggio, al Centro culturale Candiani di Mestre, nell’ambito dell’iniziativa del comune “Diritti sui diritti” Franco Lorenzoni ha presentato il suo libro meraviglioso e illuminante I bambini pensano grande di cui vi ho raccontato a lungo qui.
Il libro mi aveva tanto colpita per la genialità di questo maestro che non mi sono persa la possibilità di ascoltarlo dal vivo ma soprattutto di vederlo. Di alcune persone ci facciamo un’idea abbastanza approssimata nel solo vedere come si siedono: Lorenzoni, quando parla di qualcosa che più che appassionarlo lo travolge, come l’avventura pedagogica con i bambini, non riesce a star seduto, si appollaia sulla sedia, in una posizione che evidentemente fa prendere al corpo la stessa forma che il pensiero sta cercando: giri un po’ articolari, pensieri complessi e tensione verso l’alto. Quando invece qualcuno gli rivolge qualche domanda torna seduto, movimenti delle mani e sguardo basso forse denotano di un minimo di imbarazzo davanti ad un pubblico di adulti. Quanto migliore deve essere quello dei bambini!
Lui stesso l’ha detto chiaramente: il maestro è un mestiere da artigiano e questo è esattamente ciò che Lorenzoni appare nella migliore delle accezioni del termine. Ovvero qualcuno che con arte maieutica e dialettica deduce, o meglio aiuta i bambini a dedurre, dalle menti dei piccoli quei GRANDI pensieri che esistono in nuce per natura in ogni bambino ma che ci vuole arte per far venire allo scoperto.
sulla “Scuola di Atene” di Raffaello Lorenzoni fa un lavoro con i bambini incredibile, viene raccontato per filo e per segno nel libro e spero che possa far da modello a tante esperienze didattiche! |
Alcuni elementi del ragionamento di Lorenzoni mi paiono fondamentali per chiunque abbia a che fare con i bambini e ve li riporto forse in maniera un po’ schematica di seguito:
– Quella pedagogica è un’avventura perché è un’esperienza che si realizza nel contesto della cultura che rappresenta di per sé un territorio di confine e quando ci si trova al confine di qualcosa necessariamente siamo nell’ambito di un’avventura in senso stretto. Lo sanno bene i rematori di Ulisse che ci racconta Dante, il superamento del limite, l’ybris, consiste nel superamento delle soglie del mondo noto, l’avventura della conoscenza per cui “nati non fummo per viver come bruti” (scusate, ma non c’è niente da fare dentro Dante ci si può trovare davvero tutto!)
Il sapore della scoperta è lo stupore dell’avventura e questo è il sapore che la scuola dovrebbe avere per chi si affaccia per la prima volta alle soglie dell’indagine del mondo.
– Educazione alla vulnerabilità che non è affatto in contrasto con il fatto di aiutare i bambini a costruirsi la propria forza basata sulla consapevolezza della propria identità, bensì ha a che fare con una forma potente di empatia con il mondo che i bambini hanno naturalmente e che la scuola non dovrebbe zittire ma alimentare. L’educazione alla vulnerabilità avviene attraverso la condivisione del bello ma anche del terribile; la condivisione dei momenti di fragilità si rivelano essere importantissimi.
– Il legame tra filosofia e infanzia, su cui tanto si comincia ultimamente a lavorare anche a livello editoriale, è presto spiegato: il bambino, per suo statuto, si trova continuamente a ricostruire il mondo e ad individuare il proprio posto in esso. E non è questo che la filosofia fa? Immaginare una teoria di risposte valide e coerenti per interpretare i fatti della natura e della mente, questa è una cosa che sanno fare solo i grandi filosofi o i bambini a cui si dà spazio! Da qui nasce la passione e il tempo (circa 3 mesi, un normale maestro a questo punto sverrebbe) che Lorenzoni dedica in quinta a Talete come genio matematico ma soprattutto come colui che per primo ha dato una spiegazione dei fatti naturali senza ricorrere alla divinità, il primo che forma un allievo che lo critica apertamente ed il primo che fa un salto culturale e valorizza l’educazione come scoperta della libertà contro ogni potere prevaricante.
– Il rapporto con la cultura che tentiamo di instaurare nel bambino funziona solo se c’è rispecchiamento ovvero se ognuno può riconoscere se stesso in quello che studia e che impara a conoscere. Citando Montaigne Lorenzoni fa il paragone tra il il vomito e il miele: il primo è qualcosa che come è stato messo dentro così esce, senza alcuna forma di elaborazione e senza lasciar traccia che non sia un malessere. Il secondo è un’elaborazione di qualcosa di introiettato il cui risultato è una cosa del tutto nuova. Questo dovrebbe fare l’educazione, come dice il termine stesso: tirar fuori quanto di noi c’è nella nostra elaborazione di contenuti altri.
– Importanza di storicizzare, di inserire ogni vita nel proprio flusso storico che permette all’indivuduo di sentirsi parte del tutto, di interessarsi ad esso come qualcosa di cui è elemento, ma soprattutto di introiettare la possibilità di cambiare, di intervenire.
Mi rendo conto, sembra tutto piuttosto complicato, specie a pensare alle nostre scuole così burocratizzate e strette nei canali pedagogici stabiliti, ma mi rendo conto anche che in realtà la formula perchè l’approccio pedagogico ma anche di altra natura con il bambino sia di questo respiro basterebbe davvero poco:
trovare gli strumenti per dare dignità e importanza a tutto ciò che i bambini pensano e dicono, dar ascolto ai loro pensieri GRANDI
rapportarci ai bambini per quello che di meraviglioso sono ora, senza pensare che sono essere in mutamento da correggere in vista della vera esistenza da adulto.
Ogni grande pedagogista ed ogni grande autore e illustratore ce lo ricorda: l’infanzia è un’esistenza ricca e piena in cui il bambino è un individuo completo e competente con cui dobbiamo imparare a fare i conti a cominciare dal rispetto che gli si deve in ogni ambito.
Se vi siete incuriositi andate a vedere che cose meravigliose Franco Lorenzoni fa nella sua Casa Laboratorio di Cenci in Umbria!