“Lettere familiari”
Credo che tutti prima o poi abbiamo fatto il gioco di immaginarci di che colore è PER NOI la lettera A. A ciascuno il proprio colore, la propria storia dietro.
Qualcuno, in questo gioco ci riesce meglio di altri, qualcuno riesce a vedere colori e narrazioni ma per farlo bisogna avere…qualcosina in più, diciamo un po’ di visionarietà (non so se il termine esiste ma rende l’idea) e un orecchio acerbo ben allenato.
Quando Alessandro Lumare mi ha proposto il suo Lettere familiari edito da Artebambini (come già il suo La storia che avanza) il pensiero è andato immediatamente alla poesia di Rimbaud (Vocali) e al mio gioco da ragazza. Mi è piaciuto l’intrecciarsi di maiuscole e minuscole come di piccoli che si arrampicano sui “grandi” ma, a guardarlo bene, questo quadrato libretto fatto a fisarmonica è qualcosa di più.
Un’autentica narrazione della relazione tra adulto e bambino, tra mamma, papà, nonno, nonna, zia e zio con figlio o nipote. C’è chi non vuole uscire dalla pancia della mamma come D (e chi può dargli torto), chi mette gli occhiali al nonno come G e g, chi non vuole andare a scuola come f trattenuto per i piedi da F.
Persino qualcuno che ci fa la linguaccia impertinente come la piccola r.
Se aprirete la fisarmonica leggendola lettera per lettera la prima volta vi colpirà;
la seconda vi parlerà;
la terza scoprirete una cosa nuova;
la quarta vedrete un pizzico di genialità nel pensare che una V e una piccola v – che figura più appuntita non potrebbero avere per definizione – fanno il GIROtondo…
Il punto forte e la particolarità di questo alfabetiere sui generis è che le lettere non sono accostate per il loro significato (la f di farfalla, la l di leone ecc.) ma per il loro SIGNIFICANTE!
Tutta un’altra storia ed, evidentemente, tutta un’altra qualità, o meglio, tutta un’altra potenzialità!
Più vicina al simbolismo che alla didattica, mi pare. Una potenzialità che può far giocare i bambini su associazioni visive prima che significative e mentali, proprio come, anche se in maniera del tutto diversa, fa Rimbaud con le vocali; che mette in moto una capacità immaginativa del tutto differente da quella data dall’assonanza. Non è che una cosa vada bene e l’altra no, tuttavia mi pare bellissimo che si possa fornire una possibilità di esercizio della mente diverso! E Lettere familiari in qualche modo lo è!
Inutile dire che un albo del genere può avere tanti, tantissimi usi, non ultimo quello didattico…ma, torniamo all’annosa questione, chi penserebbe ad una casa editrice come Artebambini per cercare un piccolo bellissimo alfabetiere narrante per accompagnare i bambini nel mondo delle lettere maiuscole e minuscole e farle diventar loro talmente care da essere familiari (nel senso letterale di membri della famiglia)? A questo – credo, spero, vorrei, mi auguro – serve il lavoro di Teste fiorite e di chiunque faccia formazione e in-formazione agli insegnati sulle potenzialità inaspettate della letteratura per l’infanzia.
L’altra sera mostravo questo albo ad un’amica artista per dirle quanto mi pareva bello e lei mi ha fatto notare una cosa a cui non avevo dato peso: mi ha chiesto, e si è chiesta, come mai l’autore non abbia inventato un font nuovo per questo gioco linguistico (e non sono lontana dall’accezione wittgensteiniana del termine). Lì per lì, su due piedi, ho immaginato che forse Alessandro Lumare ha preferito usare un font riconoscibile che potesse poi per osmosi quasi far ritornare ai bambini in mente le sue lettere mentre imparano le lettere a scuola. Ma in effetti sarebbe interessante avere una risposta dall’autore: Alessandro che ne dice?
L’età di lettura di un libro del genere e quanto mai difficile da identificare, lo si può svolgere come una cortina intorno ad uno gnometto di 2 anni per raccontargli di mamma e papà visto che le lettere a quell’età sono segni grafico pari ai disegni, o srotolare in mezzo ad una classe prima della primaria per familiarizzare (alla lettera) con le lettere (scusate il gioco di parole), questo dipende da voi, io mi fermo qui e vi segnalo che potete vedere l’albo sfogliato per farvene un’idea in questo booktrailer edito dalla casa editrice ma tenetelo tra le mani, che è meglio!
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:A, nero corsetto villoso di mosche splendentiChe ronzano intorno a crudeli fetori,
Golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende,Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle;I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbraNella collera o nelle ubriachezze penitenti;
U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,Pace di pascoli seminati d’animali, pace di rugheChe l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;
O, suprema Tromba piena di strani stridori,Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:- O l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi!
Vocali, Rimbaud, 1872.
Ciao Roberta, intanto grazie per la lusinghiera recensione!
Perché non inventare un font nuovo per questo gioco linguistico?
Fa parte della mia poetica usare oggetti d'uso comune per raccontare storie: anche il font scelto non poteva dunque sfuggire a questa logica!
Nello specifico, come hai ipotizzato tu e come nota giustamente anche Simone Sbarbati su Frizzifrizzi, ho optato per uno dei caratteri più noti e dunque… familiari! Si tratta del Garamond: dalle forme nobili, rassicuranti ma al contempo piene di vita (mi pare di scorgere ancora tra le sue curve i gesti dell'incisore che lo creò quattro secoli fa!). Un caro saluto, Alessandro
Grazie a te Alessandro, della risposta e soprattutto del libro che spero di riuscire a proporre anche in altre sedi, diverse persone intanto si sono dimostrate molto interessate all'operazione che può davvero avere ottimi risvolti anche didattici.