“Il mistero di Colapesce” di Daniela Iride Murgia

Sono tante di quelle sere che penso di scrivere di quest libro che, alla ricerca delle parole, ogni sera lo metto via.

Stasera è la sera, le parole se vogliono venire che vengano e altrimenti ve la prenderete così com’è, semplice semplice, si fa per dire, questa è la storia di Colapesce anzi….il Mistero di Colapesce scritto e illustrato da Daniela Iride Murgia per Artebambini.

Ed ora, come i cantastorie, vi dirò chi era costui: dovete sapere che Colapesce era un bambino, figlio di pescatore, che era tanto abituato a stare nell’acqua che un giorno, “sua madre, presa dalla foga e consumata dallo sconforto, lanciò contro il figlio la sua condanna: – Disgraziato! Nettuno ti prenda e come pesce ti faccia chiavo!.

E fu così che Colapesce divenne pesce…anzi, mezzo uomo e metà pesce la gioia del bambino e la disperazione della madre che tanto si strappò le viscere dal dolore che morì.

Mica capita tutti i giorni di trasformarsi in mezzi pesci e fu così che la voce di questa strana sirena giunse all’orecchio del Re dell’isola su cui viveva Colapesce che lo chiamò e gli chiese di nuotare sotto il mare per vedere cosa ci fosse sotto la sua isola.

il re, piccolo nel suo trono a dondolo chiama Colapesce al telefono, ma non vi pare geniale?

I racconti che Cola riportò al Re furono dei più incredibili, come un Marco Polo marino riportava al Re notizie incredibili, gli raccontò di tre pilastri che reggevano l’isola ma anche della assoluta impossibilità di vedere il fondo del mare sotto il faro. Lì Colapesce non voleva più nemmeno provare ad immergersi, che abbia visto il segreto di Majorana o chissà che altro fatto sta che Cola non ne volle sentir parlare. Ma, si sa, i Re fanno sempre di testa loro e o si obbedisce o si obbedisce (decisamente meglio la repubblica ma ve lo racconto domani con un albo splendido) e il Re buttò la sua corona proprio davanti al faro per obbligare Colapesce a immergersi a riportarla e con essa anche il mistero del fondo sotto il faro. Colapesce si fece dare in mano delle fave da tenere in mano, se le fave fossero tornate a galla allora avrebbe significato che Colapesce era morto compiendo il suo ultimo dovere di suddito, se invece fosse tornato a galla…allora anche la corono sarebbe tornata in testa al re.

Passò più di una generazione di re, evidentemente con una corona di scorta, senza che Colapesce o le fave riemergessero finchè un giorno, le fave salirono a galla. Qualcuno dice che Colapesce le lasciò andare per liberarsi della schiavitù della promessa e vivere libero, e forse questa è anche la tesi che piace di più alla Murgia che ad ogni bambino lascia libertà di crearsi il finale che più si intona alle proprie corde. Qualcuno dice che Colapesce è semplicemente morto, e forse dopo tanti anni è morto di vecchiaia più che altro; qualcun’altro infine pensa che, essendosi rotto uno dei tre pilastri che reggono l’isola, si sia liberato le mani-pinne per reggerlo lui stesso salvando in questo modo quello che fu il suo mondo terrestre e lasciando necessariamente andare le fave.

Le versioni della storia di Colapesce e di cosa regga la Sicilia, perchè della Sicilia stiamo parlando, sono tantissime, la volta del Teatro Vitorio Emanuele II è stata decorata da Guttuso proprio con un “Colapesce”; come per ogni fiaba che si rispetti ogni epoca ed ogni autore ha detto la propria su di essa, ultimo illustre in ordine di tempo Calvino che l’ha inserita nel  1956 nelle Fiabe italiane fissandola per sempre nel suo italiano concreto e preciso (troverete una concisa ma precisa sintesi della tradizione della storia in chiusura del libro).

Ma la versione che la Murgia racconta con parole sue, anche il testo dell’albo è dell’illustratrice, mette insieme più versioni del mito insieme, rende omaggio un po’ a tutte proprio come le sue illustrazioni che rendono omaggio un po’ a tutte le tecniche compositive e creative.

Carta da zuccherò, ecco il colore che, insieme al panna, mi pare contraddistingua le illustrazioni del Mistero di Colapesce edito da Artebambini nel 2013. Colori pacati, caldi, non so perchè mi viene da dire opachi, che accompagnano il clima a tratti surreale,  impressionantemente surreale, dei disegni; la tavola in cui la madre muore ad esempio è fortissima come quella in cui il cuore di cola cammina trasformando il senso figurato della frase “Il mio saggio cuore, nobile compagno e migliore consigliere, teme e trema, come già sapesse…”, in una figura di senso. Non un correlativo oggettivo ma quasi un oggettivo e basta, questo è proprio un cuore che cammina!

I colori modulati sul panna e sulle tinte più opache che vivaci sono le stesse che ritroviamo ne L’attesa in cui però forme e colori e tecniche assumono tutta un’altra dolcezza che in Colapesce non mi pare ci sia. Colapesce è come una storia raccontata da un cantastorie, con distanza.

Ogni volta che rileggo questo albo mi colpiscono due cose: la poca luminosità delle illustrazioni e il continuo richiamo, forse proveniente solo dalla mia immaginazione, a Calvino e non solo alle Fiabe come in qualche modo sarebbe inevitabile se non altro come testo con cui doversi necessariamente rapportare per affrancarsi, e il testo della Murgia ci riesce; ma anche per il tipo di narrazione che a tratti sembra trasportarci in uno dei viaggi di Marco Polo attraverso le Città invisibili, per non parlare della tavola in cui vede il masso tenuto dai 3 pilastri, la Sicilia, che mi sembra un omaggio al quadro di Magritte che, guarda caso, comparse in copertina della prima edizione delle Città invisibiili nel 1972.

 

Coincidenze? Può darsi, d’altra parte anche questo è lavoro del critico, immaginare e trovare collegamenti, coincidenze che, forse, non sono mai veramente tali, chissà dove e quando le immagini si formano e si fermano sulla retina di qualcuno che poi, beato lui o lei, ha la capacità di trasformarle in arte. L’albo illustrato può essere indubbiamente una forma di arte nello spicchio di mondo che si sta sempre più ritagliando nella letteratura.

Voi direte, ho letto sin qui e mo? Per chi è questo libro? Chi lo legge? Per chi è stato pensato?

Risposte: Un albo come questo è per tutti, come raccontereste cappuccetto rosso o il pifferaio magico potete raccontare colapesce, i bambini sapranno probabilmente modulare meglio di qualsiasi adulto le emozioni trasmesse dalle illustrazioni e dai colori; Vorrei che lo leggessero in tanti ma so che lo fanno in pochi perchè libri come questo nelle grandi distribuzioni non entrano ed è per questo che ci siamo io e tanti altri no? Per chi è stato pensato è tutto da vedere. Chi può dire chi è il lettore immaginario che la Murgia ha sottinteso per la sua storia? Probabilmente non saprebbe nemmeno lei farne un identikit. Chi può dire il lettore reale che un libro del genere può raggiungere legato e limitato com’è dalla mediazione dell’adulto? Quello che posso dire è che è un “Artebambini”, ovvero è nel catalogo di una casa editrice che ama pubblicare cose che si distinguono e staccano dal gruppo per…caratteristiche artistiche, questo qualche indizio ce lo può dare.

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