“Leggere. Un gioco da ragazzi”

Da qualche mese sto lavorando ad un saggio dedicato alle peculiarità della letteratura per l’infanzia e a come esse vengono accolte dalla critica letteraria e dalle varie teorie letterarie…è una tematica di un qualche interesse che sta facendo emergere vari spunti e problematiche…oggi ve ne propongo una sulla scia di un libricino interessante che Anna Vivarelli e Guido Quarzo hanno appena scritto a quattro mani per Salani: Leggere. Un gioco da ragazzi.

Il tema dell’importanza della lettura va di pari passo con quello della promozione della lettura o, come molto meglio dicono gli autori, della FORMAZIONE DEL LETTORE. 
 
Dopo anni di progetto e attività di promozione della lettura il nostro Paese non ha registrato alcun miglioramento rispetto alla natura di non lettori dei nostri concittadini, ben strano caso non vi pare? Qualche domanda ce la si dovrà pur porre e chi è del mestiere se la sta ponendo in maniera interessante e credo anche fruttuosa, tentando qualche risposta, magari…
 
Il nodo della questione, mi pare, si possa individuare nel dato, volontario o involontario che sia, che i libri per bambini e ragazzi, la letteratura per l’infanzia come generalmente la si definisce, è inesorabilmente, forzatamente, azzavorrata da un preconcetto didatticistico, pedagogico. I libri per bambini, il modo di leggerli, il modo di scriverli, persino talvolta il modo in cui essi vengono pubblicati, troppo – ma davvero TROPPO –  spesso devono mediare un messaggio, devono insegnare ai bambini qualcosa. E, peggio ancora, questo qualcosa, deve essere indagato, sezionato, e rimaneggiato in forme che NULLA hanno a che fare con il PIACERE DELLA LETTURA  e con la GRATUITA’ DELLA LETTURA.
Continuiamo a far fare schede di lettura a bambini e ragazzi, per essere sicuri che abbiamo ben inteso….quando quelli che non hanno inteso assolutamente nulla siamo noi! 
 
La lettura è puro PIACERE e perché sia tale deve essere sostenuta, incoraggiata e alimentata SOLO dalla LETTURA non da quelli che Anna Vivarelli e Guido Quarzo chiamano “lavori forzati”. Ma scusatemi, ma voi lo leggereste con piacere e rilassatezza il libro sul comodino se qualcuno vi dicesse “Per domattina mi dovete dire cosa avete capito, quante pagine avete letto, chi era il protagonista e…se ti è piaciuto il libro e perché”? 
No, non lo leggereste con piacere anzi, non lo leggereste affatto. Ed in effetti è quello che fanno la maggioranza degli italiani: NON leggono affatto. Forse a loro, da bambini, non è mai stata data la possibilità di provare piacere nella lettura, di poter incontrare il LIBRO GRIMALDELLO come lo chiamano la Vivarelli e Quarzo. Sono fortemente convinta che un non lettore è solo un lettore che non ha incontrato il SUO libro giusto. Ma questi, sono incontri che si fanno da piccoli! E’ da piccoli piccolissimi che si scoprono i piaceri e che si deve imparare ad ascoltare i propri piaceri. Più libri si incontrano più possibilità ogni bambino avrà di trovare il libro che lo farà innamorare perdutamente e per sempre della lettura. 
Relegare e delegare questo compito alla sola scuola può essere molto rischioso perché a scuola si legge poco, spesso si legge “male” (sia in senso stretto che in senso qualitativo, alcuni esempi straordinariamente positivi però ci sono a varrebbe la pena davvero seguirli) e perché comunque la relazione AFFETTIVA che si crea nel momento della lettura a voce alta è qualcosa di fondamentale da tutelare e ricreare anche nel contesto familiare. Le antologie possono insegnare la grammatica ma di sicuro non possono, per come sono fatte, trasmettere il piacere della lettura. 
 
Riguardo all’origine di questo modo deleterio che abbiamo di considerare la lettura come un dovere da imporre ai bambini come un qualche esercizio avrei delle mie idee, certo non ultimo pesa (ANCORA!!!) il giudizio di Croce che etichettava i libri per ragazzi come necessariamente pedagogici senza momento estetico…ma forse le radici sono ben più profonde, forse sono da rintracciarsi nella nostra cultura italiana centenaria che da sempre bolla il piacere, di qualunque natura esso sia, come superfluo se non del tutto negativo. Siamo il popolo che si è inventato l’inferno, non ce lo dimentichiamo.
Vorrei tuttavia non ci dimenticassimo nemmeno che siamo il popolo in cui l’inferno ha preso la forma delle terzine dantesche!
 
Bisognerebbe scrivere fiumi su questo argomento quindi taglio qui e torno a problema: come FORMARE un lettore?
– Innanzitutto si inizia da piccolissimi, ma che più piccoli non si può.
– Poi gli si legge tanto, di buona QUALITA’ e ADATTO all’età, anticipare i tempi può sortire effetti  disastrosi…
– NON si lega la lettura a NIENTE se non, magari, lo sostiene Aidan Chambers, al dibattito libero tra i bambini sul libro che stanno leggendo insieme.
 
NIENTE DISEGNI, NIENTE SCHEDE e soprattutto NIENTE MORALI!! 
 
Se volete lo scrivo anche più in grande!
 
Lo si sta dicendo sempre di più e sempre più forte eppure non se ne viene fuori perché….perché credo sia più semplice assecondare una cattiva abitudine piuttosto che mettersi in gioco ed ascoltare i pensieri dei bambini e alimentarli con libri adatti; ma anche perché non sempre c’è una buona competenza di fondo anche in chi con buona volontà vuole e tenta di proporre delle letture ai bambini. Non tutti gli autori per bambini, anzi, che scrivono, che incontrano bambini, che magari vanno anche nelle scuole gratuitamente, hanno loro stessi per primi in pugno la situazione. Quante sono le storie che non vanno da nessuna parte, che ancora ci raccontano una morale, che non si capisce con quali strumenti siano state scritte e perché qualcuno gliele abbia lasciate pubblicare! Più volte mi sono trovata in situazioni imbarazzanti di insegnati o operatrici dell’infanzia tutte contente perché hanno incontrato un autore o un’autrice, hanno fatto leggere il libro a bambini e ragazzi e poi scopri che il libro è qualcosa di inguardabile e illeggibile e che forse quell’autore avrebbe potuto fare un altro mestiere e che di conseguenza ai presunti lettori non è rimasto praticamente nulla. Ma le maestre o gli organizzatori non se ne sono accorti? Ma come, uno si propone per venire a scuola a leggerti e raccontarti un libro e questo basta a dare la corona d’alloro? Nessuno ha le competenze per dire No, grazie, questi libro no! Guarda, sei molto gentile…. ma no!
 
Purtroppo credo in parte sia così: non è semplice incontrare qualcuno innamorato dei libri per bambini, della letteratura, in grado di valutare, distinguere, selezionare. E’ anche per questo che Teste fiorite associazione culturale sta prendendo sempre più la strada della formazione di alta qualità….
 
La mia personale, ma nemmeno tanto, idea è che in questo ambito della promozione della lettura così come in quasi tutti i tantissimi ambiti che la definizione di “letteratura per l’infanzia” include, ci sia parecchia confusione e che essa sia generata in gran parte dall’elemento principale e caratteristico: l’infanzia.
 
Pensare che qualcosa sia rivolto all’infanzia in qualche modo la sminuisce. Pensateci bene, è davvero così! La nostra lingua usa l’aggettivo “infantile” solo con una sfumatura negativa. Un bambino, ce l’ha detto così bene Beatrice Alemagna, è una persona piccola solo per un po’ ma il punto è che è una PERSONA PICCOLA: nel termine “persona” va messo tutto il rispetto che ad essa si deve cercando di dare il meglio che c’è, specie se si parla di mente, di piacere e di affettività. Nell’aggettivo “piccola” va messo ciò che è adeguato a quella persona in quel momento della sua vita, NON un abbassamento di qualità in ottica semplicistica. 
 
Lo steso vale per chi deve “valutare” con strumenti critici la letteratura per l’infanzia e anche per gli autori che troppo spesso pensano di poter stare in piedi e abbassare lo sguardo per scrivere per bambini…NO, ci vogliono gli STRUMENTI tecnici adeguati e il rispetto della STATURA fisica e morale del LETTORE, se sono piccoli ci si piega alla stessa altezza per captarne i pensieri grandi, se sono ragazzi, spesso grandissimi, li si guarda dritti negli occhi….e spero che la metafora vi sembri efficace!

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