“Lei Vivian Maier”

La vastità della mia ignoranza mi sorprende di continuo.

E’ per questo che cerco, ricerco, leggo e studio in continuazione cose diverse, per scoprire nuove falle e soprattutto nuovi libri in grado di…farmele vedere bene.

Non che vi si ponga rimedio, l’ignoranza resta sempre lì, ma tutto sommato, se la vediamo da un punto di vista positivo, è la base della curiosità e della spinta alla conoscenza.

Cosa mi sono bevuta stasera? Nulla, sono astemia.
Però questi sono i pensieri che ho fatto ieri quando il postino mi ha sorpresa con il pacco di Orecchio Acerbo con dentro Lei. Vivian Maier di Cinzia Ghigliano.
E io, subito e immediatamente, vergognandomi non poco mi sono detta…”chi era costei?” Chi è chi non è, se Orecchio Acerbo le dedica un albo forse è decisamente il caso che io impari questo nuovo nome.

Ed è quello che ho provato a fare.
D’altra parte basta leggere l’albo e un’idea di Vivian Maier ce la si fa immediatamente….anche molto realistica, direi. L’autrice e illustratrice Cinzia Ghigliano ha scelto un tratto talmente fedele alle foto in bianco e nero che Vivian Maier scattava di continuo, spesso a se stessa, così come la vediamo in copertina dell’albo, che viene proprio il sospetto di trovarsi di fronte a delle foto vere riprese dall’illustrazione. E invece no, qualche viso torna, se lo cercate bene, qua e là, ma è proprio l’aria che si respira nelle tavole che è proprio la stessa dell’epoca e delle foto della Maier, quando era a New York e poi a Chicago a fine anni Cinquanta.

Vivian Maier, forse vi sarete fatti questa idea dalle mie parole, se sin qui non avevate mai avuto il piacere di incrociarla, NON era in realtà una fotografa. No. Pare che fotografasse più che altro per se stessa e se stessa, moltissimi dei rullini scattati con la sua Rolleiflex infatti non sono mai stati sviluppati da lei, in vita, la sua natura di esploratrice del genere umano è una scoperta postuma. Lei di mestiere faceva la tata, una sorta di Mary Poppins che però invece di volare con l’ombrello entrava nelle persone con l’occhio artificiale della sua macchina da presa. Cosa e come vedesse le cose solo LEI lo sapeva, LEI intendo la macchina fotografica…non Vivian.

Caspita, scopro ora che forse il titolo dell’albo Lei potrebbe riferirsi alla macchina fotografica che in terza persona racconta di Vivian per come l’ha potuta conoscere lei, naturalmente.
Ma no, LEI è senz’altro Vivian, proprio perché anche il titolo è in terza persona come la narrazione ed è la Rolleiflex che ci racconta di una vita straordinaria di una donna stranamente curiosa, con camicie maschili e la voglia di guardare il mondo dall’obiettivo più che in faccia.
Basta guardare la copertina dell’albo e vi accorgerete che se la protagonista indiscussa è una bislacca tata di radici europee impiantata negli Stati Uniti, il centro della pagina è il mirino della macchina fotografica. Vivian passa e fotografa, a volte, spesso, è lei stessa l’oggetto della sua ricerca, i molti suoi ritratti presenti nelle tavole sono davvero tali.
Però…l’albo ci svela qualcosa che Lei non cercava ma che la macchina fotografica avrà pur visto e che la storia ci vuole almeno far intuire….LE SPALLE, le spalle della donna Vivian Maier.
Sì, girate la copertina e dietro c’è esattamente la stessa esile figura del davanti ma di spalle, come se stessimo guardando da dietro la stessa persona che abbiamo visto in faccia, con lo sguardo abbassato, in copertina, e in cui siamo potuti “entrare dentro” sfogliando le pagine. Un po’ indiscreto da parte nostra non vi pare? Forse, non certo di più che l’aver sviluppato decine di rullini che la scattatrice compulsiva non aveva sviluppato, o no?

L’albo forse è bello proprio e anche per questo, per la sua natura un po’ subdola, che forse non appare immediatamente, la sua voglia di voler darci un’idea di Vivian Maier ENTRANDO dentro di Lei ma con il suo stesso strumento….la macchina fotografica che si fa narratrice verbale, una volta tanto, mentre all’illustrazione è lasciato quello che generalmente è il suo compito: mostrarci le cose per come le inquadrava Vivian e solo così lasciarci intravedere un po’ della sua interiorità.

Mi risulta difficile dire chi potrebbe essere il lettore reale di un libro del genere…mi piacerebbe sapere a quale lettore implicito stava pensando Cinzia Ghigliano quando l’ha scritto e illustrato….per questa sua natura il libro in realtà potrebbe trovare vie inaspettate, per esempio in mano a bambini che amano le foto e che vedono in esso qualcosa che molto vi assomiglia. Oppure a bambini e ragazzi più grandi che possono così conoscere qualcosa in più, avere uno spunto in più e non solo su chi era Vivian Maier, ma anche su come si può raccontare una vita dall’esterno proprio come Lei ha sempre fatto attraverso le sue foto.

A voi la scelta.

Io coccolo la mia ignoranza e continuo a curiosare, senza macchina fotografica usando comunque un filtro per interpretare e leggere il mondo, quello dell’infanzia in particolare. I libri.

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