“Biancaneve e i 77 nani” fiaba postmoderna
La fiaba…cosa essa sia stata, cosa essa ancora sia e cosa comunichi al conscio e all’inconscio di adulti e bambini è tema che non si smetterà mai, fortunatamente, di indagare.
Finché ci sarà vita ci saranno fiabe e con esse la volontà di indagarle.
Che cosa siano le fiabe…”modificate”, rovesciate, sbagliate, riscritte, è, credo, più semplice se non da spiegare quanto meno da intuire: la potenza del modello fiabesco è tale che i cambiamenti sociali, storici e di costume necessitano un diretto confronto con esso.
Il nostro è il tempo del postmoderno, della maniera di ripercorrere il noto e l’arcinoto, preferibilmente (questa è la tendenza in cui il postmoderno dà il suo meglio) in ottica catastrofistica, nel rapporto con i bambini, nella riscrittura delle fiabe questa tendenza mi sembra prenda la forma della parodia e della riflessione sociale. E mi pare anche giusto che accada così, se è vero che i modelli della fiaba sono universali, è anche fisiologico che ogni tempo racconti le fiabe a proprio modo tanto, state tranquilli, nessuno mai scalfirà l’archetipo di riferimento.
Delle principesse delle fiabe, ad esempio, ci sono letture diametralmente opposte: alle teorie che le vedono eroine in un mondo maschile a cui si deve ogni risoluzione e il coraggio di affrontare ogni situazione; si contrappongono quelle che invece sottolineano in queste figure femminili la passività, che da sempre si impone alle donne, nel sottostare a logiche maschiliste e repressive a cui fortunatamente, ma senza tentare alcuna forma di rivoluzione, anzi, trovano una qualche via d’uscita per rientrare nell’alveo del “consentito”.
Mi pare che Davide Calì, o chi gli ha commissionato il lavoro, se è stato commissionato, da qualche parte abbia masticato e rimuginato questo secondo punto di vista sulla questione delle principesse.
Calì infatti non “gioca” sull’umanizzazione della principessa bensì sull’esasperazione del modello femminile ( e di quello maschile rappresentato dai nani). I nani, e con essi il genere maschile e forse anche in parte quello infantile, ci fanno una pessima figura, fanno venire alla povera Biancaneve un autentico esaurimento nervoso.
Ma scusate, pensate a quando tornate a casa dopo lavoro, o se lavorate a casa da questo punto di vista forse è pure peggio, e dalla mamma ci si aspetta l’ordine, la pulizia, le coccole, la risistemazione, la dolcezza e le storie e tutto….allo stesso momento. C’è da impazzire e tutti ne abbiamo fatto esperienza.
Immaginate adesso che le creature pretenziose non siano i vostri adorati figli nè l’uomo che vi siete scelte ma ben 77 nani in cui siete incappate per puro caso scappando dalla famigerata strega cattiva.
Solo per memorizzare tutti i 77 nomi Biancaneve deve aver bruciato diverse sinapsi.

Biancaneve comincia a perdere la sua bella cera e il suo bel sorriso, spazzolare 77 barbe, raccontare 77 storie la sera deve farle fare le ore piccole la sera.
Ma questa Biancaneve non è mica la “vittima” della fiaba, pur nell’alienazione (Davide Calì ha scritto un libro bellissimo a riguardo, ve l’ho raccontata qui) e abbruttimento torna padrone di se stessa e a costo di cadere dritta dritta nelle sgrinfie della strega scappa di casa. Quando, ovviamente incontra la strega vestita da vecchina che le propone senza mezzi termini né sotterfugi una bella mela avvelenata, Biancaneve risponde – qui arriva davvero il momento migliore della storia, – al volo “Dammene DUE!”

Cosa non si farebbe per riposare un po’!?
Biancaneve e i 77 nani è una novità uscita in Italia nella collana “Sottosopra” di Giralangolo EDT scritto da Davide Calì e illustrato da Raphaelle Barbanègre. Ho avuto altre volte modo di ricordare l’importanza di questa collana che, benché con risultati non sempre dello stesso valore qualitativo, si sforza di raccontare modelli “diversi” storie moderne e possibili contro ogni tipo d stereotipo.
La Biancaneve di Calì si oppone allo stereotipo della principessa obbediente e succube e pure contenta di esserlo. E’ una principessa moderna che al principe azzurro preferisce una sana dormita e soprattutto al fare la brava donna di casa preferisce il veleno della strega…se ci pensate come messaggio è piuttosto forte. Interessante e anche convincente da un certo punto di vista.
Siamo in un contesto editoriale che volutamente punta ad una rieducazione attraverso la letteratura della percezione dei modelli sociali e qui lo fa in pieno senza troppo andare per il sottile ma rendendo il messaggio più soft attraverso l’ironia quasi sarcastica.
Per chi è questo libro? Per tutto coloro che hanno già fatto i conti con la fiaba di Biancaneve.
Mi spiego meglio: come dice Luigi dal Cin che di fiabe se ne intende un bel po’, con queste storie si può e si deve giocare in ogni forma purché la fiaba “vera” abbia esaurito il proprio potere e valore diretto sullo specifico bambino lettore. Le fiabe non sono storie come altre, lavorano nel profondo, Bettelheim e tanti altri ci hanno dedicato una vita intera a studiare la loro potenza sull’inconscio, se giochiamo o smontiamo, forti del nostro punto di vista adulto, una fiaba in cui il bambino o la bambina è ancora avviluppato dentro, con cui sta facendo ancora i conti, il risultato sarà destabilizzante piuttosto che divertente.
A ciascuno la propria fiaba, che ogni Biancaneve della casa, che i nani siano 7, 77 o 1 tirannico, trovi il coraggio di ribellarsi, ma senza mai perdere di vista la sensibilità di ogni singolo bambino.