Il salone del libro di Torino. Qualche riflessione.
Stanca oltre ogni dire, al ritorno dal Salone del libro di Torino, non resisto e vi propongo qualche riflessione, piuttosto critica in verità, sul funzionamento dell’editoria e sull’impressione che mi ha lasciato il salone torinese.
Andiamo con ordine.
In Italia ci sono tante, tantissime case editrici che pubblicano un mare di libri, moltissime sono piccole se non piccolissime, sono realtà di 3-4 persone che contano sull’abnegazione personale per andare avanti. Delle quasi 3000 case editrici censite l’anno scorso dall’istat più di 900 editano per bambini e ragazzi o per gli adulti che se ne prendono cura.
Alcune case editrici sono bellissime, ovvero producono libri di grande qualità, altre sfornano orrori ma, attenzione, in questo non c’entra la dimensione della casa editrice.
La qualità è una questione di testa!!
La qualità è una questione di scelta e consapevolezza.
Mi spiego.
Nel mondo editoriale girano molti pochi soldi, rispetto ad altri settori economici, autori e illustratori, pagati spessissimo con anticipi sui copyright dei loro libri, non incassano cifre astronomiche e in questo contesto, piccolo o grande editore non fa un grande differenza.
Anche a parità di dimensione la scelta dipende dall’editore: può farsi promotore del bello e perseguire una strada spesso controcorrente, oppure può fare libri brutti che spesso rendono di piu.
Vi racconto un aneddoto di oggi: una piccola e bellissima casa editrice di albi illustrati per la prima infanzia aveva di fronte lo stand di una di quelle case editrici che stampano libracci di cucina, calendari, libretti da colorare da pochi soldi e meno qualità. Una persona di questo mega stand è andata dai piccoli dirimpettai per spiegare loro che fanno libri troppo costosi! I prodotti devono essere fatti in serie e con poco costo per guadagnarci!
Non fa una piega, soprattutto con le statistiche del livello culturale degli italiani!
È difficile in tale contesto convincere un editore che la sua fatica alla ricerca della qualità e al tempo stesso della sopravvivenza darà prima o poi dei frutti! Eppure è così. Io ci credo profondamente.
Possono fare la differenza soprattutto per i bambini!
Ci sono case editrici che hanno anche il coraggio e la lucidità di cambiare strada per alzare il proprio livello qualitativo, è il caso del Leone Verde Piccoli la cui nuova collana per bambini sta sfornando un bel libro dopo l’altro a fronte di una vecchia produzione per l’infanzia francamente bruttina.
Châpeau a chi riesce a guardarsi con oggettività e a migliorarsi!
Già perché qualcuno delle proprie brutture non si accorge, le culla come figli e lì è davvero difficile intervenire…cosa fareste se qualcuno vi presentasse il libro più brutto che abbiate mai visto dicendoti che è scritto da una grande scrittrice e da un bravissimo illustratore versatilissimo?! Oggi mi è capitato anche questo. Il libro alla fine me l’hanno pure regalato e io lo stavo pure per abbandonare sui sedili alla stazione. Ma poi ho pensato che come memento era importante lo portassi a casa! Chissà se ho sbagliato!
Ma torno su un punto che mi sta a cuore e su cui con Daniela Biavati stiamo ragionando molto ultimamente: il mercato del libro è cosa assai bislacca in Italia, i ricavi si concentrano in pochi marchi i quali gestiscono anche, guarda caso, i maggiori canali di distribuzione e i megastore dove troviamo commessi al posto di librai.
In un contesto del genere un dibattito sull’importanza della promozione della lettura e delle librerie è importante, non credete? Roba che quando ci capiti in mezzo per caso ti siedi e ascolti in religioso silenzio.
Poi, mentre sei lì seduto, leggi tra gli altri i nomi: Spagnol (proprietario del gruppo Mauri Spagnol che include, tra gli altri, Salani, Nord Sud, Nord, Tre grazie ecc. Nonché della rivista “Il libraio” che organizza la tavola rotonda) e Montroni (insegnante alla scuola per librai Mauri – sì proprio quello dello stesso gruppo del sig. Spagnol – e ex responsabile delle librerie Feltrinelli in cui il marketing vale più delle politiche editoriali e non credo nessun libraio degnamente formato dal sig. Montrone sia mai stato assunto). Gli altri presenti sono una scrittrice, la responsabile de Il Castoro e un libraio che sembra estraneo ai fatti. Il dibattito ha del surreale perché ad ascoltarli va tutto bene, poi rileggo i nomi, fai 2+2 e ti accorgi che qualcosa stride.. Nota per deliziare, i due componenti fanno altresì parte dei due grossi gruppi di distribuzione, messaggerie e PDE, prima concorrenti e da qualche tempo fusisi con parere favorevole dell’antitrust che a questi punto dovrebbe forse cambiare nome.
Che dire?
Che questi luoghi sono sempre allucinanti ed istruttivi al tempo stesso, non credo diano lo spaccato reale dell’editoria nella sua stragrande maggioranza assente, ma delle tendenze, in buona parte incanalate, di mercato sì.
Innegabilmente i contatti che si stringono danno senso all’immersione nel girone e per questo è importante esserci, farsi un giro, sporcarsi le mani e a spada tratta testardamente andare avanti nel sostenere la buona qualità, specie quando essa arriva da medi e piccoli marchi!
E su questa strada Teste fiorte c’è!
Si chiama Romano Montroni e non Montrone