Poesia per bambini
E’ venerdì, il fine settimana incombe quindi approfitto dei due giorni che ci separano dal lunedì di Dahl per proporvi qualche riflessione che sto facendo da tempo su un aspetto specifico e particolare della letteratura per l’infanzia:
LA POESIA.
Cos’è la poesia per bambini?
Come si legge la poesia per bambini?
Si pubblica e si vende la poesia per bambini?
Andiamo con ordine e magari qualcosa insieme riusciamo a chiarircela in merito. La poesia è di per sé un ambito letterario “difficile” da leggere, implica una certa attitudine e attenzione di lettura (naturalmente non mi riferisco agli aforismi di facile consumo che, per l’appunto sono aforismi piuttosto commerciali e non possono esser fatti rientrare nella accezione di poesia). Partendo dal presupposto che da sempre muove il mio lavoro critico e dà indirizzo alla linea di Teste fiorite che la letteratura per l’infanzia sia una letteratura senza aggettivi potrei dire che la poesia per bambini sconta forse il doppio, o almeno due gradi di difficoltà nell’essere approcciata dal lettore: la difficoltà, come si diceva, di leggere poesia in generale; la ancor maggiore difficoltà di leggere o anche solo di poter pensare di leggere della poesia per i bambini.
Diversi autori e case editrici mi dicono che i libri di poesie e filastrocche (che nella accezione migliore del termine possono costituire una tipologia di poesie, così come alcune canzoni) sempre più difficilmente decidono di pubblicare, quindi di investire economicamente, su raccolte di poesie o collane di poesie perché decisamente poco remunerative a meno che non si tratti di grossi, grossissimi nomi che vendono a prescindere: Rodari in primis.
Perchè questa difficoltà?
Secondo me la risposta sta nello strumento comunicativo della poesia, la tipologia i lettura che essa richiede da parte degli adulti non può essere lineare (generalmente uno non si legge un libro di poesie dall’inizio alla fine di seguito, tendenzialmente il loro insieme pur programmato e costruito in base ad un messaggio non costituisce una continuità narrativa) né “monotona”, ci vuole un minimo di capacità di lettura in più rispetto alla narrazione che avvolge il bambino in un altro modo.
Eppure, a ben pensarci, le forme poetiche in rima, le filastrocche, le narrazioni in rima costituiscono indubbiamente il primo e più semplice ed efficace approccio del bambino, anche piccolissimo, alla lettura.
La musicalità del ritmo, della rima, della metrica costituisce dall’alba delle civiltà la base per la narrazione e, soprattutto la memorizzazione della narrazione e dei suoi meccanismi. Omero non avrebbe potuto comporre nulla se non in metrica così come un neonato mostrerà sicuramente più interesse ad una canzone o lettura o filastrocca ritmata dalla rima. Il meccanismo è, mutatis mutandis, lo stesso: si sviluppano le connessioni cerebrali, si approfondiscono le capacità mnemoniche e credo poche cose siano più belle di una poesia che ti sovviene all’improvviso quando meno te lo aspetti, a volte apparentemente senza nemmeno un collegamento con il contesto se non, un suono, una parola, che aggancia il “cassettino” della memoria giusto e “fa partire il disco” come un juke box.
E’ un po’ quello che succede nei bambini con poesie come quelle di Bruno Tognolini o Chiara Carminati che spesso danno forma al sentire dei bambini tanto perchè legati ad un contesto specifico, quanto ad un’emozione per cui i versi tornano su, come una marea, al riproporsi di una situazione, di un oggetto o di un’emozione che si è vissuta accompagnati dalla rima della poesia.
Penso, ad esempio all’intramontabile e perfetto Mal di pancia calabrone di Bruno Tognolini, Nord sud edizioni, in cui le poesie legate alla quotidianità del bambino che uniscono realtà e puro nonsense diventano un punto di riferimento scaramantico e esorcizzante per ogni occasione dal mal di pancia al lupo, al mal di schiena del papà, alla febbre, all’inizio ed alla fine delle cose.



E IL NAUFRAGAR M’E’ DOLCE IN QUESTO MARE