Workshop…vi racconto com’è andata

Sabato scorso, 30 aprile, con Daniela Iride Murgia, si è conclusa la prima stagione di workshop dedicati all’approfondimento di alcuni temi della letteratura per l’infanzia. Per Teste fiorite sono stati mesi impegnativi, una grande prova che ci ha dato una bella soddisfazione su cui basare il lavoro futuro.
Ho pensato di fare qualche riflessione a proposito dei 3 incontri per raccontarvi e raccontarMI com’è andata.

Quando con Daniela Biavati abbiamo cominciato a pensare ad un calendario di incontri abbiamo immaginato di cosa avremmo voluto parlare e ai nomi migliori per farlo; è stata una gioia rara realizzare, abbiamo cominciato a realizzare un piccolo sogno nel cassetto.

Quando si prende il coraggio a quattro mani di contattare qualcuno con un nome per noi importante il timore è grande, alla vergogna di pensare di puntare in alto si accompagna il senso di sfida. Abbiamo scelto Luigi Dal Cin per raccontarci della costruzione del racconto, Giulia Mirandola per approcciare i particolare picture books con un taglio specifico, Daniela Iride Murgia per irrompere nella narrazione illustrata.

Quando al nostro entusiasmo ha corrisposto quello delle persone contattate abbiamo immaginato che tutto sarebbe andato per il meglio, forti di questi nomi siamo state accolte dalla Querini la cui sede ha dato un indubbio valore aggiunto alla nostra organizzazione del calendario di incontri.

Quando poi abbiamo chiesto a ciascuno un programma dell’intervento e abbiamo seguito e, mi viene da dire, preceduto le loro “lezioni” ci siamo rese conto di come sia possibile concepire in maniera diversa l’approccio ad un’aula che aspetta solo di ascoltare la voce di qualcuno da cui ci si aspetta molto, probabilmente moltissimo.
Luigi, Giulia e Daniela sono stati nei loro interventi estremamente diversi, ci hanno dato spunti metodologici dei più vari: se il primo è stato capace di far tenere il fiato sospeso per 7 ore ininterrottamente; Giulia Mirandola ha stupito con collegamenti e riferimenti inusitati, costruzioni e giochi metodologici nuovi che hanno aperto nuove strade di pensiero; Daniela Murgia ha messo a disposizione se stessa e la propria personale esperienza in un dibattito aperto e allargato per comprendere cosa c’è alle fondamenta dell’albo illustrato: l’autore.

Tipologie di approccio assai diverse l’una dall’altra tutte però con in comune qualcosa di molto importante: un contatto con il gruppo eterogeneo, che si è andato casualmente formando incontro per incontro, diretto e reciproco; nessuna cattedra, nessun allievo, nessun “maestro” se non nel senso migliore e profondo del termine.
Credo che chi ci ha seguito ne abbia tratto non solo contenuti importanti mediati dalla stessa personalità e modo d’essere dei relatori, ma anche metodologie di lavoro e spunti personali e, non ultimo, ma in questo metto in prima linea me e Daniela, la possibilità di aver incontrato persone di indubbio spessore da ogni punto di vista.

Tante luci, per tante persone, qualche ombra, ci vogliono anche quelle e l’uso dei questionari anonimi di gradimento ci aiuterà a migliorarci ancora nella prossima stagione autunnale che a brevissimo annunceremo.

Ma vengo alla Murgia, all’incontro di sabato… È stata una giornata particolare, all’insegna, come dice lei, di incursioni in un mestiere davvero particolare: quello dell’illustratore.
Daniela Murgia non ha ricette né bugiardini né schemi da proporre, ha “solo” se stessa e la sua storia esemplare perché forse esula dal l’atteso.
Bene, signora illustratrice, lei, che scuole ha fatto per arrivare a fare quello che fa?
Beh, io, veramente, mi sono laureata in lingue orientali e poi ho lavorato con l’arte, per la Biennale, fianco a fianco con artisti che che ti succhiano anche l’anima ma ti regalano la bellezza.
Ma come, niente corsi di illustrazione?
No
Niente tecnica di disegno? Di come stanno le figure sulla tavola?
No
Oibò, ma, allora?
Beh, mangio narrazione e arte da colazione a cena da quando sono nata, il resto lo fa…la personalità!

Sto giocando, evidentemente, ma nemmeno poi troppo. Se, ne parlavamo con Giulia Mirandola, l’albo illustrato merita di essere considerato una forma di arte iconografica, Daniela Murgia ne è la… prova provata se qualcuno ne avesse avuto bisogno.
Pura arte applicata ad un expertise, come lo chiama lei, di eccezionale ampiezza.

Da qui a entrare nel mondo dell’editoria ne passa e se è vero che alcune cose ti devono scorrere nel sangue, tra queste non c’è solo la capacità di creare illustrazioni bensì la passione per concepire progetti.
L’albo illustrato altro non è che un progetto, estremamente complesso perché implica linguaggi diversi che bisogna dominare con egual bravura, ma un progetto di narrazione.
Alla faccia del grande, straordinario, Fabian Negrin che poco tempo fa lamentava la mancanza di bravi disegnatori, Daniela sostiene la molteplicità e grande qualità delle proposte di illustrazione che a maggior ragione devono spingere i lettori e la critica ad alzare le orecchie e seguire con attenzione nuovi nomi, nuovi progetti editoriali, nuove opere da valutare a mente libera.

Sui racconti del mondo editoriale che Daniela Murgia ci ha regalato non mi dilungo, ne verranno degli spunti per i post prossimi, ma da quando nasce l’idea del progetto a quando esce un albo cosa succede?
Di tutto di più… Un progetto può non solo cambiare in corso d’opera, vedere aggiunte o spostate delle tavole, cambiato il testo, fallire e basta, ma anche una volta pubblicato con successo può predere nuova vita in un Paese diverso.
È il caso de L’attesa che quando si è intitola Espera ha cambiato copertina, e, soprattutto, finale…incredibile non vi pare?

 

Se avete modo di avere l’edizione in spagnolo confrontatela con quella in italiano, il cambiamento è sorprendente. L’opera è la medesima eppure con queste varianti, cambia in modo sostanziale il contenuto, la narrazione. Il bambino protagonista alla fine apre gli occhi sulla propria speranza e fa i conti col desiderio e la bellezza dell’attesa anche senza l’esplicito appagamento del desiderio…lettura ardita e inusuale forse per il mercato italiano che infatti ha la versione più pienamente rasserenante e premiante. Per fortuna la mano di Daniela Murgia è intervenuta a riportare non solo la speranza ma la gioia nel cuore del bambino ripagandolo di tanto sforzo e facendo comparire il cagnolino a macchie nella pagina di chiusura oltre la fine della storia. La diversa lettura della medesima opera è davvero interessante.
Credo abbia profondamente ragione Daniela Murgia quando dice che tutto sommato questo cambiamento è stato come un dono: la possibilità di creare un finale diverso per una storia già scritta, già narrata, e aggiungo, io, per il più bell’albo che Daniela ha sin qui concepito…in attesa dell’ Inconnu. 

Ma questo è un altro post!

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