Il mestiere di scrittore
Italo Calvino in un’intervista di Ceronetti del 1970 per l’inchiesta intitolata Letteratura a sedere (oggi in Calvino, Saggi, tomo II, Milano, Mondadori) trattava con molta ironia della postura a cui lo scrittore è costretto.
Nonostante i tanti cambiamenti che il progresso tecnologico ha imposto, una cosa nei secoli non è mai cambiata: si scrive da seduti.
Posizione non sempre e non proprio comoda, come d’altra parte quella del cavaliere in sella al proprio destriero…tuttavia posizione necessaria al compimento del proprio dovere anzi, qualcuno potrebbe sostenere che è proprio da una certa costrizione della postura che si sprigiona la creatività del pensiero. E se ci pensiamo un po’ forse in qualche senso il mestiere dello scrittore non è troppo distante da quello del cavaliere e non solo perchè entrambi poggiano sulle terga…
Lo scrittore è una creatura polimorfa che per creare deve sottoporsi alla seduta per tempi prolungati, tanto vale, sostiene Calvino, essere un serpente che si può almeno arrotolare nelle spire senza problemi con la colonna vertebrale. Certo che senza braccia è un po’ difficile scrivere…la soluzione migliore è senz’altro farsi polipi, privi di struttura ossea e con la possibilità di contare su tutte le braccia che si vogliono. E se ogni mano raccontasse una storia diversa?
Oggi uno scrittore potrebbe ritrovarsi ugualmente nella visione che aveva Calvino di se stesso, aspirante polipo, nella seconda metà del secolo scorso?
In parte sì e in parte no, secondo me, e vi spiego perché.
Che lo scrivere implichi uno stare seduti davanti ad un oggetto (che sia pergamena e stilo, foglio e penna, macchina da scrivere o pc da questo punto di vista non cambia) è indubbio, dunque sulla posizione ci siamo, così come mi pare che ci siamo anche sulla fatica della scrittura che incolla il sedere alla sedia, quello che è cambiato in maggior modo, mi pare di capire, è la questione del tempo ma andiamo con ordine.
Scrittore ed autore sono la stessa cosa? Lo scrittore è colui che si applica alla scrittura, l’autore è colui che si è già applicato alla scrittura, la sua opera è stata edita e dunque il vocabolario, se non la fama e i lettori, lo consacra come autore.
Scrittore e autore convivono nella stessa persona, una è l’anima che scrive, attiva, l’altra è una sorta di anima passiva, che ha scritto anche se sul “passivo” moltissimi autori, specie per l’infanzia, avrebbero da ridire visto che l’autore deve autopromuovere le proprie opere con un lavoro attivo incredibile, ma su questo tornerò a breve.
Scrivere in ogni caso è un lavoro che richiede fatica.
Questo è un concetto con cui io stessa fatico a fare i conti: quando sento di un autore che si chiude in casa perchè deve scrivere un’opera entro una certa data e deve farsi venire una buona idea magari scartabellando tra appunti e idee varie ho sempre bisogno di un attimo per mettere a fuoco la situazione. Nonostante tutto, prima del filtro critico arriva quello emotivo che mi imprigiona per qualche decimo di secondo nel pregiudizio della creatività poetica quale frutto di uno slancio poetico spontaneo. Che scemenza!
Lo scrittore è un artigiano.
Lo scrittore è un falegname.
La scrittura è fatica, lavoro, cesello.
A qualcuno riesce meglio, ad altri peggio, e tra i primi e i secondi oltre a componenti insondabili (il talento ad esempio) ci sono in percentuale consistente elementi tecnici: gli strumenti dello scrittore, le lime del poeta, che sono precisi e vanno manovrati con grande destrezza.
Forse è proprio l’aurea eterea che ci sembra aleggi intorno ad un autore o autrice che ci si presenti che ci abbaglia e non ci permette immediatamente di applicare il sano filtro critico per valutare l’opera dell’autore che abbiamo davanti prima di incensarlo.
Io, lo confesso e ve lo dico così se siete autori e vi capita di incontrarmi non vi offendete, quando una persona mi si presenta come scrittore di libri la mia reazione è sempre la stessa: vado a leggere cosa hanno pubblicato.
Questo è l’unico modo possibile per valutare, naturalmente usando gli strumenti critici necessari, perché anche il critico ha i suoi strumenti, come lo scrittore, e nulla hanno a che fare con il “gusto” personale!!
Veniamo al punto forse dolente dell’essere scrittore, in particolare scrittore per l’infanzia, oggi: il lavoro di promozione, anzi, di auto-promozione che gli si impone per far conoscere la propria opera è qualcosa di difficile da immaginare ed una fatica non da poco.
L’autore, nella trafila del libro, ha forse la parte più difficile: posto che un libro viene pagato molto poco rispetto al lavoro che nella maggior parte dei casi ha richiesto, e che solitamente si tratta di un anticipo sui diritti d’autore (e parliamo di cifre piuttosto esigue); quando il libro è edito non sempre l’editore prepara un lancio pubblicitario o campagne per sostenerlo, nella maggior parte dei casi è l’autore che comincia a girare per scuole e librerie per far conoscere se stesso e la propria opera.
Questo lavoro è tale che innanzitutto a volte mi domando dove e come uno trovi la concentrazione e il tempo per mettersi seduto a scrivere, ed in secondo luogo penso che sicuramente non è nella natura di tutti riuscire a metter in piedi una macchina di eventi e incontri e chi più ne ha più ne metta…E degli autori di questo secondo tipo che fino fanno? Fanno più fatica degli altri a meno che non abbiano un editore davvero bravo nel sostenerli.
Già, ma perché un editore non sempre sostiene i propri autori? Eeee questa è una storia lunga, difficile e in cui non ho le idee perfettamente chiare ma mi piacerebbe confrontarmi anche su questo con voi….
Alla prossima puntata!