Di tecnica e di scrittura. Incontro con Luigi Dal Cin

Sabato 8 abbiamo inaugurato la seconda stagione di incontri con autori e illustratori per la letteratura per l’infanzia.
Luigi Dal Cin ci ha, come a febbraio scorso, accompagnato alla scoperta del pressoché sconosciuto mondo delle tecniche di scrittura, nei meandri di quello che appare, visto da lontano, un mondo poetico e romantico in cui la teknè è sopraffatta dal sufflato creativo.

Vista da vicino la questione non è proprio così e quando ci si comincia a fare i conti rimettere poi le caselle a posto, essere disposti a ripensare il già pensato non è così semplice.
Attraverso l’anali della descrizione, di cosa essa sia in narratologia, di come si declini e si sia evoluta nei più grandi autori tra Otto e Novecento, tra narratori onniscienti o meno,  siamo arrivati ad intendere qualcosa di fondamentale anche se forse “scomodo” per chi pensa che la scrittura sia…beh, questione di ispirazione, stile e talento.

La tecnica è più forte del contenuto

Ecco un buon elemento di discussione e approfondimento. Cosa vuole dire che la tecnica è più forte del contenuto?
Vuol dire che quando un testo narrativo ci piace o non ci piace, il piacere all’orecchio e alla mente non è dato solo dal contenuto della narrazione, come saremmo tentati di pensare, bensì dalla tecnica di narrazione. Se le descrizioni ottocentesche non funzionano più ai giorni nostri (questo è uno degli elementi che implica un’attenzione estrema nell’offrire ai ragazzi i cosiddetti “classici” della letteratura) non è perchè non si piacciono le parole che raccontano il paesaggio, il contenuto che il testo costruisce, bensì il modo in cui l’autore ha scelto di dare forma al proprio racconto.
Cosa vuol dire questo, che dietro ad ogni riga c’è una precisa volontà dell’autore nello scegliere l’effetto che vuole avere sul suo lettore?

Esattamente così.

Anzi, così è nei bravi autori che hanno consapevolezza del proprio mestiere e soprattutto della propria responsabilità nei confronti dei lettori.

Come dice giustamente Luigi, uno scrittore è come un direttore d’orchestra, deve saper dosare ogni minimo movimento della bacchetta perchè a ciascuno di essi corrisponda una precisa reazione degli strumenti. L’autore che, ingenuamente, scrive sull’onda di qualcosa, o peggio ancora, con l’idea che tutto sommato non ci voglia poi tanto, tanto meno se si scrive per bambini e ragazzi, ha rinunciato a priori ad esercitare il proprio ruolo. Ha perso un occasione ma, soprattutto, non ha dimostrato sufficiente rispetto nei confronti del proprio lettore.

Allora, come si fa?
Beh, alla base della scrittura, questo Luigi lo sa spiegare molto ma molto bene, oltre l’idea, oltre il piacere, oltre lo stile, o forse prima ancora di tutto questo deve venire la tecnica.

Ecco che subito la scrittura, il mestiere di scrittore, perde poesia, non vi pare?

Vero, però rifletto su una incongruenza di quanto siamo disposti ad accettare: il musicista, il pittore, lo scultore, devono maneggiare alla perfezione una tecnica se vogliono provare a fare arte. Perchè se immaginiamo che lo scrittore deve maneggiare alla perfezione gli strumenti narratologici e non solo ci pare che tutto si riduca ad una questione di “mestiere” nel senso più trito del termine?
Credo che questo in parte dipenda dal fatto che una penna, o una tastiera, in mano o sotto le dita la sanno tenere più o meno tutti; più o meno tutti possiamo avere delle storie da raccontare. O forse, e oltre, ha ragione Luigi, c’è una ragione culturale atavica per noi occidentali, il “Cantami, o Diva, del Pelide Achille” ci ha giocati una volta per sempre. Aspettiamo la Diva.

Così non è ,a che in molti ci credano ancora lo dimostra la paccottiglia che spesso capita di leggere.

L’altro giorno un’amica mi ha detto, dopo un mio commento ad un libro: “sei proprio una chirurga!” e il chirurgo solitamente non fa cose belle, forse ti salva la vita ma se gli capiti tra le mani qualcosa di poco augurabile ti è successo.
Non faccio la chirurga dei testi tuttavia faccio critica letteraria, quegli strumenti che Luigi ci ha così ben mostrato essere alla base di una buona scrittura io li sento e vedo come se fossero in filigrana, se il testo non è limato alla perfezione. Mi spiego. Quando una narrazione mi rapisce ed entro in quella sospensione dell’incredulità che rappresenta il patto che ogni lettore tacitamente stringe con il proprio autore, non mi accorgo di nulla, devo fare uno sforzo per andare a leggere tra le righe, smontare e vedere la fatica e il super lavoro che lo scrittore vi ha fatto. Quello è un testo che è scritto bene, che farà una strada, che offriremo fiduciosi al lettore.
Quando nel leggere “sento” lo stridolio degli ingranaggi della tecnica della scrittura vuol dire che qualcosa non vai.

Tutto questo per raccontarvi di una giornata bellissima, quella di sabato, con un autore che è un grande professionista della parola, e per sostenere una volta di più che la letteratura è una cosa seria e la qualità, che siate lettori o scrittori è sempre la sola chiave vincente, dal punto di vista morale es estetico… Che per me in fondo sono quasi la stessa cosa.

Che ne pensate?

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