“Dimodochè” di Gek Tessaro

Quale sia la spinta profonda che spinge molti bambini ad attraversare interi periodi di infatuazione verso i mezzi di trasporto, meglio se da cantiere o con le lampeggianti, non so.

So però che molti sono i libri francamente brutti a tema camion, ruspe ecc, dimodochè spesso noi si finisce di comprare cose non proprio eccelse per riconoscere e rispettare la passione del piccolo lettore.

Mi rendo conto altresí che scrivere un bel libro con i mezzi da lavoro non è proprio cosa banale…è impresa assai ardua fare poesia con una ruspa e una betoniera…
Per fortuna però i grandi autori ci sono e infatti il libro che vi racconto oggi è di Gek Tessaro, si intitola Domodoché ed è edito da Lapis.

Dimodochè è un albo illustrato quadrato che…gira attorno ad un buco, ad un concetto filosofico, e alla lingua toscana. Il buco è, evidentemente, lo si vede già dalla copertina cartonata, quello che le macchine da cantiere scavano. È il soggetto e l’oggetto della narrazione in fondo, co protagonista insieme alla piccola ruspa che, come tutti i piccoli riesce a vedere ciò che i grandi non vedono: l’essenza.

E qui arriva il concetto filosofico, o forse dovrei dire I concetti filosofici: il pensiero riguardo al vuoto, del buco, si fa pensiero del rovesciamento del vuoto, ossia del pieno. Il buco è tale perché le macchine stanno costruendo da un’altra parte una montagna, che vuol dire che il buco diventa, alla lettera, una montagna in negativo, in cui la cima è la massima profondità. E se poi il buco si riempie d’acqua ecco che diventa pieno e si fa un lago. E se il buco resta vuoto ma ci si entra per sperimentare la profondità del vuoto, ecco che basta alzare la testa per scoprire il cielo che…,assumendo un’ottica rivoluzionaria, è creato dal buco che ne permette la vista. Una specie di siepe leopardiana formato cantiere…
Ma non è bellissimo scoprire un non-luogo che crea il cielo?

Cosa manca? Ah, sì, la lingua toscana: la piccola ruspa coprotagonista col buco deve avere antenati illustri e parlare un italiano manzoniano sciacquato in Arno, oppure banalmente viene da Firenze perché il suo accento è indiscutibile e d’altra parte il “dimodochè noi si fa” spalanca le frontiere filosofiche del linguaggio..
Dimodochè noi si fa le montagne
Dimodochè noi si fa i laghi
Dimodochè noi si fa il CIELO!!
dimodochè…

Sorpresa dimodoché domani andate di corsa a cercarvi il libro!!!

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