“Ipazia e la musica dei pianeti”

Se a noi arriva la luce di stelle distanti migliaia di anni luce, magari già spente, allora deve pur essere possibile, a rigor di logica che, da qualche parte nell’universo si possa trovare il passato, forse anche il futuro. Magari su qualche pianetucolo sarebbe possibile osservare la vita di centinaia di anni fa.

Ipazia e la musica dei pianeti di Roberta Torre illustrato da Pia Valentinis edito da Rue Ballu.

Forse è questa l’idea che è venuta in mente a Roberta Torre, regista e non solo, per raccontare la sua Ipazia: immaginare possibile l’incontro tra un’adolescente della nostra epoca e la scienziata vissuta nel terzo secolo su un asteroide perso nell’Universo su cui la giovanissima astronauta Camilla viene mandata per cercare di registrare con mega microfoni la musica dei pianeti, lei che che la musica ce l’ha sempre nelle orecchie.

Camilla viaggia nello spazio indietro nel tempo e Ipazia a sua volta, dalla sua postazione, con il suo cannocchiale può osservare la Alessandria di quando lei viveva ancora. Ipazia non sembra appartenere ad un luogo del passato, lei non è nella stessa Alessandria che sta osservando, quella manda luce come una stella spenta, lei si trova su un’asteroide che fluttua fuori dallo spazio e dal tempo dando tanto a Camilla che a Ipazia la possibilità di incontrarsi in un luogo fuori dalla storia.

Per raccontare chi sia stata Ipazia, la rivoluzione che questa donna può ancora significare per tante donne quasi duemila anni dopo, Roberta Torre ha scelto un taglio…direi quasi fantascientifico, di sicuro cinematografico in cui gli espedienti della narrazione portano sempre a sviluppare dialoghi tra i protagonisti in cui lo spettatore, più che lettore, osserva, segue da fuori, Come nelle pellicole spesso accade il narratore apre la narrazione e ha cura dei momenti di passaggio, un po’ come fanno le dissolvenze e gli zoom nel cinema, mentre poi è nei dialoghi che la narrazione si sviluppa. Nei dialoghi e nelle immagini. Qui non siamo davanti ad un film ma le immagini ci sono e sono quelle bellissime dei Pia Valentinis che delicatamente, dolcemente accarezzano la narrazione, guidano le rivelazioni, ci aiutano a trovare il focus del racconto.

Ipazia  fa parte della collana jeunesse ottopiù di rueballu di cui sono appasionatissima e come gli altri titoli mantiene le stesse caratteristiche: cura estrema di ogni dettaglio e perfezione nell’intervento dell’illustrazione. Non trattandosi di albi illustrati bensì di mini romanzi di narrativa che raccontano grandi musicisti o intellettuali, il lavoro di Pia Valentinis non è quello di raccontare alla pari della parola scritta bensì assume un ruolo di contrappunto e di accompagnamento dello svilupparsi della narrazione scegliendo poche illustrazioni a tutta pagina più quella piccola che accompagna il numero di pagina e che cambia ad ogni capitolo. Sembrano piccoli segni messi per bellezza ma dietro c’è un lavoro ermeneutico, se vi domandate perchè Pia abbia scelto un oggetto piuttosto che un altro per rappresentare il capitolo che state leggendo sicuramente è perchè quell’oggetto ci sta già sottilmente avvicinando non solo al contenuto ma al senso profondo di quello che le pagine ci dicono. In Ipazia e la musica dei pianeti questo procedimento mi pare portato alla massima possibilità comunicativa, provare per credere!

Ma come si fa a decidere di pubblicare libri come questo?! Vi confesso che me lo chiedo ogni volta che mi capita un nuovo titolo di questa collana tra le mani… l’operazione editoriale, la poetica editoriale di rueballlu è non solo originale in ogni sua componente, ma decisamente coraggiosa eppure mi convince a pieno. Questi libri, che ci raccontino Bach, la Dickinson, Ipazia, Franca Rame o Simone Weil o Shakespeare,pur dando a volte esiti letterari non sempre di pari livello, hanno sempre un elemento di fondo in comune, che mi pare sia quello che guida questa casa editrice e chi viene chiamato a lavorarci: l’estetica. Questi sono libri che ci parlano di bellezza in ogni senso: per come sono fatti, per la carta che usano, per i racconti che scelgono di mediare raccontando di vite reali o immaginate ma di grandi personalità che al mondo hanno lasciato in eredità la bellezza della cultura, della musica, della scienza e chi più ne ha più ne metta; per le illustrazioni tutte di Pia Valentinis che sono sempre oltre le aspettative, a volte anche al di sopra della narrazione, a mio parere, quando questa da sola non tiene perfettamente.

Scelta coraggiosa e fondamentale parlare ai ragazzi di bellezza attraverso cose belle. Mediare o proporre questi libri non è semplicissimo come non lo è portare avanti un discorso di morale ed estetica di questi tempi traendo dalle grandi figure del passato. Tuttavia farlo è importante e creare lettori forti nella prima infanzia ci porta proprio poi ad avere la forza di poter leggere questi tipi di libri. E lì dove non arriva la forza della pratica della lettura dobbiamo arrivare noi con la lettura ad alta voce…ma a otto anni e più? Sì! A qualsiasi età, a casa, a scuola, ovunque possibile. Leggere insieme, proporre in altre forme ci dà la possibilità di arrivare anche là dove altri limiti potrebbero frapporsi tra i bambini e i libri. Se Franco Lorenzoni ci dice di ripartire da Talete per spiegare la geometria Ipazia va nella stessa direzione e come sempre tutto si tiene: scienza, filosofia, musica, arte perchè il mondo non è fatto a materie ma a connessioni di idee e di realtà.

“Ho capito Ipazia, un maestro e un pittore sono quasi identici perché fanno nascere qualcosa nelle persone”.

Che facciamo? Mettiamo i maestri nei musei o tiriamo fuori i dipinti dalle gallerie?

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