“L’estate che conobbi il CHE”
Giorni e giorni e giorni che penso di scrivere questo post e poi succede quello che è successo ieri e…non posso più rimandare ormai.
Ieri, con la morte di Fidel Castro, una pagina di Storia del ‘900 si è definitivamente chiusa. Anche se da anni Castro non aveva più il governo diretto la sua morte indubbiamente segna la fine di un’epoca.
La rivoluzione cubana, per ciò che è stata, la lasciato dietro di sé miti piuttosto che storie. In parte ha forse anche tradito se stessa, nel tempo, ma l’essenza stessa dell’esperienza unica di Cuba merita e deve essere conosciuta dai ragazzi innanzitutto perché diano un senso a quella faccia che troppe volte si vede nei posti più impensati e il cui senso credo resti ai più sfuocato in un passato mitologico.
Il simbolo della rivoluzione è Ernesto Che Guevara, non Fidel, i motivi sono molteplici, non ultimo probabilmente l’esser morto giovane, l’aver incarnato per davvero l’ideale di chi combatte con gli ultimi e per gli ultimi in ogni parte del mondo senza nessun interesse diretto. Il Che non era di Cuba, ascolta le storie di Fidel e fa propri gli ideali di liberazione dei contadini cubani e così succede per l’Africa, per la Bolivia. Il Che non fa il politico, fa il rivoluzionario a suon di istruzione. Tutto manca sulle montagne in cui i “barbudos” vivono e si rifugiano tranne la scuola e la medicina entrambi a carico del Che.
Perchè portarlo sulla maglietta o tatuato sul braccio?
Ci ha provato a raccontarlo Luigi Garlando con il suo L’estate che conobbi il Che edito da Rizzoli, quest’anno per la seconda volta tra i finalisti del premio Strega ragazzi.
Il romanzo racconta dell’esperienza di un teenager che scopre la storia del Che e della rivoluzione cubana, il pretesto narrativo è il tatuaggio del nonno.
Qual è l’elemento interessante del libro, molto ma molto ben costruito e narrato? L’ambientazione.
Garlando ha colto nel segno secondo me ambientando la narrazione all’interno di una famiglia di ricchi imprenditori, in fase di fallimento, della Brianza. Siamo in una casa ricchissima con piscine, parchi ecc., ci troviamo davanti ad un ragazzino straviziato il cui padre ha appena venduto ai cinesi il mobilificio di famiglia annunciando molti licenziamenti. Iniziano le barricate in fabbrica, sulle bandiere compare il Che, e negli stessi giorni il protagonista scopre che il nonno, fondatore della mega impresa, ha lo stesso personaggio tatuato sulla spalla.
Cosa hanno in comune i lavoratori in lotta e un anziano imprenditore brianzolo?
Direi assolutamente nulla se non….il Che.
La potenza del mito sta nel suo essere trasversale. Ormai il riferimento al Guevara non ammette più differenze di ceto, spero tuttavia continui ad avere quelle di orientamento politico. Chi tiene per il Che deve essere di sinistra perchè è l’ideale comunista che si impersonifica nel personaggio.
Il nonno racconta al nipote, dall’ospedale in cui è stato ricoverato a seguito di un grave attacco cardiaco, chi fu Ernesto Che Guevara, l’uomo che riusciva a sentire gli schiaffi sulle guance degli altri. Molto belli i passi in cui la suora che si prende cura del nonno interviene nel contrapporre Gesù agli ideali da “terrorista” del nonno. Per quanti oggi giorno le due figure a volte si sovrappongono, si confondono, dopo tutto tra il porgere l’altra guancia e il sentire gli schiaffi su quelle degli altri il passo non sembra distante. Eppure in mezzo c’è la politica e la storia, la rivoluzione cubana, il Che nasce dal senso di giustizia terrena, non misericordia ma legge, giustizia, valori civili.
Questo basta a fare la rivoluzione.
Questa è la vera rivoluzione.
Il lettore scopre insieme al protagonista giorno per giorno cosa la rivoluzione è stata ma soprattutto cosa vuol dire essere rivoluzionari e come ognuno per proprio piccolo abbia sempre la possibilità di esserlo. Il segreto è sempre lo stesso: sentire come propri i suprusi degli altri e combatterli a colpi di istruzione.
La Storia del ‘900 si intreccia con la storia personale di questa famiglia di imprenditori sull’orlo del fallimento, la svolta arriva, in entrambe. Ma come fa uno col padre col Che tatuato sul braccio a licenziare i suoi dipendenti! Non lo farà, infatti, la rivoluzione, per quanto ridotta, deve andare avanti e trovare sbocco positivo altrimenti il lettore che cosa ne deve ricavare!
Ma ogni rivoluzione ha un prezzo. Il racconto lo paga, il protagonista anche, non ve lo anticipo ma è importante che ci sia a chiudere una narrazione ben costruita che mai scade nella banalità dietro l’angolo.