Gruppo di lettura “libro peloso”: libri che parlano di separazione e distacco
Sabato al gruppo di lettura “libro peloso” ci siamo dedicate del tempo per riflettere su un tema aspro, ispido, doloroso ma necessario: il distacco e la separazione e come raccontarla ai bambini.
Abbiamo inteso il tema nel senso più ampio possibile dalla separazione coniugale, all’elaborazione del lutto, al saluto della mamma quando lascia il bambino al nido. Adesso che tento di tirare le fila del discorso mi appare chiaro, ancor più di quanto avessi inteso durante la discussione diretta, che pur trattandosi di livelli di “gravita” diversa tutti i distacchi e le separazioni vengono vissute dal bambino nello stesso modo, ha assolutamente ragione Chiara del gruppo quando dice che la differenza dalla piccola separazione alla più terribile sta nei tempi di elaborazione ma sempre e comunque quello che si elabora per il bambino è un lutto sebbene di intensità diverse.
Appropriate ed interessanti per aprire il dibattito mi sono parse alcune citazioni di un libro di Silvia Vegetti Finzi, su cui tornerò nei prossimi giorni, La bambina senza stella, in cui il tema dell’attraversamento del dolore nella costruzione dell’identità infantile è espresso in forma perfetta.
L’io nasce dalla cognizione del dolore
scrive la Vegetti Finzi, per questo i ricordi che strutturano la storia dell’infanzia di ognuno sono più spesso legati a dolori o a occasioni non avvenute, là dove il bambino con il proprio vissuto si separa dal mondo allora si percepisce individuo a sè stante.
In occasione di un distacco la frustrazione più grande è per il bambino spesso consiste nell’affrontare un senso di colpa che non ha ma che si autoattribuisce per spiegarsi qualcosa che non riesce da solo ad elaborare, lo fa il bambino piccolo che pensa lo mamma lo abbandoni al nido, lo fa il bambino o il ragazzo che affronta la separazione dei genitori e questo accade perchè “cercando di definire la propria posizione nel mondo, i bambini utilizzano innanzitutto il pensiero disgiuntivo: buono o cattivo, amico o nemico, dentro o fuori. Accettare l’ambivalenza comporta di riconoscerla dentro di sè, di rinunciare a considerarsi completamente positivi e sempre nel giusto”.
Gli elementi emersi dal confronto, in questo il potere del gruppo è straordinario, sono stati estremamente suggestivi e inattesi poichè hanno preso in considerazione linguaggi diversi da quelli solito per affrontare il tema. Due spunti essenziali: Di qui non si passa albo di cui vi ho parlato qualche giorno fa, letto in ottica grafica, non di contenuto diretto. Un diverso e insolito punto di vista che ci permette un ragionamento sulla separazione manichea degli spazi che può diventare metafora degli spazi emotivi.