“Gli esami di arlecchino”. Il lunedì di Adolfina de Marco
Benvenuti nella Rubrica del lunedì a cura di Adolfina de Marco, tema di questo mese…. IL CARNEVALE!
E come avrebbe potuto essere altrimenti! Si inzia con un classicissimo di Gianni Rodari: Gli esami di Arlecchino.
Buona lettura!
“Balanzone (a Pulcinella): Dica quanto fa uno più uno?
Pulcinella: Fa meno, signor professore.
Balanzone: Come dice? Meno?
Pulcinella: Eh sì…uno più uno meno…”
Durante il Carnevale si infittiscono gli appuntamenti dedicati al teatro per i piccoli come vuole la tradizione del teatro ragazzi che costituisce in Italia un vero e proprio genere teatrale che può comprendere vari tipi di spettacoli e di espressioni artistiche: come il teatro d’animazione, il teatro dei burattini, il teatro danza. Un genere, quello del teatro ragazzi, che nasce in Italia verso la fine degli anni Sessanta come vero e proprio movimento in rapporto ai cambiamenti culturali che avvenivano in quel periodo storico.
Tra gli autori che vogliamo ricordare, Gianni Rodari rappresenta un pilastro per la cultura d’infanzia e a proposito di teatro anticipa con le sue produzioni tutto un filone sperimentale che sarà scoperto nei decenni successivi.
Gianni Rodari scrive molti testi teatrali per ragazzi, convinto della forza aggregativa di questo straordinario strumento letterario. Per l’autore gli anni Cinquanta rappresentano il periodo più fecondo da questo punto di vista e la sua vena creativa si incontra con produzioni culturali ben sedimentate nell’immaginario collettivo:
utilizza le maschere della Commedia dell’Arte, rivisita le fiabe della tradizione, gioca con i testi e con la lingua.
Tutte operazioni che gli consentono di giustificare il proprio ingresso in uno spazio come quello del “teatro per i bambini”.
Questa ampia introduzione mi pare necessaria per parlare di letture di testi teatrali, un’abitudine che manca nel nostro Paese e che ha acceso dibattiti insoluti tra i critici per via dell’ambiguo statuto che testo teatrale (per adulti o per bambini che sia) di per se stesso ha.
Per riaprire la discussione è stato scelto non a caso un testo dell’autore pubblicato per la prima volta nel 1951 su un supplemento della rivista “La Repubblica”, Gli esami di Arlecchino (Einaudi, 1987), frutto di un lavoro sperimentale condotto nelle scuole nel comune di La Spezia. Si tratta di una raccolta di nove copioni dei quali il primo, in ordine cronologico, dà il titolo all’opera.
Riguardo la scrittura per il teatro Rodari afferma:
“Il teatro deve nascere a teatro. Scrivere un testo teatrale non è come scrivere una favola. Le poche volte che ho disobbedito a questo avvertimento, pretendendo di poter usare il linguaggio del teatro scrivendo a tavolino, mi sono trovato malcontento”
Altra opinione sembra avere la studiosa Mafra Gagliardi, secondo la quale:
“I testi fatti per recitare possono trasformarsi benissimo in libri fatti per leggere. In altre parole, il testo drammatico si realizza, sì, nello spettacolo, ma nulla dimostra che si realizzi “solo” nello spettacolo” (Liber n. 105).
Il dibattito sul genere è ancora di grande attualità, su Teste fiorite cercheremo di tanto in tanto di darne qualche conto, resta il fatto che la produzione editoriale in fatto di genere teatrale non ha slanci, forse perché manca un pubblico che sappia accoglierla a braccia aperte o forse perché c’è ancora confusione tra lettura animata e micro-teatro.
Consapevole di aver sollevato un piccolo vaso di pandora a cui torneremo a dedicare qualche riflessione, vi lascio con una citazione da Gli esami di Arlecchino.
“Balanzone: Basta. Sentiamo il signor Arlecchino. Mi dica lei quanto fa uno più uno?
Arlecchino:Undici, signor professore.
Balanzone: Undici? Ma cosa dice?
Arlecchino: Ma sì, provi a scrivere uno vicino ad un altro uno…”