“Io sono zero” e la narrazione distopica
Quando mi occupavo di letteratura contemporanea cominciai a lavorare sul tema della catastrofe quale tema dell’epoca postmoderna, la nostra, per eccellenza.
All’epoca ignoravo la ricchezza straordinaria della letteratura per adolescenti e giovani adulti e non mi resi affatto conto che invece proprio in questo contesto il tema della catastrofe trova forse la sua più piena poeticizzazione. Ma non nel senso in cui lo intendevo io, ovvero nel senso diciamo della pulsione all’autoeliminazione derivata dalla componente nucleare, dalla potenzialità autodistruttiva. Bensì nel senso della messa in crisi del soggetto in maniera estremamente più forte che nel Novecento. La messa in crisi dell’identità tanto da parte del mondo esterno quanto, ed ancora di più, da parte dell’interiorità.
Nella letteratura per ragazzi lo scacco all’identità che non si riconosce in se stessa è sempre al centro ed in questo l’elemento fantascientifico o almeno l’elemento tecnologico gioca un ruolo imprescindibile.
Il tema del futuro distopico (ovvero opposto ad una visione utopica), ma anche del presente distopico, schiaccia l’individuo in formazione, l’adolescente, non l’umanità intera ed in questo senso mi pare apra una prospettiva diversa ed interessante, anche da un punto di vista metanarrativo, rispetto all’indagine del postmoderno e della catastrofe che ci trascina.
Questa lunga premessa un po’ teorica per dire che estremamente mi ha colpito un romanzo per ragazzi che ho letto da poco: Io sono zero di Luigi Ballerini, Il Castoro.
Questo romanzo mette in scena una narrazione distopica in cui non ci salva nemmeno lo spostamento verso il futuro, siamo in un presente in cui una scrittura praticamente perfetta ci introduce poco per volta.
Zero è un ragazzo che, lo scopriamo con angoscia nel procedere della narrazione, rapito da neonato è stato, insieme ad altro 14 bambini, addestrato ad essere un soldato cibernetico in assoluta assenza di contatto umano. Nessun essere umano si avvicina, una mano guida, attorno solo schermi e pareti. Temperatura costante, luci perfette, ogni minuto organizzato, dieta calibrata, un manuale per tutto e, assoluta abolizione delle emozioni.
Zero ignora l’esistenza di altri esseri umani ed è per questo che il giorno in cui, a causa di un black out, involontariamente imbocca la porta sbagliata ed esce dalla sua prigione ed incontra una donna che lo salva dall’assideramento, tutto crolla. Un’intera esistenza si squassa nello scoprire, piano piano, con diffidenza, dolore e terrore, che davvero non si è esistiti fino a quel momento. Essere zero è ciò che Zero arriva a comprendere proprio nel momento in cui smette di esserlo. Da zero a qualcuno. Da zero a uno, una prospettiva digitale che perfettamente ci sta con il contesto narrativo e al tempo stesso con la formula del riconoscimento identitario.
Il tutto si intreccia con una storia di spionaggio internazionale pazzesca per cui al lieto fine per Zero si congiunge quello per una buona parte di umanità.
L’effetto della narrazione è potente e reso da una perfetta costruzione narrativa molto complessa: l’intero romanzo è scritto in prima persona ma su due registri che si sovrappongono senza soluzione di continuità. La prima persona del ragazzo con il suo punto di vista specialissimo, e la prima persona della protagonista, la pediatra che lo salva.
Due punti di vista opposti in cui il lettore però si identifica di volta in volta e, per un buon tratto, non comprendendo perfettamente cosa accade. Non è semplice identificarsi con un ragazzino che non ha mai visto un essere umano, mai parlato con nessuno…Ma questo è il potere della narrazione con narratore interno a focalizzazione interna
Una fantasia che però è intrinseca in buona parte delle inquietudini dell’adolescenza, proprio in quel momento in cui tra l’essere infanzia (1) e l’essere adulto (1) c’è lo zero assoluto. O almeno sembra che ci sia.
Come vorrei chi lavora con gli adolescenti leggesse libri come questi, oltre a Manzoni e allo Stilnovo, non al posto di ma insieme, oltre, per conoscere la storia della letteratura ma anche la vita della letteratura e, perchè no, la vita dei ragazzi. Anche di questo credo parleremo il 14 ottobre con gli specialisti di Hamelin al corso dedicato alla letteratura young adult.