“Le rose di Shell” di Siobhan Dowd

Nella mente di Shell, Gesù era sceso dalla croce e se n’era andato al bar più vicino. La faccia della mamma di Shell si era accartocciata, come quella di un bambino che sta per scoppiare a piangere. Poi era morta. Gesù si era scolato il suo bicchiere di birra ed era uscito definitivamente dalla vita di Shell.

Il tenore narrativo del libro per adolescenti che vorrei raccontarvi oggi è questo che leggete nella citazione. Ironico, rapido e terribile, al limite del sarcastico.

Le rose di Shell di Siobhan Dowd edito in Italia da Uovonero come gli alti titoli della scrittrice, nella collana dei Geodi.

Una scrittura straordinaria, quella di Siobhan Dowd, che riesce a narrare l’inenarrabile, la tragedia nella tragedia di una piccola povera famiglia del sud dell’Irlanda dove tra casa e chiesa la vita scorre contrastata in direzione ostinata e contraria.

Chi di noi oggi può immaginare la vita di una sedicenne che si cresce i fratelli, subisce il padre bigotto e alcolista, fa i conti con la memoria di un passato felice e con la morte della madre e, dulcis in fundo, resta in cinta di un’amore estivo ovviamente fuori dal matrimonio e….il peggio deve ancora venire?

Situazioni vere e realmente accadute – se penso al film Magdalene ambientato nella stessa Irlanda mi si accapona ancora la pelle – fino all’altro ieri nella nostra occidentalissima e civilissima Europa occidentale e che sicuramente accadono ancora in qualche angolo non angolare di questo mondo. Situazioni fortunatamente lontane dalla maggior parte dei nostri ragazzi e ragazze e che la letteratura permette di vivere con la giusta distanza e il giusto coinvolgimento.

Che senso ha narrare queste storie? 

Il senso che hanno sempre le storie: far vivere mondi diversi possibili e talvolta impossibili. Trasformare ogni situazione e luogo, per quanto lontano in senso reale e simbolico, come luogo personale che parla del lettore e al lettore.

Come riesce la scrittura in questo che per me resta una sorta di miracolo (della tecnica e del talento in pari misura )?

La Dowd ci riesce con una scrittura coinvolgente, emozionante equilibratissima in cui il realismo comunica attraverso la terza persona di un narratore onnisciente che attutisce il coinvolgimento del lettore e gli consente di leggere con leggerezza. La Dowd è scrittrice pienamente figlia della sensibilità e della tradizione narrativa anglosassone in cui l’azione e l’ironia tengono alto il ritmo del racconto. Il canone della storia gialla ancora una volta (come già nel Mistero del London Eye dove la fa da padrone) aiuta la scrittura e la narrazione a procedere con rapidità e tenendo desta l’attenzione del lettore distogliendola, o almeno allentando, dal contesto e contenuto tragico. Con la storia a dir poco tragica di Shell a cui è negata persino la gioia della maternità, ma almeno non quella della sorellità (se si può dire), si può persino a tratti sorridere, le descrizioni di alcun personaggi e situazioni smorzano la tensione tragica e al tempo stesso permettono di sostenerla con l’uso dell’ironia e soprattutto, nel caso delle messe infinite, del rapporto con la religione Cattolica nel suo aspetto più bieco (per fortuna c’è padre Rose a riscattare la faccia della categoria dei sacerdoti) con un sarcasmo profondo che parla la lingua dei ragazzi. Così come in sintonia con il sentire o la necessità del sentire dei ragazzi è l’assoluta sempre mancanza di giudizio!

Di questo romanzo parleremo durante il corso di Hamelin Dove vanno le anatre d’inverno e sono proprio curiosa di vedere cosa ne verrò fuori. Il secondo testo da leggere per partecipare al corso è Kill all enemies.

p.s. Noterella: il titolo originale del libro è The Swift pure cry, chissà da cosa è derivata la scelta di cambiare titolo e di sostituirlo con le rose di Shell che gioca con i nomi dei personaggi (Shell la protagonista e padre Rose). Le vie dell’editoria sono infinite e talvolta imperscrutabili!

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