Una passeggiata in Giappone. Jiro Taniguchi
Noccioline è una rubrica che vuole aprire un nuovo capitolo in questo blog: quello del fumetto.
La scelta del titolo vuole velatamente rivelarlo, per chi è già dell’ambiente, facendo riferimento alla classica striscia del fumetto americano che per 50 anni è comparsa su migliaia di giornali: i Peanuts; sono una grande fan delle creazioni di Schulz e quindi si sentirà parlare molto anche di lui.
Ma veniamo ai veri contenuti di questa rubrica: non ho alcuna formazione nell’ambito del fumetto, diciamo che sono un’autodidatta molto interessata e quindi quello che scriverò sarà semplicemente la mia opinione di assidua lettrice di fumetti e saggi. Scaverò nella mia libreria e nelle fumetterie alla ricerca dei fumetti che più mi sono piaciuti, per portare spunti di lettura e magari qualche piccola curiosità sul libro.
Per inaugurare questa rubrica ho deciso però di non iniziare da Snoopy e Charlie Brown, ma di presentare un’opera che è stata tra le prime a capitarmi in mano quando ho deciso di avvicinarmi al mondo del fumetto: L’uomo che cammina di Jiro Taniguchi.
Il primo impatto in questo fumetto è sicuramente il modo con cui è illustrato: la cura messa nel rappresentare ogni dettaglio è sorprendente. L’autore dà molta rilevanza alla rappresentazione realistica del paesaggio che probabilmente origina anche da studi dal vivo. Quello che colpisce maggiormente però, è la delicatezza del tratto e della scelta dei colori (anche se le tavole a colori non sono molte e in Italia sono purtroppo pubblicate in toni di grigio): trasmettono esattamente le sensazioni che si potrebbero provare a stare all’interno di quei paesaggi.
Può sembrare strano che io mi soffermi su paesaggi e disegni senza aver fin’ora accennato nulla della trama di quest’opera, ma la realtà è che non c’è niente di più da dire se non ripetere il titolo. Il libro è una raccolta di storie per lo più autoconclusive in non si vede altro che un uomo sui 40 anni che passeggia. Niente di più banale che però viene raccontato con un tale coinvolgimento e una tale capacità di esprimere le emozioni dei personaggi che, una volta finito, lo si potrebbe rileggere ancora e ancora senza mai stancarsene (e lo dico per esperienza personale), anzi, ogni volta scoprendo qualcosa di nuovo.
Non si possono infatti non osservare le divergenze di stile tra la realisticità degli sfondi e la semplicità del volto: sicuramente rispetto a molti manga si mantiene di più la vicinanza a quello che è un volto normale, ma con un tocco più “fumettistico”. La scelta non è casuale poiché mantenere un volto sulla linea del resto dei disegni, avrebbe creato una distanza del personaggio dal lettore tanto da far perdere la percezione dell’atmosfera delle storie. In un certo modo è come se avesse scelto di raccontare tutto in prima persona invece che in terza: viene dato un carattere ed una storia al personaggio, ma l’autore fa anche in modo che la storia possa diventare personale fino a diventarne noi stessi i protagonisti.
Non a caso infatti ho scelto il titolo del post, “una passeggiata in giappone”: consiglierei la lettura ad ognuno che avesse bisogno di un momento per staccare da tutto, prendersi anche solo 5 minuti per sé stesso e fare una passeggiata rilassante e solitaria nella campagna giapponese.
La chiave di questo fumetto è sorprendentemente la lentezza: l’uomo si sofferma e osserva ogni dettaglio, non dando tutto per scontato, ma stupendosi anche delle più piccole e semplici cose. L’uomo che cammina esce sempre per conto suo a passeggiare, ma e sue storie sono in realtà costellate di incontri e piccole avventure quotidiane (e non) che finiscono per arricchire tratti di strada anche banali come il tratto tra casa e lavoro.
Per aver raccontato di un fumetto di veramente poche parole, ne ho spese anche troppe, spero di aver invogliato qualcuno alla lettura di questo capolavoro e vi lascio con la frase finale del libro, che rappresenta esattamente lo spirito dell’intera opera.
Eppure quest’uomo ci riporterà alla mente dolci ricordi persi in qualche luogo lontano. Allora, arrestiamo un attimo le nostre corse affannose, e proviamo a camminare anche solo un poco. Però lentamente.