Un nido di libri. “I due mostri”
“I due mostri”
Età: da 3 anni
Pagine: 32
Anno: 2014
Editore: Lapis
Autore: David Mckee
Traduttore: M. Pennacchia
Letture leggere, letture divertenti, letture impegnative, letture ad alta voce, letture animate… sembrerà forse strano ma all’Asilo Nido si legge molto e un po’ di tutto.
Un po’ di tutto davvero! Oggi vi racconterò una lettura “immaginata”! Ora capirete perché…
Ci eravamo lasciati prima delle vacanze estive con la promessa di risentirci alla riapertura delle “scuole”. Passato settembre… passato ottobre… all’Asilo Nido si è ormai anche quasi concluso il momento cruciale degli inserimenti e di ambientamento dei bambini (dei genitori e delle educatrici). Probabilmente qualcuno si sarà chiesto che fine avessi fatto e che fine avessero fatto gli aggiornamenti della rubrica #unNidoDiLibri. Non è mia abitudine non mantenere le promesse ma questa volta, mio malgrado, non c’erano alternative. Ho avuto la mia opportunità di spiccare il volo dal Nido.
Qualcuno mi ha detto che… dopo tanti anni all’asilo finalmente sono stata “promossa”. Infatti in un certo senso è andata proprio così e dal primo settembre sono maestra alla scuola primaria.
Agosto, settembre e ottobre, credetemi, sono stati mesi decisamente “intensi” per me. Sotto molti aspetti. Ma avevo sempre nella testa la promessa con cui vi avevo lasciati. Non è stato facile. E per questo mi ci è voluto un po’ di tempo. Ma ora eccomi qui!
Vi racconto allora “I due mostri”, il libro che già a luglio avevo pensato e preparato per la riapertura delle attività con i bambini del nido. Un libro che mi piace molto e che varie volte in passato avevo letto, ma che da un po’ non proponevo ai “miei” piccolini.
Non potendo leggerlo in prima persona dato l’inaspettato cambio di lavoro (e dopo undici anni che lavoravo lì non è stato un saluto semplice) ho pensato di regalarlo al Nido, ai bambini e alle educatrici, così come piccolo segno.
I due mostri di David McKee è un libro colorato e spassoso, un libro ironico e divertente. Un libro che un po’ mi rappresenta, anche nel mio carattere.
Credo fermamente nel potere intrinseco di un sorriso sincero. Saper sorridere di se stessi o ridere nelle situazioni difficili funge da marcia in più, smorza la tensione, mostra nuovi punti di vista, rilassa i muscoli ed espelle l’energia negativa.
Bambini seduti sul tappetone. Qualcuno ancora fatica a star seduto, ma essendo inizio anno è comprensibile. Ricordo l’anno scorso che i primi giorni si riusciva a malapena a leggere un cartonato di poche parole e invece da metà anno amavano già le storie più complesse e ogni volta che si chiudeva l’ultima pagina del libro risuonava forte e all’unisono la parola “Ancoraaa”.
Conto “Uno, due, due e un quarto, due e mezzo, due e tre quarti… T… R… E!” e con la mano silenziosamente faccio il gesto di chiudere la bocca come se avesse una zip. Funziona. C’è silenzio. Mostro il libro che tengo in mano, seduta su un comodo sgabellino in legno che aiuta a mantenere una corretta posizione della schiena e i bambini guardano con occhi incuriositi e la loro espressione dice “Apri… Leggi”.
Così apro la prima pagina. Le illustrazioni pulite e dirette, dai colori accesi, colpiscono e sono di immediata comprensione anche per i più piccoli. Una grande montagna verde al centro delle due pagine, a destra un mostro rosso, a sinistra uno azzurro. Entrambi seduti di spalle e di profilo.
I bambini adorano i mostri purché non facciano troppa paura. Ci deve essere sempre il giusto compromesso, ossia avere le caratteristiche fisiche da mostro, ma l’espressione sufficientemente buona per non spaventare.
“C’era una volta…” comincia così, nella maniera classica che tanto piace e rassicura i bambini che capiscono che stai raccontando loro una storia.
Quindi, una grande montagna e due mostri, uno abita da una parte, uno dall’atra. Tra di loro non si sono mai incontrati, ma si possono parlare attraverso un buco. Interessante.
Un giorno però cominciano a disquisire, hanno visioni diametralmente opposte rispetto allo stesso argomento, ossia, uno dice “guarda che bello, il giorno se ne va” e l’altro che ovviamente controbatte “ma no, è la notte che arriva, sciocco!”. Cominciano così anche queste piccole “parolacce” che fanno tanto sorridere i bambini e che solitamente gli adulti non dicono, per non dare il cattivo esempio ai bambini si intende.
Così allo “sciocco” detto da uno risponde l’altro con uno “scemo”.
E i toni della voce si alzano e la lettura ad alta voce lo rende benissimo.
L’attenzione dei bimbi è in pugno, sguardo fisso, orecchie aperte, curiosità che attende con trepidazione la pagina successiva.
Così i mostri si arrabbiano e dormono male, ma non contenti l’indomani continuano ed ecco un “testa di rapa” e un “cervello di gallina”. Dalla rabbia delle parole si passa ai gesti. E così il mostro rosso lancia una pietra. Seguono ovviamente altre pietre accompagnate da altrettante parole offensive eppure al tempo stesso divertenti che consentono al lettore da un lato di divertirsi, dall’altro comunque di riconoscersi nei gesti e quindi di ridere di sé.
Per tutta la giornata continuano a lanciarsi pietre, rocce, massi e continue e bizzarre offese fino a quando… la montagna comincia a cadere a pezzi. Così, per la prima volta, i due mostri si ritrovarono uno davanti all’altro e finalmente un po’ di silenzio. Finiscono i rimbalzi di assurdi improperi e all’improvviso i due mostri si guardarono negli occhi e si trovarono d’accordo: è giunto un nuovo tramonto.
Il mostro azzurro conviene che la notte sta arrivando e quello rosso che il giorno se ne sta andando. Il contrario del punto di partenza.
Proprio come accade nei grossi litigi, si urla, si alza la voce, alcune volte anche le mani e non ci si ascolta per niente. Non si sa nemmeno se si sta dicendo la stessa cosa o come accade spesso se si ha ragione entrambi.
E così i due mostri si ritrovano uno accanto all’altro davanti a un ammasso di sassi e il commento finale è bellissimo “Ci siamo divertiti” ridacchia il mostro azzurro, “Vero, peccato per la montagna” controbatte il mostro rosso. La cosa che mi piace di più è che questa battuta, questa sottile ironia, la capiscono anche i piccoli e ridono. Sono soddisfatti perché hanno capito! Fantastico!
Chiudo il libro e… mi immagino un coro di vocine che dicono “…un altro!”.
Il litigio al nido che a me “piace” di più e che coinvolge tutti dai “piccolissimi” ai cosiddetti “grandi” di quasi tre anni non è, come magari molti si immaginano, la classica contesa del gioco ma la contesa della mamma, unica e insostituibile. Durante il momento del pasto, momento del dialogo per antonomasia, a tavola una bimba se ne esce dal nulla dicendo “È mia mamma!”, controbatte la vicina che all’improvviso smette di mangiare e dice con convinzione “No! È MIA mamma!”. Segue il classico battibecco del “mia” e “mia”. Vedo già che altri bambini stanno per intervenire. Prima che la cosa degeneri allora intervengo e chiedo alla prima bambina: “Scusa, come si chiama la tua mamma”, risponde “Maria” e alla seconda “E la tua?”, “Valentina”. “Allora la tua mamma è solo tua e si chiama Maria e la tua si chiama Valentina, Ok?”. Bene, svelato l’arcano, pace fatta, si può tornare serenamente a mangiare e a parlare di mostri, draghi, fate e dinosauri.
Ecco… siamo inaspettatamente giunti a conclusione di questa rubrica.
Non frequentando più i bambini della fascia 0-3 anni non me la sento di continuare a raccontare la mia esperienza rivangando tra episodi passati di letture al Nido. Per una sorta di lealtà e onestà a priori so già che non riuscirei a raccontare qualcosa di sconnesso dall’esperienza concreta. Non lo troverei corretto nei confronti di voi lettori in primis, poi per i bambini e per me.
Non mi resta quindi che salutarvi affettuosamente e con il sorriso.
Ma tranquilli… datemi ancora un po’ di tempo… vado a prepararmi la “cartella” e torno. Credo proprio che assieme all’astuccio, ai quaderni, alla merenda e al sussidiario metterò anche “un libro in cartella” ;-)… non si sa mai, può sempre tornar utile.