Di qua e di là del mare. Rime migranti di Carlo Marconi

So come mi chiamano ma non come mi chiamo,

il nome l’ho smarrito senza sporgere reclamo,

dimoro in una stanza come merce in magazzino:

buongiorno a tutti, sono clandestino.

Ho seguito le rime migranti di Carlo Marconi sin dalla loro nascita, ho atteso sperando di vederle riconosciute e pubblicate. Da qualche giorno finalmente sono a disposizione di tutti, in libreria, non si chiamano più rime migranti, adesso sono libro e si chiamano Di qua e di là del mare e sono state edite dalle edizioni del Gruppo Abele.

illustrazione di Emanuela Bussolati per “Vattene”

Di alfabeti ne abbiamo visti tanti, più o meno belli, tanti straordinari e molti indifferenti, l’alfabeto messo insieme da Carlo per raccontare ai bambini la realtà dei migranti è un alfabeto speciale da imparare a memoria.

A Addio

B Barcone

C Clandestino

D Deserto

E eroe

F Fuga

G Girotondo

H Home

I Idea

L Lingua

M Mare

N Naufragio

O Ospite

P Parola

Q Questura

R Rispetto

S Straniero

T Telegiornale

U Uguale

V Vattene

Z Zattera

21 filastrocche che su filo di verso raccontano empaticamente cosa voglia dire trovarsi straniero in terra lontana, rischiare la propria vita per la speranza, affrontare il mare e la vita che spesso diventa morte. Ogni filastrocca è un piccolo mondo a sè, come ogni poesia, ma tutte insieme ci dicono l’umanità. L’umanità che si mette in viaggio, che migra in cerca di un luogo dove essere più umani; ma anche l’umanità di chi questi viaggi e queste vitte sente il preciso dovere di dover raccontare.

illustrazione di Beppe Conti per “Questura”

Per il maestro Carlo Marconi l’impegno civile è un proprio preciso dovere nei confronti dei suoi alunni e di tutti i bambini, l’avevamo già visto con le filastrocche de Lo stato siamo noi che ci portavano in punta di rima dentro il senso profondo dei principi fondamentali della nostra costituzione. Ora queste rime che ci traghettano di qua e di là del mare sembrano nascere da una costola di quello Stato che siamo noi, dalla filastrocca dedicata alla cittadino e al diritto di cittadinanza per esplorarlo nei suoi sensi lati.

Illustrazione di Gabriele Pino

Le rime di Carlo non mi piacciono perchè trattano di cose che credo sia fondamentale trattare con i bambini, ma mi piacciono perché ci riescono in forma letteraria, poetica, di filastrocca che mette insieme lavoro di lima, lavoro di lingua e contenuto. Metriche precise e versi liberi si alternano perché ogni parola segue la sua sonorità, ogni filastrocca mette in scena un ritmo proprio.

Allo stesso modo ogni filstrocca è stata accompagnata da un’illustrazione diversa, le edizioni del Gruppo Abele, a cui va senz’altro il merito di aver avuto il coraggio di pubblicare queste filastrocche, hanno voluto accostare ad ogni parola un illustratore o illustratrice diversa, ciascuno ha interpretato a proprio modo le parole. Illustrare la poesia è compito assai arduo e i risultati delle tavole sono diseguali ma anche questo in fin dei conti contribuisce a fare il senso di movimento, di molteplicità di umanità che si muove in queste rime migranti. Un faro di Gianni de Conno illumina la fine del libro, dei bambini di Emanuele Luzzati ci accompagnano verso i risguardi del libro.

Tutto confluisce per farci attraversare il mare, senza risparmiarci la paura, il dolore, il pensiero, l’apprensione, ma portandoci sempre in salvo.

Queste rime migranti, è anche questo il loro valore, sono rivolte innanzitutto a bambini e bambine che devono accudire e custodire la speranza, dal mare, dalla guerra, dal buio, si esce, sempre.

Questo il faro, che per me è anche il faro della lingua, della poesia, della letteratura che può magicamente farci vivere le vite degli altri per non essere cittadini indifferenti dei nostri diritti e doveri perché i bambini sono GIA’ cittadini a pieno diritto e la differenza tra essere umano che ha diritto di esistere in un posto e clandestino è bene che con la dolcezza della lingua e la cura della rima la imparino.

La prima forma di spersonalizzazione, quella ci permette di non vedere persone ma numeri e numeri che diventano problemi, che non sono più persone, è l’eliminazione del nome. La filastrocca Clandestino, il cui inizio è qui in apertura, è senza dubbio quella che a me parla di più, il considerare un uomo, una donna o un bambino clandestini sulla faccia di questa stessa Terra resta per me la vera ingiustizia. Un’ingiustizia paradossalmente legalizzata.

Sulla priorità dell’accoglienza e della narrazione delle vite migranti stiamo iniziando a lavorare sempre di più e con questo libro, così come con altri, lavoreremo come strumento letterario prezioso nelle scuole che lo vorranno. Molte cose germogliano nella terra di teste fiorite dedicate ai migranti e non vedo l’ora di raccontarvele, intanto facciamo girare queste filastrocche che facciano il loro mestiere!

Carlo Marconi ha chiesto anche ad alcuni attori e personalità di recitare queste filastrocche, da qualche giorno sta girando questa bella lettura di Moni Ovadia, spero altre verranno pubblicate.

P.s. noterella criticona, forse la copertina avrebbe potuto dirci qualcosa di più.

 

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