I libri oggetto. Incontro ravvicinato con la lettura
I libri oggetto. Incontro ravvicinato con la lettura
Così ho voluto intitolare il mio intervento alla seconda giornata di corso L’autismo nella scuola dell’infanzia dedicato all’oggetto autistico presso la Fondazione Martin Egge di Venezia (per informazioni [email protected])
Io mi occupo di libri e letteratura, non di autismo né di altro, e tuttavia ritengo che avere un bagaglio bibliografico da portarsi sempre con sé quando si ha a che fare con bambini e ragazzi sia sempre un’ottima risorsa, una possibilità in più per agganciare l’interesse, la stereotipia, anche, se penso ad un bambino autistico.
Come sapete una delle mie fissazioni è quella di ritenere che non esistano libri per qualcuno in particolare, libri per bambini disabili, libri per bambini neurotipici. Esistono dei libri che parlano o raccontano di bambini e ragazzi speciali e la maggior parte si tratta di libri che non c’entrano il segno: non si fanno leggere dai destinatari, rispecchiano un’ottica e una prospettiva adulte, lontane dal piacere della lettura pura. Qualcosina l’ho scritta anche qui e qui se vi va di andare a riprenderla.
Dunque NON mi occuperò di libri “speciali” o di libri a tema la cui qualità può lasciare a desiderare.
Mi occuperò invece di libri “usati” in maniera da poter accogliere ogni tipo di lettore, anche quello autistico; e delle potenzialità inventive linguistiche che generano narrazione.
Dunque il primo focus sarà sui “libri oggetti” ovvero sulla proposta di quelle tipologie di libri che sostanziano la propria essenza nella loro stessa forma: libri che hanno vari materiali (soprattutto cartonati, ma penso anche ai Prelibri di Munari), libri che giovano con la loro stessa forma e che permettono ai bambini di interagire fisicamente con questo oggetto speciale con le pagine.
Pensiamo, ad esempio, a i libri che hanno parti tattili sa “seguire” tipo Cammina manina di Pietro Formentini e Gloria Francella (Panini)
o Dammi una mano di Teresa Porcella
libri in cui è necessario che il bambino interagisca con le proprie mani altrimenti la narrazione non esiste. L’avere un oggetto che media il contatto può essere una buona idea per accogliere una lettura che preveda anche bambini autistici.
Ancora, ce ne sono diversi di questi libri che richiedono un intervento attivo del lettore. Hervè Tuller, ad esempio, è maestro in questo. I libri che creano ombre, che si illuminano al buio, che animano le dita sono il suo forte ma il top lo raggiungiamo con Un libro, un libro di pagine di carta in cui la digitazione e il lo sbatacchiamento del libro producono un reale movimento all’interno del libro. Basta stare al gioco del movimento ed è fatta!
Anche i libri tattili che fanno sperimentare le sensazioni possono essere davvero interessanti per questo tipo di utilizzo. Tra questi un libro davvero importante che ha anche cambiato, secondo me, un po’ la concezione di questo tipo di libri che si trova anche in forma molto commerciali, è Il mio ippopotamo in cui a liscio/ruvido e altre categorie a portata “di mano” si introducono concetti straordinari e straordinariamente oggettivati dalle immagini come: presente/assente positivo/negativo ecc.
Ma se invece del libro per oggetto scegliamo la VOCE avremo delle possibilità straordinarie con libri e narrazioni che con la voce ci giocano: inventano suoni o li danno alla realtà, generano una mediazione vocale tra l’incontro della realtà e del lettore. Ancora un volta non si può non nominare Tullet e il suo geniale Oh! Un libro che fa dei suoni: un libro che suona solo se la voce del bambino lo fa suonare! Altro che quei terribili libri sonori che rifanno i versi!
Se proprio vogliamo versificare (nel senso di fare i versi) allora facciamoli fare ai bambini, facciamoli anche insieme a loro con libri che diano loro lo spazio di azione, penso, ad esempio a Lupo in versi di Eva Rasano (Bacchilega Junior)
o all’ormai classico e intramontabile L’uccellino fa… di Soledad e Bravi (Babalibri).
Non servono effetti speciali o sonori, la realtà e l’invenzione letteraria sono più che sufficienti per accogliere i bambini.
Ma dal versificare versi di animali o di altre cose è un attimo passare alla versificazione delle parole, alla filastrocca, alla creazione linguistica che parte da una parola e, anche sull’onda del nonsense, ci porta nella creazione narrativa. Le filastrocche possono essere straodinarie da questo punto di vista ma anche, il gioco libero con i suoni delle parole che, se poi approdano da qualche parte, ci danno il destro per introdurre la narrazione adatta al momento, alla parola.
Con la parola, come con la visione delle immagini (come delle nuvole), è bello giocare, immaginare l’inimmaginabile, vedere ciò che gli altri non vedono. Ed allora a volte basta giocare con la lingua e creare parole nuove proprio come artisti come Massimiliano Tappari con oggetti o dettagli di poco conto costruisce mondi paralleli.
Sto ragionando per la fascia d’età della scuola dell’infanzia, a cavallo tra i 3 e i 6 anni, l’età in cui tutto è possibile, in cui tutto va guardato e indagato, dalla quotidianità delle routine alle possibilità più incredibili. Per accompagnare i bambini nell’una e nell’altra possibilità e in tutti i gradi di realtà di mezzo, i libri sono compagni privilegiati. Sanno assecondare e anche suggerire, accompagnare e divertire e spaventare quando serve, per ognuno secondo i suoi propri bisogni dicendo cose sempre diverse anche quando il libro è sempre lo stesso.
E se ci sono dei libri in cui questo potere di essere reinventato ad ogni lettura da ciascun lettore è fortissimo, quelli sono i libri senza parole, i silent che possono essere narrati ogni volta in modo diverso o, semplicemente taciuti permettendo che ogni mente nel silenzio carichi le immagini delle parole che sente dentro.
Ecco, un po’ di tutto questo parleremo insieme il 10 marzo nel pometiggio dopo aver seguito le possibilità di gioco motorio e musicale con l’oggetto doppio mediatore. Leggeremo e ragioneremo di libri e se chiedete il perché l’unica risposta che ho è sempre la stessa.
Avere un bagaglio bibliografico sempre addosso, come la chiocciola per la lumaca, è avere una grande possibilità in più.