Gli scrittori per bambini e ragazzi e la critica

Un articolo di Luigi Ballerini di domenica 18 marzo su Robinson mi ha riportato alla mente una ricerca e qualche riflessione che cominciai a fare qualche anno fa sul rapporto autori per l’infanzia-critica critica-autori per l’infanzia.

Ballerini da par suo ragiona lucidamente su un problema molto presente e molto reale: gli scrittori per bambini e ragazzi sono mezzi scrittori perché scrivono per mezzi-lettori?

La questione è importante perché più e oltre alla dignità letteraria qui si gioca la concezione e la cura e soprattutto il rispetto con cui si pensa all’infanzia e all’adolescenza.

Mi è venuta però in mente anche l’altro lato della medaglia con cui spessissimo entro in contatto: essendo io una che legge e recensisce libri e ragiona su di essi spessissimo mi viene chiesto di leggere testi illeggibili, mi capita di ricevere mail di presunti scrittori che i dicono che, nel frattempo, prima di prendere il coraggio di scrivere per adulti, si provano con la più facile (pensano loro ingenuamente) scrittura per bambini.

Il problema, visto dall’altro lato, resta il medesimo, mi pare: che idea abbiamo dell’infanzia e di ciò che le dobbiamo?

Qualche anno fa ho avuto l’occasione di porre un paio di domande critiche ad una quarantina di autori per bambini e ragazzi e vorrei condividere con voi alcune riflessioni. Le domande erano relative alla concezione critica del proprio lavoro e d’altro lato sulla percezione dell’importanza della critica letteraria nel settore di riferimento.

Le domande erano queste:
1) La critica letteraria è tradizionalmente poco incline ad occuparsi di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza: a Suo avviso ciò accade per ragioni specifiche? Se sì, quali? E, soprattutto, crede che un atteggiamento diverso da parte della critica letteraria sarebbe auspicabile ed utile per dare alla letteratura per l’infanzia e l’adolescenza ugual peso e valore rispetto alla letteratura generalmente intesa?

2) Il profilo del Suo lettore immaginario coincide, secondo Lei, con quello del Suo lettore reale? O come immagina l’uno e l’altro?

Volevo tentare così di comprendere e valutare da un lato la percezione che gli autori ricavano dall’esterno della critica letteraria e, dall’altro, la cognizione teorica che essi stessi hanno del proprio lavoro.
Si è trattato di un lavoro che ha offerto diversi spunti di riflessione perché ha fatto emergere una certa non precisa competenza critica.
Spesso il confine tra critica e divulgazione giornalistica risulta confuso, dato che la recensione dei libri viene spesso sovrapposta al ragionamento critico-teorico.

Se da un lato, dunque, la critica letteraria si occupa poco o niente della letteratura per l’infanzia, dall’altro sembra quasi che chi intenda dedicarsi alla letteratura per l’infanzia in qualità di autore, o aspirante tale, tenga poco in conto tecniche e teorie critiche quali strumenti del mestiere.

In qualche modo mi pare si sia creato un circolo vizioso che allontana la critica e gli studiosi di letteratura dai testi per bambini e ragazzi, mentre sarebbe fondamentale sviluppare studi sia per rilevare tendenze meritevoli di attenzione, sia per analizzare le tante eccellenze del settore. E con questo mi riferisco non agli studi in ambito pedagogico didattico, ma prettamente e squisitamente letterario.

Forse la percezione diffusa che la letteratura per l’infanzia sia una letteratura del qui e ora non consente di assumere una prospettiva critica di lungo periodo e non le fa acquisire spazio e tempo tali da poter concedere una distanza critica adeguata, non per la valutazione della singola opera, ma del movimento dell’intero sistema letterario nel tempo. L’occhio critico in prospettiva storica, tuttavia, non implica un’assenza di lettura critica nell’immediato: chissà quanti degli scrittori “per adulti” del Novecento resteranno nella storia della letteratura, eppure ad alcuni di essi si dedica giustamente l’attenzione che la critica ritiene di dover loro attribuire.

Al contrario, nel caso della letteratura per l’infanzia, sembra che ai libri per bambini e ragazzi non venga concesso più tempo che ai loro lettori: si è bambini, persone piccole, “solo per un po’” e così i libri ad essi destinati sono libri, in senso pieno, “solo per un po’”.

Bisognerebbe invece porre mente al fatto che scrivere per bambini e bambine, per ragazzi e ragazze, implica un intreccio di competenze letterarie generalmente più complesse di quelle della scrittura che si rivolge agli adulti, poiché le tecniche di scrittura sono destinate a mutare sensibilmente a seconda del lettore implicito a cui si rivolgono. Dino Buzzati, che non ha mai disdegnato, anzi, il rapporto con il lettore bambino scrivendo ed illustrando per l’infanzia, sosteneva a ragione che scrivere per ragazzi è come scrivere per gli altri, solo più difficile.

Passarono gli anni e proprio nell’ultimo anno di guerra, Emilio Radius, che dirigeva allora il «Corriere dei Piccoli» mi disse: «Perché non mi scrivi una storia per bambini coi disegni relativi? Dovresti saperci fare, io penso». La proposta mi piacque, ma scrivere per bambini è molto più difficile che scrivere per i grandi, i quali più o meno si sa come la pensano.

La scrittura per bambini e ragazzi, come ogni altra, ha le proprie regole e i propri strumenti che non oscurano la poetica, anzi, la esaltano in virtù di una tecnica usata per comporre testi letterari, esattamente come capita con qualsiasi ambito artistico si voglia prendere in considerazione.
Eppure chi aspira a diventare scrittore spesso si prova innanzitutto con libri per bambini ritenendo che questo richieda uno sforzo inferiore: ne derivano prove di nessun valore, che danneggiano la percezione della letteratura per l’infanzia e sostanziano il pregiudizio ad essa legato.

D’altra parte, capita anche che autori importanti per adulti scrivano per bambini con pubblicazioni edite e promosse dagli editori in virtù del nome da poter porre in lettere cubitali in copertina, ma la cui qualità non è detto sia dello stesso livello delle opere “per adulti”.

Scusate ma insisto su questo punto: per adeguare scrittura, linguaggio, contenuti ad un’età specifica di un lettore bambino o ragazzo è necessaria molta consapevolezza e preparazione specifica, forse di più che se ci rivolgesse ad un pubblico adulto. Quando, infatti, si ha a che fare con una “persona piccola” , si deve valutare l’impatto della narrazione su di esse e soprattutto comprendere e riuscire a modulare con gli strumenti più opportuni ciò che a quel bambino, in quel dato momento, serve immaginare per ridere, emozionarsi, riflettere: ovvero essere in grado di stipulare correttamente il patto autore-lettore per la sospensione dell’incredulità .

In Italia, come all’Estero sono presenti autori per bambini e ragazzi di grande valore letteraio, all’Estero indubbiamente molto più riconosciuti che in Italia, eppure di loro nei corsi di lettere di letteratura contemporanea non c’è traccia.

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