Tartarughe all’infinito di John Green

È certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere ciò che vuole.

Con questo aforisma di Schopenhauer si apre il nuovo libro di John Green Tartarughe all’infinito edito da Rizzoli.

Direi che tutto il senso del libro è davvero qui dentro: nel confronto con l’impossibilità di volere ciò che si vuole e di essere ciò che si vorrebbe essere. Come definire la propria identità e come essere sicuri che stiamo pensando dei pensieri tutti nostri se in ogni momento il nostro organismo è governato da una quantità di batteri e virus che in maniera subdola ma realissima influenzano i nostri ormoni, le nostre sinapsi ecc. ecc. e quindi il nostro modo di essere?

Questa è la domanza di Aza, la protagonista di questo libro che in prima persona ci porta dentro le paranoie, alla lettera, che la sua mente è in grado di elaborare e che non la lasciano libera di essere ciò che è o che vorrebbe essere per davvero neanche un secondo.

Aza ha sedici anni e da moltissimo tempo fa i conti, insieme ad una psichiatra s’intende, con le sue forme di autolesionismo praticate solo per essere sicura di essere sveglia e attiva e non in un sogno, e con il suo terrore di essere divorata dai batteri. Poco o nulla importa che Aza abbia sviluppato questa forma di dipendenza dalla parte “nera” di se stessa perché le è morto il padre o per altri motivi, Aza è così e con questa se stessa le tocca faticosissimamente di vivere.

Per fortuna la sua migliore e a giudicare dall’andamento del libro anche unica amica Daisy la sostiene e la trascina nella vita reale sfogando la difficoltà dello stare vicini ad Aza nelle sue famossissime fanfiction di guerre stellari. Dunque il romanzo ruota attorno ad Aza e a Daisy e ad un mistero che le metterà in contatto con una terza persona che in qualche modo interferirà con i processime paranoici della mente di Aza.

Alla scomparsa del migliardario di Indianapolis indagato per una serie di reati, ed in seguito alla ricompensa di 100000 dollari promessa a chi riuscirà a ritrovarlo le due ragazze (Daisy in verità, Aza la seguirà con poca convinzione nonostante sarà lei poi a risolvere il caso) decidono di tentare di risolvere il giallo sfruttando la conoscenza di Aza del figlio del migliardario scomparso.

Non vi racconto come andrà a finire, vi dico solo che Aza, grazie a Davis (il figlio del migliardario di cui si innamorerà, ricambiata) cerca una via di fuga da se stessa ma nemmeno l’amore avrà la forza di strapparla da ciò che il suo cervello continuamente rumina.

Molte, moltissime, sono le vicende che si intrecciano e si inseguono nella trama del romanzo che si offre ad una lettura intensa e coinvolgente, ma quello che mi preme sottolineare di questa narrazione giocata sulle due parti della mente di Aza è che questo, in qualche modo, è un romanzo sulla capacità e soprattutto sulla potenza della narrazione. Quando riusciamo a costruire sul reale, per il reale e oltre il reale con la nostra mente? E’ più vera la teoria dello scienziato che ci dice come si  formata la Terra e come sta su in orbita o il racconto che ci dice che siamo posati sul guscio di una tartaruga, che è posata sul guscio di una tartaruga e così via all’infinito?

Aza un dubbio ce l’ha: siamo uomini o narrazioni di uomini? Per questo ogni giorno si riapre la ferita sul polpastrello del dito, affonda l’unghia fino a vedere uscire il sangue, poi disinfetta la ferita in modo maniacale per non ammalarsi di setticemia. A volte è davvero difficile capire se siamo vivi o se siamo solo il racconto di qualcuno che è vivo.

Questo è un romanzo che ha tanti livelli di lettura: è vicinissimo, mi pare, alla capacità di sentire dei ragazzi e delle ragazze i cui sistemi mentali spesso si incastrano in giri vorticosi a spirale; ed è anche un romanzo sull’essere umano, sulle sue potenzialità e sulle sue carenze. L’aver bisogno di pensarsi continuamente per esistere, la necessità del raccontarsi in che parte lo mettiamo? tra le potenzialità o tra le carenze?

John Green è scrittore notissimo e amatissimo, basta fare in nome di Tutta colpa delle stelle e ci capiamo, la sua capacità di costruzione della narrazione e anche la scelta dei contenuti è davvero perfetta per quelli che immagino essere i suoi lettori impliciti che credo coincidano perfettamente con i suoi lettori reali.

Come venire fuori da se stessi? Come sopravvivere alla vita con la consapevolezza di essere in equilibrio su gusci di tartarughe all’infinito?

Aza sembra comprenderlo alla fine e speriamo il suo cervello le darà almeno una possibilità per farcela e liberarsi: la spirale non la puoi eliminare ma se da un lato si stringe portandoti ad essere governata dai tuoi pensieri che chissà da chi sono eterodiretti, dall’altra si allarga e si allarga all’infinito, basta (si fa per dire) invertire la rotta.

Dedicato a tutte le ragazze e i ragazzi che cercano disperatamente di volere ciò che vogliono.

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