Claude Ponti
Ogni volta che ho tra le mani un albo di Claude Ponti mi riprometto di ragionare sulla poetica di questo autore straordinario ma poi desisto. Certo ci vorrebbe un bel saggio pensato e studiato bene ma qui siamo in un blog si fa quel che si può ma, quello che si può, oggi mi sento di farlo.
Claude Ponti è un autore a tutto tondo che, salvo rarissimi casi (come La tempesta e Piccolo principe Puff) illustra e scrive le proprie storie e mi viene da pensare che non potrebbe che essere così. La poetica di questo autore francese la cui preparazione in archeologia si ritrova ampiamente nel gusto della costruzione di mondi da far scoprire al ricercatore, è infatti talmente legata a delle cosmogonie complesse che testo e immagine non possono che implicarsi a vicenda diventano uno la voce e l’interpretazione dell’altro.
Gli albi di Claude Ponti sono in Italia editi da Babalibri che sta pubblicando alcuni dei titoli usciti in Francia per l’école des Loisirs. Vi sono libri per i più piccini, 3 in particolare – Sul ramo, In fondo al giardino e In automobile – cartonati e con testi e illustrazioni meno articolate delle sue altre opere che invece spiccano anche per l’articolazione della trama, ma ci sono anche libri che sembrano delle vere cosmogonie in cui popolazioni di abitanti, i Tuim de La mia valle così come gli Zefirotti de La notte degli Zefirotti, vengono narrate nella loro esistenza più minima: la vita, la morte, il senso del loro agire, le avventure chi più ne ha più ne metta. Spesso, qui e lì, compaiono dei pulcini, piccole creature di cui la letteratura di Ponti è letteralmente infestata tanto da aver richiesto una sorta di enciclopedia dei pulcini in cui si dia conto della loro esistenza: I mille segreti dei pulcini.
Mi piacerebbe entrare nel dettaglio di ogni libro ma non mi pare questo il momento, magari seguiranno delle singole recensioni critiche a riguardo, ma quello che vorrei fare qui è di tentare di individuare dei minimi comuni denominatori dell’opera di Ponti e ve ne sono un sacco sia dal punto di vista della costruzione del libro sia dal punto di vista della costruzione delle storie.
Proviamo ad andare con ordine e vediamo cosa torna nei libri prima che essi inizino di fatto a narrare: copertine, retrocoperte e risguardi. Tutti gli albi di Ponti hanno sul retro un gioco grafico con i codici a barre, sembra una sciocchezza ma tale non è perché ci indica non solo di una cura estrema di ogni dettaglio del libro ma anche e soprattutto perché rivela sin da subito la volontà dell’autore di giocare con il lettore, di mescolare i piani di realtà e finzione: i personaggi della copertina che interagiscono col codice a barre dell’ISBN sono personaggi di finzione che, di fatto, escono dal libro per venire a “giocare” con l’elemento più realistico che il libro possa avere, quello che gli permette fisicamente di esistere sul mercato.
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Apriamo la copertina e ci accorgeremo che spesso e volentieri i risguardi ci accolgono iniziando a narrarci la storia o, ancora meglio, esplicitando i retroscena della storia: emblematici mi paiono i risguardi di Biagio e il castello di compleanno in cui la dedica, che inizia con la citazione dell’apertura della Recherche proustiana, viene accerchiata da tutti i personaggi che compaiono citati a livello iconografico nella tavola della festa di compleanno di Violetta Candita. Se tutto l’albo è un inno alla letteratura per l’infanzia, al potere dei libri e delle narrazioni i risguardi sciolgono il segreto e pagano nella realtà un tributo di gratitudine.
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Se in tutti i libri di Ponti, anche in quelli per i più piccini sebbene in forma meno complessa, regna sovrana, in mezzo all’intreccio, o meglio agli intrecci, la volontà di nascondere riferimenti, citazioni e rimandi interni in cui perdersi per individuare di chi si sta parlando (gli uccellini nelle varie pose, i pulcini tutti diversi e tutti uguali ecc. ecc.) in Biagio e il castello di compleanno questo gioco si esplicita per quanto riguarda la componente culturale delle citazioni letterarie dirette. Mi è venuto in mente l’indice delle Città invisibili in cui viene esplicitato il rapporto matematico che governa l’ordine delle città e mentre tu ti eri perso nella lettura alla ricerca di un senso della struttura l’autore alla fine svela e solleva perché il lettore possa solo rilassarsi o giocare insieme all’autore a verificare che abbia detto il vero. Ponti mi pare faccia un po’ questo: richiama l’attenzione del lettore fino all’inverosimile e non solo per seguire il plot ma anche per seguire le tavole dettaglio per dettaglio mettendolo alla prova salvo poi, nel caso del castello di compleanno, dare la soluzione dell’enigma (ammesso di soffermarsi sui risguardi).
Proviamo invece a vedere quali sono gli elementi che ritornano, mutatis mutandis in tutte le narrazioni di Ponti, provo a schematizzare per gioco:
- attenzione spasmodica al dettaglio che si richiama pagina dopo pagina
- il continuo gioco con il linguaggio e le parole che porta all’invenzione dei nomi dei personaggi che siano davvero omen di ciò che sono i personaggi; invenzione di neologismi e si un lessico specifico che più che con un lessico familiare sembra avere a che fare con una lingua specifica che l’autore condivide con i bambini storpiando in maniera logica e consequenziale termini della lingua corrente.
- il volo non può mai mancare: moltissimi personaggi volano magari anche senza avere le ali, in tutti i mondi di Ponti la possibilità della leggerezza del peso, della sovversione delle regole fisiche non può mancare e penso, tra l’altro, agli Zefirotti che mantengono gonfiato il nostro mondo che viceversa si affloscerebbe come un palloncino sgonfio. Il mondo degli Zefirotti, pur essendo sotto terra, ha cielo, aria, vive e dà aria, letteralmente.
- la morte non può mancare. Se i mondi di Ponti sono mondi di cui l’autore pensa e struttura la logica e le regole in ogni dettaglio allora affianco alla spiegazione della nascita ci deve essere sempre quella della morte. In effetti gli Zefirotti muoiono dopo 700 sonni e ogni sonno arriva dopo centinaia d’anni, i pulcini sono propriamente immortali, ma i Tuim, per esempio, invece muoiono e un capitolo de La mia valle è proprio dedicata ai cimiteri di queste creature. Insomma l’archeologo Ponti lo sa perfettamente: ogni civiltà si racconta nel culto dei morti e nel rapporto con la morte e i Tuim così come gli Zefirotti e, a loro modo, i pulcini, rappresentano delle civiltà complesse.
- La costruzione narrativa di Ponti è fatta per ipergerminare storie. Si aprono in continuazione possibili ipotesi narrative abbozzate e in caso abbandonate se non servono al momento ma i personaggi sembrano essere tutti individui a tutto tondo che, volendo, avrebbero a loro volta molto da raccontare. Chissà se qualcuno ha mai pensato di disegnare delle fanfiction di queste decine e decine di narrazioni ipotizzate e non realizzate dall’autore.
- L’elemento perturbante, specie là dove compaiono i pulcini sembra essere molto forte, almeno quando a leggere sono gli adulti. C’è qualcosa nei pulcini di assurdo ma al tempo stesso di realistico che può mettere in difficoltà: se per Freud il perturbante è quel qualcosa di diverso da noi in cui però vediamo riflesso un lato di noi sopito o non riconosciuto che inconsciamente ci si rivela, i pulcini sembrano fare questo ma, se dovessi provare a dire che cosa sta sotto questo effetto che provocano i pulcini, direi che forse è la reminescenza lontana (per l’adulto) dell’infanzia. I pulcini sono immagine d’infanzia: la loro logica rigida quanto assurda, la forza della loro individualità e anche la possibilità di diventare altro da sè mettendo la maschera di Biagio mi sembrano metafora, anzi similitudine perfetta del mondo infantile che dappertutto attraversa l’opera di Ponti anche là dove sembra non esserci ( nel Catalogo dei genitori per i bambini che vogliono cambiarli Biagio e i pulcini non ci sono, dentro, ma girate il libro e provate a vere dove si nasconde il codice a barre!)
- La costante presenza dei libri e della lettura quali semplici espedienti grafici ma soprattutto usati in senso metanarrativo e di veri e propri espedienti cosmogonici.
Le mie storie sono racconti ambientati nel meraviglioso che parlano di vita interiore, di emozioni e di infanzia così che ogni bambino abbia la possibilità di leggere ciò che vuole nelle illustrazioni: in questo modo, i personaggi e i sogni diventano i suoi
Questo è quando Ponti ha dichiarato sulle sue storie, sintesi in cui e da cui forse non si intravede tutto il lavoro che i libri sottendono e che in realtà ogni mondo sottende. Ponti fa le cose molto ma molto sul serio, ogni libri ha la sua logica, le sue regole, i suoi abitanti ecc. ecc.
La poetica di Caude Ponti in definitiva mi pare possa essere portata ad esempio, oltre che per l’immensità della letteratura per l’infanzia che qui ha uno dei suoi picchi più alti secondo me (vedasi anche l’alleanza tra autore – pulcini – e bambini lettori contro il mondo adulto); per l’insieme di elementi postmoderni. I libri di Claude Ponti sono un’enciclopedia del postmoderno che si esprime però nelle sue potenzialità migliori. Tra gli elementi tipici di questo meme delle narrazioni contemporanee, in ogni codice, riconosciamo la soglia liquida tra mondo reale e mondo fantastico; la presenza del lettore interno alla storia a cui si chiede in continuazione una collaborazione attiva e creativa; l’ipergerminazione di storie dalla stessa storia; l’ipercitazionismo; l’uso metanarrativo dell’oggetto libro e potrei andare ancora avanti ma qui mi fermo perché mi riservo di dedicare al postmoderno un post ad hoc un pochino ragionato con calma.