Thornhill
Quando mi è capitato tra le mani il librone nero di Thornhill di Pam Smy, Uovonero edizioni, essendo la copia di una biblioteca, mi è saltata subito all’occhio una cosa: aprendo la copertina, nei risguardi bianchi in matita era annotato dal bibliotecario la parola “BULLISMO”.
Ho pensato: speriamo nessun ragazzo lo legga.
E da qui vorrei partire per raccontare questo libro particolare e bello, sorprendente tanto per l’aspetto esteriore che per l’andamento narrativo. Siamo in un giallo noir, se vogliamo cercare di trovarvi un genere, ma siamo anche in quel linguaggio a metà tra il romanzo, la graphic novel e non so bene cos’altro forse inaugurato da La straordinaria invenzione di Hugo Cabret. Ma potrete cercare di costringere questo libro in ogni tipo di genere e tipologia senza tuttavia riuscirvi perché, come tutti i libri che hanno qualcosa da dire, una storia da raccontare, Thornhill non si lascia acchiappare.
Allora partiamo dai punti fermi e iniziamo da una citazione del grande Philip Pullman che in due righe sintetizza la banalità, se vogliamo, della trama di questo libro, e al tempo stesso, o forse proprio per questo, la sua grande forza.
In un certo senso è la classica storia inglese della ragazza-sola-e-del-giardino, nella tradizione di Frances Hodgson Burnett e Philippa Pearce; in un altro senso è una storia di fantasmi; in un altro ancora paga tributo al genere delle case-sinistre-e-oscure, il cui esempio più famoso è Psycho di Hitchcock. Ma è anche una storia di amicizia e coraggio e sul potere delle immagini in bianco e nero. Penso sia fantastica.
Siamo in un libro che dalla copertina all’ultima pagina è infarcito di citazioni più o meno dirette a tutta la tradizione noir del cinema e letteratura inglese, i richiami ai classici ci sono tutti, se volessimo fare per gioco un ipertesto di questo libro ci metteremmo giorni, probabilmente.
Ma non è questo il gioco che noi vogliamo giocare con l’autrice e tanto meno i ragazzi che di questo ipertesto possono cogliere davvero minime tracce. Il gioco che invece vale la pena di giocare con l’autrice è quello della paura, della sperimentazione, attraverso questa scrittura così “plastica” di quel sudore freddo che ti gela nel letto al risuonare di un minimo frusciare di passi.
Le storie di Ella e Mary – vite vissute a 25 anni di distanza, Mary scrive il diario che leggiamo nel 1982 Ella trasloca di fronte all’orfanotrofio di Thornhill dove ha vissuto Mary nel 2017 – si incontrano e quasi simpatizzano in un tempo indefinito, il tempo del dolore, forse, o quello della paura, anche. Della dimensione spazio-temporale della storia solo lo spazio resta fisso ed è in qualche modo il protagonista della narrazione: la cara nera di Thornhill che così tanto ricorda quella di Psyco. Tutto il resto muta, o meglio fluttua: il tempo è indefinito, il lettore non ha appigli nella narrazione che parte in medias res, persino il libro sembra non trovare equilibri tra narrazione scritta e visiva. Un’alternanza squilibrata e molto ben costruita tra le pagine di diario che raccontano di Mary e di lei, la ragazza che con la sua presenza e i suoi scherni terrorizza Mary, le doppie pagine completamente nere e le pagine di sola illustrazione di Ella che scopre e incontra mano a mano, come il lettore, la storia della vita della sua coetanea di tanti anni prima.
La costruzione della narrazione, scopriremo solo alla fine, è circolare. Non svelerò mai la conclusione ma preparatevi ad essere sorpresi ancora una volta e, soprattutto, a reggere una chiusura non a lieto fine, non solare nè gioiosa.
A Thornhill una cosa è certa, non sono ammessi raggi di sole così come non è ammesso colore nel libro. Tutto è cupo e angoscioso, quando non pienamente pauroso. Certo, c’è il tema del bullismo, della perdita dei genitori, della solitudine, dell’inquietudine esistenziale tipica dei ragazzi ma non è questo che conta del libro. Qui c’è una scrittura salda e che non ti molla più incollandoti col sudore freddo, una costruzione originale delle immagini che parallelamente ci raccontano la storia di un secondo personaggio che tuttavia non ci viene presentato mai a parole. C’è insomma un buon libro che i ragazzi a cui piacciono le storie forti ameranno e che con buona probabilità farà storcere il naso a parecchi adulti tra insegnanti e genitori.
Vi lascio con questa immagine criptica che come tale arriva un po’ anche al lettore benchè all’altezza di questa tavola il gioco narrativo tra parole e immagini si è già svelato… il che non toglie in nessun modo la sorpresa per le curve sorprendenti della trama.
Oggi qui splende il sole ma vi garantisco che se avessi ancora in mano Thornhill vedrei buio e sentirei piuttosto freddo alle ossa.