Noccioline – Gli strumenti del fumetto: il Baloon

Il mese scorso abbiamo aperto un fumetto e analizzato la tavola nel suo insieme, con le sue vignette o senza.
Oggi si” zoomma” un po’ di più per vedere che ci sta dentro questa vignetta insieme ai disegni.

Il balloon classico è quello che vediamo ovaleggiante con una linguetta diretta verso chi parla e riempito di parole. Ma lo stesso “baloon classico” come ce lo immaginiamo noi, non è nato così, ma ha subito evoluzioni e deformazioni.

Primi tra tutti, se andiamo a vedere i primissimi fumetti considerati tali, non vi troviamo nessun palloncino parlante. Da un lato Yellow Kid esprime ciò che vuole dire tramite scritte che gli compaiono sulla sua larga tunica gialla. Una Trovata come un’altra per poter introdurre le parole in delle immagini sequenziali. Altri metodi potevano per esempio essere quelli di inserire il testo sotto l’immagine, come in [trova titolo], tecnica che poi viene ripresa molto in seguito.

Ci è voluto del tempo perché le parole passassero da essere relegate sotto la vignetta ad esserne parte viva e integrante. Dico integrante perché la vignetta deve essere strutturata anche intorno a lui. Per esempio: quanto deve parlare il personaggio? Posso disegnare molti dettagli o mi toccherà coprire tutto con il baloon perché il protagonista sta per fare una lunghissima congettura in poco spazio? Ovviamente tutto questo va ragionato ed è necessario che la vignetta e la tavola risultino comunque visivamente equilibrate anche con i baloon.

Con gli anni il baloon non è diventato solo un lenzuolo su cui piazzare le parole, ma un mezzo di esprimere ed intensificare le emozioni di chi parla. Un classico “alla topolino” sono le nuvolette per il pensiero, il tratteggio per rappresentare il bisbilgio o ancora lo zig zag per rappresentare le URLA! Dico classico perché ormai sono convenzioni basiche che sono comprensibili quasi da chiunque. Insomma, le parole sono passate da stare in punizione fuori dalla vignetta ad essere malleabili ed espressive. A discrezione di ogni autore i baloon hanno preso le forme più assurde: si sono sciolti, rimangono vuoti o si incrociano tra di loro creando caos.

Fin qui tutto bene: dialoghi nettamente separati dal resto, diretti verso chi parla, nessun problema di comprensione. Come ho già detto però, il fumetto si è evoluto e continua ad evolversi proprio grazie a chi pensa fuori dagli schemi. Ed ecco infatti che autori come Will Eisner si sono chiesti cosa sarebbe potuto succedere a lasciare le parole sospese a mezz’aria, fluttuanti, nessuna separazione dal paesaggio e nessun font standard. Un bel cambiamento per l’editoria, ma anche per il pubblico che non sapeva dove collocare né che farsene di questo fumetto in tutto e per tutto “diverso”. Per esempio tradurre e sostituire il testo in un altra lingua diventa molto problematico e macchinoso, senza contare il fatto che le parole sono scritte in modo diverso ogni volta: più spesse, più grandi…

Ora come ora, sono state spalancate del tutto (forse) le porte delle possibilità. Chi non usa i baloon, chi scrive a mano sopra i suoi disegni, ma anche chi ancora si mantiene nel canone lavorando lo stesso brillantemente. C’è anche chi i dialoghi proprio non li usa: esistono anche fumetti muti, un po’ come i silent book. Anche l’uso del font, con il migliorare della tecnologia, è cambiato e cresciuto. C’è molta più scelta nei colori e nelle forme e in più è molto più facilmente imitabile la scrittura di un’autore per creare un font a doc.

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