Noccioline – La Rivoluzione dei Gelsomini

La rubrica “Noccioline” esce ogni martedì ed è dedicata al fumetto e alla graphic novel ed è a cura di Benedetta Morandini testa fiorita.

Lo ammetto, ogni tanto discrimino un po’ di fumetti dalla copertina: ma non so che farci se secondo me debba esserci un certo standard di capacità di disegnare per potermi convincere davvero. Questo povero fumetto era finito proprio nella categoria “mi sa che si poteva fare di meglio”.

La verità è che ora che per caso mi è capitato in mano, devo ricredermi. Non è che i disegni siano migliorati, ma leggendo la storia, risultano molto meno pesanti di quello che credevo e soprattutto la storia li fa sembrare più azzeccati.  Del resto Becco Giallo non delude mai quando si tratta di fumetti biografici o autobiografici legati a tematiche di attualità.

La Rivoluzione dei Gelsomini, edito da Beccogiallo è un fumetto che tratta la situazione della Tunisia vista da una bambina, Takoua Ben Mohamed, l’autrice, che ci racconta la sua storia dall’Italia, dove è cresciuta. Viene fornito sempre un quadro generale di comprensione del contesto, ma quello su cui viene posto il focus è la forza con cui la sua famiglia e gli abitanti della città hanno resistito a questo regime di oppressione.

Un padre costretto a fuggire in Italia perché ricercato, uno zio che entra ed esce dalla prigione e una madre che lotta ogni giorno affinché i suoi figli possano mangiare e stare al sicuro.
La figura materna è il personaggio piu forte rappresentato, proprio perché è stato l’unico riferimento genitoriale per la protagonista, che racconta di non ricordare molto del padre, partito quando era piccola.

Il punto di vista è quindi strettamente interno, legato alle emozioni provate in un contesto di tale sofferenza. Fa sorridere infatti, come, alla partenza dell’intera famiglia dalla Tunisia grazie al ricongiungimento familiare, la maggior preoccupazione della protagonista sia l’essere costretta a lasciare il suo gatto, poiché era ovviamente impossibile portare un animale in un viaggio del genere. Una visione molto semplice ed ingenua dell’immigrazione, ma a mio parere molto significativa.
È chiarissimo da come ne parla, che il gatto non è semplicemente un capriccio, ma una necessità, un pilastro nell’identità della protagonista, che le ha permesso di comprendere concetti come l’interazione con gli altri e l’accudimento. La guerra e l’oppressione le stavano strappando dalle mani il suo animale che era un po’ la sua “coperta di Linus”.

Il racconto prosegue fino all’arrivo in Italia, permettendo al lettore di seguire la famiglia in tutto l’escursus migratorio, fino alla vita vera e propria nel nuovo paese, dove nonostante siano stati accolti, non mancano discriminazioni e tentativi di inganni.

Purtroppo l’autrice è venuta a parlare a Venezia e causa Università, me la sono persa. Mi sarebbe piaciuto avere l’opportunità di conoscere meglio la sua storia e la scelta di raccontarla tramite il fumetto.

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