Noccioline – Storie del Barrio: la cruda verità

Era un po’ che non prendevo in mano qualche libro Tunuè (salvo Paco Roca, i suoi libri vanno sempre ripresi in mano) e invece questa settimana mi sono imbattuta proprio in un bel librone: Storie del Barrio.

Vincitore di diversi premi come il Gran Giunigi 2017 per la sceneggiatura e miglior fumetto al premio Palma di Maiorca, quello che ci troviamo davanti è un fumetto autobiografico. No, anzi non è un fumetto del tutto, alcuni capitoli sono solo di testo, quindi è un romanzo-fumetto autobiografico. Qualunque cosa sia, vi assicuro che è davvero una lettura intensa.

Essendo un fumetto di due autori, ci tengo a precisare che la vita di cui leggiamo è di Gabi Beltran, lo sceneggiatore, mentre il disegnatore è Bartolomé Seguì.
La scelta narrativa cade su un periodo specifico della vita dello scrittore, la sua adolescenza, il suo momento di crescita e  di cambiamento. In un contesto in cui non riesce a sentirsi mai davvero a suo agio, Gabi non fa che chiedersi come potrebbe andare via e dove potrebbe andare, ma la sua routine e le sue conoscenze abituali non fanno che richiamarlo al suo quartiere e al suo destino.

Infatti non vive in un luogo qualunque, ma in un quartiere, il Barrio, caratterizzato da violenza, prostituzione, alcol e droga. L’autore racconta diversi aspetti della sua vita in questo contesto, un contesto che non sente mai  che gli appartenga davvero.

Ciò che colpisce ovviamente è la quotidianità di questo ragazzo. Una vita alternata tra una madre nervosa e frustrata, una compagnia di amici violenti, alcuni persi ormai in questa vita, e le varie persone incontrate nelle sue disavventure. Realtà a mio parere davvero dure e probabilmente per me incomprensibili. Ho sempre amato la capacità dei fumetti e delle arti legate alla narrativa in generale, di inserire il lettore in contesti a lui estranei per fargli conoscere il mondo da una prospettiva completamente nuova. Ci sarà un motivo se la psicologia una in maniera massiva la letteratura e l’arte per spiegare la psiche umana! E così eccomi passare dalla mia poltrona ad una corsa forsennata in una macchina rubata per scappare dalla polizia.

Dal punto di vista narrativo il pugno definitivo nello stomaco a mio parere è dato dal fatto che diversi personaggi vengono presentati in maniera molto brutale: con la fine che faranno, in quel quartiere. Persone palesemente sole, con una grande necessità di aiuto, che cercano la loro sicurezza in atteggiamenti da adulti, gli adulti di cui hanno l’esempio, e in bravate.
Non si risparmiano neppure gli adulti che circondano il protagonista infatti, è davvero difficile sfuggire alla follia di una quotidianità che non ne lascia passare una. Il rischio è di soccombere.

Ciò che mi è piaciuto di più però sono le scelte narrative. Ogni capitolo racconta uno scorcio sulla vita di Gabi, non viene mai fornito davvero un quadro complessivo. I vari capitoli trattano semplicemente diversi aspetti, diversi incontri, tutto ciò che lo ha reso ciò che è, ma senza necessariamente un filo conduttore stretto. Alcuni sono semplici incontri che come arrivano se ne vanno.

A tutto questo si alternano della pagine di puro testo, legate molto poco al passato e molto più l presente. Infatti tra gli scorci di passato del protagonista ci vengono lasciate delle piccole parti di narrazione del ritorno di Gabi al Barrio, dopo decenni. Un presente che è probabilmente è mille volte più difficile da rappresentare di un passato con cui si è imparato a convivere. A mio parere il testo, essendo successivo, alle immagini del fumetto, risulta infatti molto più nebuloso e difficile da rappresentare. Mancano delle descrizioni che permettano un contesto completo, ci vengono forniti solo parti di dialoghi e brevi frasi per dare un minimo di senso a quello che si legge, il resto deve capirlo da solo il lettore.

Una storia di crescita e introspezione che fornisce anche un quadro crudo e forte di un periodo storico e di un contesto in cui non è per nulla facile crescere.

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