Giocare fuori di Laurent Moreau
Chissà in quanti genitori di questi tempi incitino i propri figli a giocare fuori, ad uscire fuori di casa e ad esplorare il mondo.
Di sicuro “Perchè non andate a giocare fuori?” è una frase che si sente ancora molto qui a Venezia dove gli spazi aperti sono ancora di dominio sociale, i bambini abitano la città di pietra quotidianamente dopo la scuola; nelle famiglie numerose in cui ad un certo punto bisognerà pure togliersi i bambini di torno per un po’, ed una volta era sicuramente qualcosa che non c’era bisogno di dire… I bambini stavano più fuori che dentro, la natura era più vicina a noi di quanto non lo sia oggi nelle città e lo stare fuori era l’amplificazione del gioco libero e della capacità di produrre ed inscenare storie.
Da questa frase prende le mosse l’ultimo albo di Laurent Moreau edito da Orecchio Acerbo, Giocare fuori
Con un gioco di costruzione grafica e iconografica il titolo dell’albo arriva in medias res, come dicevano i latini, nel mezzo della storia, il titolo è parte integrante del testo, si arroga pochi privilegi sul resto della narrazione che per altro inizia sin dai risguardi.
Oh, no… ora basta!
Perché non andate a giocare fuori?
Potete andare nell’orto, annaffiare le fragole.
[….] immaginare di essere a bordo di un grande veliero per un lungo viaggio…[….] A quel punto capirete che la natura è fragile…[…] Andate a giocare fuori, e quando tornerete sarete buoni come angioletti!
Come spesso accade per gli albi di Laurent Moreau narrazione e divulgazione si sovrappongono, si aiutano a vicenda, esplicitano quella straordinaria possibilità della letteratura di mediare anche altri linguaggi, altri contenuti.
Giocare fuori è un inno d’amore alla biodiversità del nostro mondo, alla potenza della fantasia infantile ed una decisa presa di posizione per l’ambiente.
Le doppie tavole si ripetono con il medesimo movimento: la frase della mamma, che segue dalla prima in cui compariva il titolo; i bambini che si ritrovano in ambienti climatici diversi con flora e fauna incredibili, animali che compaiono là dove meno ve lo aspettereste, almeno se state ancora pensando che la mamma abbia mandato i bambini fuori a giocare nel bambino di casa… Quello che i bambini attraversano è un giardino immenso, il mondo intero, per poi tornare felici a raccontare quanto hanno visto e scoperto insieme a molti animali…
Il testo narrativo si chiude come si è aperto, ma con una situazione rovesciata: sono i bambini che notano che la mamma è un po’ stanca – diciamo pure stravolta vista la confusione prodotta dagli animali selvatici in casa – e la invitano ad andare un po’ fuori in giardino là dove, possiamo immaginare, la storia può ricominciare.
L’albo si conclude con una serie di tavole in cui vengono presentati, divisi per ecosistema d’appartenenza, tutti gli animali che hanno attraversato la narrazione. Ognuno accompagnato da un colore che ne individua lo stato di rischio di estinzione e anche le fonti a cui Moreau ha fatto riferimento per la compilazione di queste pagine puramente scientifiche. Il gioco e la lettura possono proseguire con la ricerca e l’individuazione di tutti gli animali tra le tavole conclusive e le pagine della storia
Giocare fuori è un albo bellissimo, dove tornano i colori, lo stile e i temi cari a Moreau: il trascorrere e l’impiego del tempo, la natura, (penso a Dopo, ad esempio, ma anche a La mia famiglia selvaggia e, in senso più lato ma molto presente anche a A che pensi), la responsabilità individuale e l’esperienza infantile. Un albo in cui narrazione e divulgazione si compensano e amplificano a vicenda in maniera sorprendente. Un albo che resiste ad ogni classificazione e attribuzione di età per donarsi così com’è nella sua interezza ad ogni lettore che avrà la fortuna di incontrarlo sulla propria strada, sperando che sia lastricata di libri.