Favole a cui non badar troppo per bambini perfetti
Questo post è un déjà-vu, o un atto mancato, a seconda dei punti di vista…
Favole a cui non badar troppo e Storie per bambini perfetti sono due libricini che mi hanno così colpito e che ho amato così tanto e di cui sto parlando anche con chi incontro per strada per caso che ero convinta di averci già scritto sopra. E invece no, evidentemente l’inconscio ha colpito nel bene e voleva lasciarmi più tempo per lasciar depositare pulire il pensiero.
Favole a cui non badar troppo e Storie per bambini perfetti sono due libricini di Florence Parry Heide (il primo anche di Sylvia Worth Van Clief) con le illustrazioni di Sergio Ruzzier editi da Bompiani.
Si tratta di due piccoli libri, curatissimi in ogni dettaglio, di quelli che già a toccarli si è appagati, che raccolgono rispettivamente 9 e 8 piccolissimi racconti che raggelano il lettore, in cui la morale condivisa e l’orizzonte d’attesa vengono completamente rovesciati in una prospettiva spiazzante e divertente. Spiazzante per l’adulto e divertente per li bambino che finalmente sentirà i suoi peggiori istinti risuonare all’unisono con queste storie. Peggiori, migliori, bambini perfetti, bambini imperfetti… tutti giudizi adulti che poco hanno a che fare spesso con l’animalità bambina in cui il giudizio morale davvero dovrebbe essere messo da parte.
Le Storie per bambini perfetti raccontano di bambini che con una faccia tosta imbarazzante riescono ad aggirare i dettami e la volontà degli adulti per riuscire a fare ciò che vogliono. C’è Ruby che deve guardare la sorellina ma non vuole, la segue talmente male che la mamma gliela toglie e la spedisce fuori di casa dalla sua amica, esattamente come era nei piani. Ci sono Gertrude e Gloria a cui la mamma chiede un aiuto per sparecchiare e una lo fa talmente male che la mamma la esonererà per sempre dal darle una mano, esattamente come nei piani; e poi c’è Arthur che non vuole vestirsi bene per andare a trovare una vecchia zia e… riuscirà ad ottenere ciò che vuole apparentemente assecondando la mamma.
La struttura dei mini racconti è sempre la medesima così come la conclusione, si tratta di piccoli aneddoti da cui ognuno trarrà le proprie conseguenze… Lo “schema” narrativo è ancora più evidente ed esplicito nelle Favole a cui non badare troppo che sin dal titolo richiamano un modello e un genere ben definito: quello della favola. In effetti i piccoli racconti di questo secondo librino sono mini favole ciascuna con una propria morale, con una formula letterale che si ripete, come nelle favole di Fedro, solo che la morale è esattamente opposta a ciò che solitamente si considera tale. Chester è il tacchino pigrissimo che non alza ala per aiutare nessuno, che potrebbe essere facilmene condannato per accidia ma che è l’unico che si salva dal pranzo del ringraziamento.
Essere pigri funziona, pensò Chester, e si girò di lato per schiacciare un altro pisolino
Gretchen è un pesce talmente ingordo da rubare il cibo anche agli altri ma farà talmente tanto indigestione che l’unica volta in cui non mangerà si salverà dagli ami del pescatore. Finisce che Gretchen è tutta conteta perché ha anche il cibo degli altri ormai morti…
“Essere ingordi funziona”, sospirò Gretchen felice.
Piccole storie e favole al limite del cinismo e della promozione dei 7 peccati capitali se solo non tenessimo conto che i destinatari sono i piccoli lettori che di cinismo e di peccati capitali non dovrebbero saperne niente, ma che a volte nutrono nel loro animo profondo sentimenti anche contrari alla morale adulta.
Le favole e le storie sono accompagnate dalle illustrazioni di Sergio Ruzzier che mi paiono perfette per questo stile molto vicino per tradizione e unità d’intenti alla libertà del nonsense, dell’antididatticismo, dell’assoluta libertà di essere ciò che si è, di pensare ciò che si vuole e di cercare di trarre il massimo risultato da tutto ciò, alla faccia dei benpensanti.
Piccole storie disdicevoli, come le chiamerebbe la zia del Narratore di Saki, molto amate dai bambini e che lasciano molto interdetti gli adulti. Piccoli manifesti del potere della letteratura contro ogni tipo di fraintendimento didatticistico eppure perfettamente in linea con quell’idea che estetica e etica si implichino a vicenda nell’essere educatori silenziosi dei libri.