Vietato l’ingresso

Chissà quando mai la smetteremo, noi esseri umani, di vietare l’ingresso a qualcuno.

E soprattutto chissà quando mai la smetteremo di pensare che quando l’ingresso viene vietato a noi è un male ma se noi lo vietiamo a qualcun’altro allora può anche essere un bene.

Vietato l’ingresso è l’albo illustrato di Fabrizio Silei con le illustrazioni di Cinzia Ghigliano edito da Rrose Selavy che prova, con 3 racconti, a narrare cosa vuole dire essere lasciati fuori, sentirsi vietare l’ingresso quando erano gli italiani a migrare.

I 3 racconti prendono le mosse da 3 situazioni estremamente familiari e molto frequenti nell’Italia tra i primi del Novecento e gli anni ’80: il caso dello zio emigrato in America, il caso della famiglia del paesino siciliano va a lavorare in fabbrica alla Fiat, e il caso degli operai italiani in Svizzera.

Storie di fraintendimenti, di menzogne, di incomprensioni nella maggior parte dei casi. Penso al pallone nuovo che lo zio manda dall’america che invece di essere da calcio, come avrebbe dovuto essere, è footbal e tutti pensano che il pallone nuovo sia bellissimo ma che si è un po’ rovinato nel viaggio e invano cercano di aggiustarlo…é solo l’illustrazione della Ghigliano che ci fa capire qual è il problema di questo pallone che nessuno riesce ad usare. Il testo fa il suo mesteire da testo illustrato: tace i dettagli, lascia spazio perché l’illustrazione si insinui, interpreti, mostri, racconti a suo modo.

Il racconto della famiglia che da Torino torna al sud per le feste stringe il cuore. Mamma papà e figlio scendono dal treno con i vestiti buoni, fanno mostra del cappotto nuovo, dell’orologio paccato d’oro, della macchina nuova fotografata apposta per essere mostrata agli amici poveri del paesino, tutto sembra sin troppo bello per essere vero e, infatti, una volta tornati al nord, scopriamo dai dialoghi che è stata tutta una messa in scena, tutto era stato chiesto in prestito, a caro prezzo di denaro e favori. Niente era vero, se non la fatica del lavoro in fabbrica, dell’esser lontani da casa e, per il bambino, almeno per lui, la vergogna della menzogna dell’aver promesso al suo più caro amico un regalo da ricchi da inviare per il suo compleanno…

Infine gli operai italiani, puzzolenti e casinisti, tanto invisi da far svuotare un bar quando arrivano loro. Una storia come altre che si ripete, un cartello messo fuori alla porta…qui gli italiani non possono entrare, ammesso di saper leggere il cartello!

Cosa ci spinge a sentirci diversi, superiori gli uni agli altri? Dov’è il limite che poi porta alla discriminazione?

I tre racconti di Fabrizio Silei e Cinzia Ghigliano cercano di indagare proprio questo, mi pare, lasciando sempre al centro della narrazione un bambino, voce e occhi puliti nel non saper capire nè vedere la pericolosità di ciò che i grandi fanno. Che bisogno c’è di mentire? di cacciare? di credersi meglio dei compagni più poveri?

Pensieri da bambini contro azioni da adulti che in un crescendo, nella sequenza dei 3 racconti, ci raccontano di vite lasciate ai margini dalla storia.

La scrittura di Silei si muove a suo agio in quete narrazioni, tra dialettismi e sintassi sorvegliate per aderire alla lingua parlata e alle situazioni si lascia leggere con leggerezza lasciandoci il tempo di stupirci di ciò che pian piano la storia ci mostra.

Le illustrazioni di Cinzia Ghigliano con i colori e l’ambientazione nel vecchio secolo in cui pare sentirsi perfettamente a suo agio, ci portano in un altro spazio e in un altro tempo a sperimentare cosa è significato per tanti entrare in contatto con gli altri, con qualcosa di diverso, lasciare casa e ricominciare, sopportare le discriminazioni e la vergogna di se stessi.

Un albo tematico, sì, certo, dichiaratamente impegnato nel ricordare e raccontare una storia che è stata anche nostra e di oggi è di altri, momentaneamente, ma anche un albo da leggere senza pensare a cosa vuol dire, da leggere con gli occhi sgombri come quelli dei protagonisti. La letteratura educa silenziosamente, ricordate?, la narrazione ci lascia il piacere di leggerla.

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