Il ritmo narrativo

E’ estate, lo so, agosto, per di più, il periodo che si suppone più spensierato dell’anno… e dunque perché un post-icino teorico per allietarvi il caldo?

Perchè non ho saputo resistere, tutto nasce da cosa mi ha detto ieri una giovane lettrice a proposito di un gran bel libro: quello che l’ha colpita è che l’autore (un bravo autore era quello di cui stavamo parlando) proprio mentre stava per arrivare al culmine della narrazione, si fermava per parlare di tutt’altro e poi tornare in seguito lì dove aveva lasciato la tensione interrotta.

Insomma, la giovane lettrice aveva perfettamente colto il senso, il nocciolo e la portata del ritmo narrativo.

Cos’è il ritmo narrativo?

Il ritmo narrativo è il battito della narrazione, la pulsazione, quella cosa che ci può tenere o meno attaccati alle pagine e che si ottiene con la tecnica di scrittura e che cambia, moltissimo, a seconda dell’effetto che l’autore ricerca e dunque anche dal genere narrativo. Il ritmo narrativo è il cuore pulsante della comunicazione narrativa

Immaginate che la narrazione, la storia che state leggendo, sia una linea ed ora immaginate che questa linea abbia degli alti e bassi e anche delle lunghe piane; se ci fosse un macchinario, come un sismografo o un lettore del battito cardiaco, vedremmo esattamente questi movimenti in forma grafica ed allora capiremmo subito di cosa sto parlando.

Ma il macchinario non c’è e dunque ci dobbiamo affidare alla lettura critica: alzare le orecchie e stare attenti ad ogni minima variazione del ritmo. Queste variazioni appaiono sempre più evidente nei gialli o nei polizieschi o nelle storie avventurose in cui la necessità di creare attesa e sospensione sono più forti e più frequenti che in altri tipi di narrazione.

Tra le tecniche che permettono di dilatare o restringere il tempo narrativo c’è, ad esempio, la scelta di inserire delle digressioni, o delle descrizioni (attenzione, queste vanno usate con moltissima cautela, non siamo più nell’800 e rischiamo di fare abbassare troppo il ritmo) o di modificare il rapporto tra fabula e intreccio (ovvero tra la successione cronologica degli eventi della storia, e l’ordine in cui l’autore sceglie di mettere quegli stessi eventi nel testo), presentare nuovi personaggi o creare diversivi.

Qual è lo scopo?

Semplicissimo: tener desta l’attenzione del lettore e non farlo addormentare.

Dunque è sufficiente iniettare adrenalina? Tenere il lettore su di giri con colpi di scena ecc.?

No, direi proprio di no, perché la nostra attenzione ha dei tempi determinati e così la nostra capacità di tenere un livello particolarmente alto di attesa, dopodichè abbiamo bisogno di riposo, di rilassarci quel po’ che basta a rinfrancarci e renderci pronti per una nuova salita narrativa. Insomma non possono funzionare le narrazioni che hanno un ritmo narrativo omogeneo, piatto, che sia piatto “in alto” o piatto “in basso” poco importa, il libro non funzionerà.

Invece il bravo scrittore metterà insieme tutte le sue tante carte tecniche per far sì che tutto funzioni al massimo e ci tenga incollati alla pagina o che ci faccia tornare con gioria al libro che avevamo lasciato.

Se state pensando che tutto questo si noti meno o “serva” meno nei libri per bambini e ragazzi, perché più corti o altro, vi state sbagliando alla grande: più la narrazione è condensata, specie se si tratta poi di una narrazione testuale che dialoga con la narrazione iconografica, più è complessa la costruzione del ritmo narrativo, è una specie di maestria che si realizza in minatura in uno spazio-tempo narrativo corto e che in quel piccolo lasso di spazio e tempo deve dare tutto se stesso. Sarà anche per questo che spesso, troppo spesso, i libri per i piccoli e meno piccoli non sanno proprio di niente? Noia mortale, calma piatta… tra l’intenzione, sempre dietro l’angolo, di voler insegnare qualcosa al bambino e l’incapacità di governare il ritmo narrativo è sin troppo facile fare libri brutti!

Volete un esempio di uso perfetto del ritmo narrativo?

Andate a leggere Il narratore di Saki, Orecchio acerbo, e vi si sveleranno tutti i trucchi della narrazione; se cercate invece un testo lungo su cui esercitarvi provate con Voi, l’ultimo romanzo di Morosinotto, Rizzoli, e davvero vi sarà chiaro con quale e quanta maestria si può e si deve gorvernare il ritmo, un concetto che i poeti hanno assai chiaro e che anche gli scrittori dovrebbero avere ben presente.

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