Quest’alce è mio!
“E’ mio”
credo che sia, converrete con me, una delle espressioni più usate dai bambini in una certa fascia d’età… quello che Battiato definirebbe “il senso del possesso che fu prealessandrino” e che si applica a un po’ tutto ciò che capiti a ruotare nel loro mondo.
Certo che però avere un alce nel proprio orizzonte di possesso non è da tutti… Ed è proprio per questo che abbiamo bisogno di geni come Oliver Jeffers!
Quest’alce è mio è infatti il titolo di un divertente, ironico e delicato albo di Oliver Jeffers edito da Zoolibri.
La storia è presto detta: il bambino pelatino protagonista (il tipico bambino “alla Jeffers”) trova un alce e non essendovi alcuno che lo reclami decide di chiamarlo Marcello e di tenerlo con sè ed addestrarlo a fare tutto ciò che gli chiede…. diciamo che Marcello corrisponde a questo desiderio del suo piccolo presunto proprietario più o meno quanto potrebbe farlo il gatto di casa: per niete.
Ma verso la metà dell’albo, durante una delle scorribande del protagonista con il suo alce si scopre che il presunto Marcello in realtà si chiama Rodrigo ed appartiene ad una vecchina che gli dà delle mele ragion per cui Marcello, ovvero Rodrigo, fa una netta scelta di campo e decide di restare con la nonnina… A questo punto il nostro protagonista è distrutto dal dolore, si aggroviglia, letteralmente e resta triste ed abbandonato in mezzo alla natura fino a quando, per motivi molto lontani dal suo interpretare, viene salvato da Marcello che torna sui suoi passi.
A questo punto il protagonista la lezione l’ha imparata: Marcello obbedirà alle sue richieste e farà tutto ciò che gli si chiederà solo quando e come ne avrà voglia. Non è magnifico?
Certo, il punto è che Marcello potrà dunque anche decidere di tornare ad essere Rodrigo e…anche qualcun’altro come ci lascia intendere il risguado finale di questa storia apprentemente assurda.
Apparentemente assurda perché è l’alce che rende il tutto straniante ma se lo sostituissimo con un altro “oggetto” o animale tutto potrebbe filare liscio, nella nostra logica corrente e comunemente accettata… Questo è infatti uno dei meccanismi per far scaturire l’ironia negli albi illustrati: creare una sorta di scalino che scardini l’orizzonte d’attesa introducendo un elemento inaspettato. In questo albo l’elemento è l’alce, ovviamente, e anche il tratto sottile e rapido di Jeffers che qui si costruisce su fondali realistici, quasi paesaggistici che sembrano ambientare in un contesto “normale” riconoscibile questa storia che in effetti assume un carattere di assoluta normalità se ci dimentichiamo che stiamo parlando di un’alce.
Sapete che ho un debole per gli albi e i libri che fanno ridere o sorridere, per quell’ironia che va a fondo restando in superficie ed è per questo che Jeffers mi piace così tanto. Forse Nei guai è un suo albo più famoso di Quest’alce è mio, almeno mi pare di averlo visto meno in giro ma sicuramente non merita meno di essere letto e riso, se mi permettete di usare il verbo ridere in forma transitiva!