Il gufo che aveva paura del buio

Qualche tempo fa, mentre seguivo mio figlio per i compiti ci siamo imbattuti sul sussidiario in un brano che riportava sotto in nota: Jill Tomplinson, Il gufo che aveva paura del buio, Feltrinelli. Praticamente un piccolo classico dei libri per bambini, un piccolo classico che fortunatamente avevo in casa.

Allora, come faccio sempre quando mi imbatto in brani di antologia sul sussidiario e il libro originale, sono andata a prendere il libro per leggere il brano “dal vivo”. Non sono riuscita a trovarlo, il brano in questione e sapete perché? Perchè era stato talmente tagliato, rimaneggiato nella sintassi e persino cambiato di nome (probabilmente è stata usata una traduzione fatta ad hoc o diversa) che solo quando abbiamo letto per intero il libro ci siamo resi conto che le il passo antologizzato corrispondeva alle prime 2 pagine, ridotte in ben 15 righe, più o meno.

Non entro nel perché e per come accadano queste cose, qualcosa la scrissi qui, quindi lascerò cadere l’argomento; invece mi soffermo sull’opportunità di aver incontrato un libro che senz’altro vi consiglio di leggere.

Tombolo è un piccolo gufo, un barbagianni per l’esattezza, che non si vuole schiodare dal nido perché ha paura della notte. Il buio lo terrorizza a tal punto da voler rinnegare di appartenere agli uccelli notturni. La mamma, estremamente paziente, ogni sera manda il suo piccolo a parlare con qualcuno che passa di sera, al buio, sotto il loro albero, così da capire se anche secondo loro il buio è pauroso e infido o no. E’ così che il piccolo Tombolo incontra boy scout, bambine, signorine che sembrano Babbo Natale, anziane signore, appassionati di stelle e il gatto Orione; insieme a loro Tombolo scopre che il buio è bello, necessario, interessante, divertente ed ogni tipo di aggettivo positivo vi venga in mente. A tombolo piacciono via via sempre più le motivazioni che ognuno dà del proprio amore per il buio ma nulla lo convince davvero, ogni capitolo si conclude con la mamma che chiede a Tombolo: ” E tu, cosa ne pensi tu?” “Io penso che non mi piace AFFATTO”.

Saranno le stelle, la costellazione di Orione il grande cacciatore a tenere per la prima volta il piccolo barbagianni sveglio la notte intera per spiegare ai genitori le posizioni delle stelle; sarà il gatto Orione, l’ultimo incontro che Tombolo farà nel suo percorso di scoperta del buio, a far convincere Tombolo di essere ciò che è, ovvero un uccello notturno.

Tutto è bene quel che finisce bene, certo. Ma quel che conta non è mai, o assai di rado, la destinazione, ma il viaggio. In un libro ciò che conta non è la trama e la sua conclusione, a l’intreccio e il suo ritmo che in questo libro, tutto giocato sulla ripetizione, sul ritorno, sulla ripresa e sulla rassicurazione del lettore, crescono insieme all’attesa di cosa accadrà al piccolo protagonista che, come moltissimi dei piccoli lettori che leggono la sua storia, teme il buio.

Un libro sul buio e la paura del buio? Certo, Il gufo che aveva paura del buio innegabilmente lo è, ma non per questo è bello, non per questo è diventato un piccolo classico, ma per la sua capacità di entrare in sintonia con il giovane lettore, di leggergli dentro in qualche modo e di uscire con lui dall’empasse della paura più diffusa e antica del mondo.

Le illustrazioni del libro sono di Annalaura Cantone ed aggiungono un tocco di ironia al racconto che già non è privo.

Un bel libro, un piccolo romanzo perfetto da leggere insieme sera dopo sera ma anche per le prime letture autonome di testi un po’ più lunghi.

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