Mio fratello Simple

E’ un po’ che non vi racconto di un bel romanzo per ragazzi e bisogna che corra ai ripari e lo faccio con un titolo bellissimo di Marie Aude Murail, autrice d’eccellenza nella narrativa per adolescenti.

Mio fratello Simple edito da Giunti come molti altri romanzi della Murail, è un testo denso e a tratti esilarante che tiene insieme, come la Murail e pochissimi altri autori sanno fare, temi fortissimi e leggerezza di scrittura.

La storia racconta di Kleber, sedicenne, che decide di farsi carico di suo fratello disabile, tirarlo fuori dall’ospedale psichiatrico di Malicroix. La mamma dei due ragazzi è morta e il padre si è rifatto una moglie giovane che aspetta un bambino e che nulla vuole avere a che fare con Bernabè, alias Simple, il ragazzo vent’enne con la testa di un treenne, un ritardato mentale, come dice Kleber, un I-DIO-TA come dice Simple che evidentemente se lo sente dire da quando è nato.

Simple è disarmante, fa e dice delle cose incredibili o meglio che sembrano incredibili se pensiamo che ha vent’anni e che è grande e grosso e con gli istinti sessuali di un adulto, ma che potremmo accettare perfettamente in un bambino di tre anni. L’unico che sempre lo capisce, mai lo abbandona e spesso lo caccia nei guai, è il Signor Migliotiglio, il coniglio da cui Simple non si separa mai e che fa le veci del grillo parlante, sostanzialmente, solo che del grillo non condivide la saggezza, anzi.

A dispetto del suo soprannome, Simple è tutt’altro che semplice, più che altro la sua presenza e personalità risultano ingombranti e difficili da governare per le persone che gli stanno attorno, i coinquilini di Kleber in primis che con questo bambino troppo cresciuto nel corpo davvero non sanno che pesci pigliare. Come tutti i bambini infatti Simple colpisce sempre nel segno, vede e intuisce ciò che gli adulti non si dicono, cercano di nascondere innanzitutto a se stessi: amori, rivalità, difficoltà…

Insomma Simple è scomodo, c’è poco da fare, avere a che fare con lui, esattamente come avere a che fare con un bambino, non è immediato e mette in crisi. Di fatto il suo soprannome tradisce per opposizione la complessità della relazione che implica.

Se dovessimo mettere in fila tutti i temi e le situazioni problematiche che muovono la trama del romanzo verrebbe fuori un quadro non solo complesso ma anche “pesante”, se invece prendiamo in mano il libro e lo leggiamo la sensazione prevalente è quella di vivacità, di leggerezza e di ironia.

Vale la solita regola: è la forma che fa la qualità del testo, non il suo contenuto!

E siccome la Murail decide di trattare sempre situazioni umane complesse in cui costruire uno spaccato di mondo a misura di lettore, sa che deve saper parlare al suo lettore assumento il punto di vista, la prospettiva e il linguaggio più adatti a non spaventarlo, non allontanarlo ma tenerlo vicino vicino e l’empatia e il sorriso, se non il riso, sono elementi chiave in questo tipo di strategia.

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