Mio padre è un orso polare

Ci sono libri di cui ti fai un’idea, non necessariamente buona o cattiva, ma un’idea, e poi a leggerli ti sorprendono e ti regalano la felicità di dirti che non avevi capito niente, e ne sei pure felice, quel libro ha decisamente superato le tue aspettative!

Mi è capitata una cosa del genere con Mio padre è un orso polare di Michael Morpurgo con le illustrazioni di Felicita Sala edito da Lapis.

Ho fatto proprio la lettrice ingenua, ho scelto un libro di cui non sapevo nulla, nemmeno che fosse stato pubblicato, l’ho scelto per la copertina (per la serie i libri si giudicano dalla copertina eccome!), per il nome dell’autore e anche un po’ per il formato, insomma mi sono lasciata andare al puro piacere della sensazione a scatola chiusa.

Poi, da brava lettrice ingenua, l’ho letto ad alta voce con i bambini e ho scoperto un testo raffinato, sottile e ironico anche grazie alle illustrazioni di Felicita Sala che mi pare diano un’interpretazione perfetta alla storia.

Il protagonista narratore è un ragazzino che ci porta senza introduzione, in prima persona, nel suo mondo: un mondo in cui i padri possono essere orsi polari. Se pensate che l’essere orsi polari sia una metafora vi sbagliate di grosso, come mi sbagliavo io.

Il padre di Terry e suo fratello (il narratore fratello più piccolo) è davvero un Orso Polare, o meglio diciamo che ha interpretato l’orso polare in uno spettacolo teatrale e tutto ciò che ai bambini resta di questo padre assente è la foto dell’orso polare dentro al quale si nasconde il loro vero padre.

Quella dei due fratelli è dunque la storia di due bambini che hanno due padri, uno presente perché scelto dalla madre, ed uno assente perché allontanato dalla madre. Di quello assente non si può parlare , anche se se ne parla nessuno risponde… il padre naturale dei bambini è una specie di tabù in casa e per questo i due protagonisti si organizzano per poter trovare tracce del loro padre in quel pochissimo che sanno.

Con un po’ di fortuna possono vederlo recitare a teatro, nei panni dell’orso polare (e Terry riesce anche ad avvicinarlo e manifestarsi con grande gioia del padre-orso) o alla televisione… ma il tempo passa e nulla cambia fino a quando…

L’orso polare, nelle vesti di Falstaf, ormai molto anziano, capita con la compagnia teatrale vicino ai fratelli che questa volta, adulti e con famiglia, non puntano ad un saluto fugace ma a recuperare una vita affettiva intera.

E’ così che il narratore, diventato adulto, può garantire ai suoi figli e nipoti di conoscere e giocare col nonno (vero) almeno una volta all’anno, il tempo rallenta e recupera, o almeno così pare e, si sa, il tempo è del tutto relativo in queste faccende sentimentali.

Recentemente ho scritto un racconto che ha per protagonista un orso polare. Chissà perché! Mio padre è al piano di sopra e lo sta leggendo alla mia nipotina più piccola. Lo sento ringhiare e lo immagino mentre mostra i denti, proprio come fanno gli orsi polari. Mi viene da pensare che per lui sia un po’ come fare un tuffo nel passato.

Per me lo è.

Una storia che ha dentro tante storie, tanti filoni, non ultimo quello narrativo autobiografico con cui lo scrittore gioca insieme al narratore che è anche protagonista ed anche scrittore, uno scrittore che a sua volta racconta di un orso polare. La differenza è che questa volta l’orso ha voce e presenza, nessuno tace, nessuno evita, tutto è chiaro e pronunciato e pronunciabile perché la vita non si ripete sempre uguale ma può essere sempre meglio.

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