Esopo rap
Ve le ricordate le favole di Esopo?
Quelle che abbiamo incontrato tutti da bambini, o fatto incontrare ai nostri bambini, e qualche volta anche da grandi nelle traduzioni dal greco?
Quelle con i leoni, i topi, i lupi, i corvi ecc. ecc. e soprattutto con le morali finali?
La storia racconta che….
Già, cosa racconta la storia fuor di metafora?
Forse quello che raccontavano quelle storie può essere ancora valido per i piccini e non nell’ottica di un voler riproporre ciò che noi adulti abbiamo incontrato o ciò che il canone culturale ci impone in qualche modo di tramandare.
No, tutt’altro.
Penso invece che forse alcune storie, mitiche nel senso stretto del termine e che affondano in questioni ancestrali dell’animo umano, possano trovare un senso epoca per epoca.
Di quello che impone il canone culturale francamente mi interessa ben poco e della laudatio temporis acti di quello che ci proponevano a noi bambini ancora meno.
Certo vanno narrate con un linguaggio adeguato, che può essere un linguaggio di varia natura tra cui anche il linguaggio della rima, della filastrocca, del rap, ci suggerisce il titolo del nuovo libro di Luigi Dal Cin: Esopo Rap, appunto, edito da Einaudi ragazzi.
Ed ecco che alcune delle favole di Esopo trovano nuova forma, nuovo ritmo, direi, alla lettera.
Ma cosa c’è dietro un’operazione del genere? Certo il desiderio di “svecchiare” forse una forma letteraria che ci sembra lontana dall’orecchio dei nostri bambini, ma dal punto di vista tecnico letterario cosa c’è dietro questa operazione raffinata?
Per Luigi Dal Cin, la cui penna spesso e volentieri, e per fortuna nostra, ha incontrato e rielaborato testi della tradizione fiabesca, mettere mano alle fiabe è un altro modo per lavorare con materiali letterari imprescindibili facendoli a misura, che non vuol dire sminuire o abbassare, di lettore bambino. Cero la fiaba ha una funzione e la favola tutt’altra, verissimo!
La favola ha la sua caratteristica nella morale esplicita, certamente, ma Luigi Dal Cin riesce a ricondurre questo genere anche al gioco più tipico dell’infaniza il “facciamo che”: facciamo che io sono il lupo e tu il capretto”, “facciamo che io sono il leone e tu il topo”.
I giochi non hanno morale, e di sicuro non la esplicitano, ma hanno senso ancestrale, come le favole e rappresentano sempre una metafora di vita, come la favola.
Ecco dove forse Dal Cin, con la cura che lo contraddistingue, ha trovato il trait d’union tra favola e infanzia, tra un lontanissimo ieri e un vicinissimo oggi.
La scelta del verso, della rima, sempre studiata e mai banale, è una scelta che permette un accostamento vivace ed adatto anche ai più piccoli a queste storie che invece di diventare vecchi ammonimenti diventano quasi giochi di lingua, giochi di ritmo e di suono e di storia di cui non è detto si debba sciogliere la metafora. Funzionano anche così!