Giochi d’ossa

Tutti abbiamo nella memoria dei libri che da bambini abbiamo portato nel cuore e che ancora il cuore ce lo fanno battere quando quei libri li ritroviamo da grandi.

Uno di questi libri, per me, è davvero un libricino piccolo piccolo, ormai fuori catalogo da un bel po’, che si intitola Giochi d’ossa, è della coppia Janet e Albert Ahlberg ed era edito da EL nella collana “Un libro in tasca”.

E davvero Giochi d’ossa potevi tenertelo in tasca e tirarlo fuori ogni volta che sentivi il desiderio di un brividino.

Brividino perché i protagonisti di questa storia sono degli scheletri: scheletro grande, scheletro piccolo e scheletro cane.

Gli scheletri si svegliano di notte e escono per le strade a giocare a spaventare le persone. Ma di notte per strada non ci sono persone, gli scheletri incontrano solo scheletri!

Anche allo zoo ci sono solo animali scheletro, nulla di divertente o di particolare nè tanto meno di pauroso, dunque, può succedere per questi abitanti della notte che ripiegano facendo giocare il cane.

Corri di qua e corri di là succede che lo scheletro cane sbatte e va in mille pezzi, anzi in mille ossa ed il gioco allora diventa quello di rimontare il cane dritto…

Riusciranno i nostri scheletri?

Ma certamente!

Tutto finisce bene e gli scheletri se ne tornano a casa pronti a svegliarsi la notte successiva ma qui dove finisce il riassunto della storia inizia il pensiero sulla forma.

Perchè se questo libricino ha il potere di colpire la memoria, è per il gioco anaforico che si sviluppa ad ogni livello della costruzione narrativa e sintattica.

Le ripetizioni, l’ironia, il ritmo narrativo sono curati e costruiti alla perfezione perché il giocane lettore provi al tempo stesso magari un piccolo brivido insieme ad una punta di sorriso.

E’ un racconto che un po’ lascia sospesi, avverrà qualcosa che potrà spaventarmi o qualcosa che mi farà ridere?

E così arriva fino alla fine là dove la storia si chiude con perfetta circolarità rispetto a come si era aperta.

Ci resterà sempre il sospetto che questi scheletri grande e piccolo siano padre e figlio, dormono anche nello stesso lettone, e allora possiamo partire con le domande e congetture: come sono morti? Sono morti insieme? e la mamma dov’è? e così all’infinito o quasi ma direi che questi sono giochi di pensieri e parole che il lettore può fare se e come vuole, costituiscono un possibile ipertesto narrativo che in questo momento non mi interessa.

Giochi d’ossa è un librino che resta nella memoria e che sarei felice di ritrovare stampato, certo non un capolavoro della letteratura classica ma sono questi i libri che costruiscono la biografia di un lettore, credo. E a chi mi dice spesso con rammarico che alcuni libri che racconto o che uso nei corsi, pochi a dire la verità, sono fuori catalogo mi sento solo di dire che è un peccato che lo siano, che per fortuna ci sono anche le biblioteche e che il tempo si fagocita una quantità di bei libri che ogni tanto male non fa farli tornare a vivere!

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