Il fiore perduto dello sciamano di K di Davide Morosinotto

Pochi giorni fa ho terminato la lettura de Il fiore perduto dello sciamano di K, l’ultimo, mi pare in ordine di tempo, romanzo di Davide Morosinotto edito da Mondadori.

Il libro è, com’è nelle corde del suo autore, un gigantesco viaggio d’avventura e formazione. Protagonisti sono due ragazzi, Leila e El Rato che, incontratisi in un ospedale di Lima, dove si trovano per motivi molto diversi, scappano insieme alla ricerca del fiore perduto dello sciamano di K che solo, così pare dicano gli indizi trovati, potrebbe salvare Laila dalla sua malattia mortale.

L’avventura quindi parte da Lima per portarci per tutto il Perù amazzonico con peripezie e colpi di scena sin troppo incredibili. La storia sembra più “tirata” rispetto alle avventure gia vissute nell’America dei protagonisti del Rinomato catalogo Walker e Down e della Russia delle due sfolgorante stelle rosse. Eppure la sensazione è che anche questo ci stia nella ambientazione sudamericana di cui la narrazione è intrisa. Si respira l’aria sudamericana in questa forma di eccessiva esoterica più ancora che esotica.

La magia pervade tutto il testo, quella dello sciamano che alla fine si rivelerà, ma anche quella della vita che ti sorprende sempre.

Ma come sempre per questo autore la trama conta fino ad un certo punto. Non è la fabula che fa il libro bensì il suo intreccio e se questo è sempre vero ancor di più lo è per Morosinotto che sembra scrivere libri apposta per usarli come esempi della struttura narratologica della narrazione, come mi è capitato di fare con Voi nel mio corso di narratologia applicata alla letteratura per l’infanzia.

La forma macroscopica è quella del romanzo corale in cui le voci sono prevalentemente due, Laila e El Rato salvo poi aggiungere e altre una tantum man mano che prosegue la narrazione e poi anche riuscire a dare la netta sensazione che su tutto aleggi, come lo spirito della Terra, una sorta di narratore onnisciente… Sensazione amificata dal fatto che il romanzo inizia come un gigantesco flashback e dunque il lettore sa che chi narra già sa come la storia sarà andata a finire.

Una struttura narrativamente molto articolata, in cui la grafica attenta ci aiuta a districarci ma per un pezzetto ci sembrerà di non avere la situazione del tutto sotto controllo. Veniamo a scoprire le cose un po’ per volta come accade ai protagonisti e come loro vogliono che sia pure per il lettore pur essendo già giunti alla fine del loro percorso.

Morosinotto sembra davvero essere un grande erede del genere avventuroso risistemato e ripulito per suonare alla perfezione all’orecchio dei nostri ragazzi e ragazze del XXI secolo e al tempo stesso del romanzo di formazione.

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