Alice nel Paese delle meraviglie

Alice cominciava ad averne abbastanza di starsene seduta presso sua sorella sull’argine erboso, senza aver nulla da fare. Una o due volte aveva sbirciato nel libro che la sorella stava leggendo, ma in esso non c’erano né illustrazioni, né dialoghi e “a che servono poi dei libri” pensava Alice “senza illustrazioni e dialoghi?”

Questo l’incipit, l’avrete inteso, di Alice nel Paese delle meraviglie di Lewis Carroll, la famigeratissima Alice che ho ripreso in mano in questi giorni nell’edizione Salani con la traduzione di Donatella Ziliotto e le illustrazioni originali di Tenniel prodotto per l’edizione del 1866.

Quanto sia sorprendente questo testo credo sia il motivo principale della sua fortuna che l’ha reso l’origine di tanta narrativa fantastica e nonsense nella cultura occidentale.

Non vale la pena credo soffermarsi su aspetti ultrastudiati di questo testo, dalla personalità dell’autore, alle varie interpretazioni delle più varie ecc.ecc. Ma vorrei invece soffermarmi su un aspetto specifico del libro legato alla sua costruzione narrativa.

Innanzitutto ci appare subito evidente che ci troviamo davanti ad una narrazione in terza persona con narratore onnisciente che permette all’autore di poter creare molteplici strati di finzione e di autointerpretazione della finzione, come accade spesso ad Alice, liberamente. Il narratore, che forse in questo caso potremmo provare ad immaginare come doppio dell’autore implicito, sceglie la forma che più gli permette di raccontare l’inenarrabile.

Nei secoli la storia della letteratura è stata spesso fatta da chi ha tentato di narrare l’inenarrabile, l’ineffabile, questa volta Carroll apre una nuova porta narrativa che nessuno, con questa forza aveva mai aperto prima. Lui non solo la apre, ma la varca, questa soglia, e ci si fa un balletto dentro; è la soglia del fantastico, dell’insensato, dell’onirico e dell’immaginifico: dell’infanzia nei suoi mondi interiori più profondi, in una parola.

E’ stupefacente quanto e come questo uomo ottocentesco, un po’ particolare a dire la verità per come ci viene presentato in tanti studi, riesca così profondamente a ripercorrere le vie della logica dell’immaginazione infantile. O forse sono le vie dell’immaginazione tout court solo che poi nei grandi essa viene frenata e riordinata e perde di autocoscienza…

Ecco alcuni strati della narrazione di Alice che più mi colpiscono:

  • Alice nel paese delle meraviglie è un libro dove trova un posto sorprendente la riflessione sull’identità, vere e proprie speculazioni che potrebbero sembrare profondamente filosofiche se non deviassero nella pura assurdità.

“Ma, se non sono la stessa, chi sono adesso, allora? Questo è il gran problema!”

E incominciò a pensare a tutte le bambine della sua età che conosceva, per vedere se poteva essersi cambiata in una di quele.

Chi è Alice quando comincia a cambiare dimensione? E’ ancora la bambina che sapeva di essere? La domanda sull’identità che potrebbe radicarsi e svilupparsi in un ragionamento “profondo” prende sempre invece la strada dell’assurdo, riparte dalla lettera della parola, dal significato letterale e rende le riflessioni di Alice esilaranti oltre che a tratti sagge….

  • Ma Alice è anche un libro fatto di storie, con le storie e per le storie. E’ un’immensa e articolatissima metanarrazione, dall’incipit in poi la narrazione diventa il centro assoluto del racconto. Tutti hanno una storia da raccontare e siamo al tempo stesso nella storia di Alice che ha raccontato a qualcun’altro che ce la sta raccontando. E tutto a partire, rileggetevi le frasi dell’incipit, da un libro che non ha figure e che non attira la bambina Alice che deve avere delle visioni per poter cadere nelle storie! E infatti cosa accade ad Alice? Ha la visione del coniglio col panciotto (e il dialogo con se stessa su questo punto è esilarante) dopodiché cade nella tana! Se ne ricorderà assai bene Rodari con Alice cascherina, non vi pare?
  • Ma Alice nel paese delle meraviglie è anche, se non soprattutto, un libro divertentissimo pensato per un pubblico di lettori giovani, se non piccoli. La narrazione di Alice viene da molto lontano nel tempo eppure è fresca e divertente, fantastica e perfettamente alla portata del giovane lettore a cui piacciano le storie fantastiche, s’intende… Questo, l’abbiamo detto tante volte, fa di Alice un classico e di Carrol un genio.

E allora la domanda mi sorge spontanea: perché tante riduzioni, tante edizioni tagliate e maciullate di Alice (così come di tanti altri classici?)

Certo il cartone animato, straordinario per altro conto, ha moltsissimamente condizionato la visione di questa storia semplificandone l’interpretazione…

Tuttavia credo sia sufficiente aspettare l’età giusta per proporre il libro in originale. La storia di Alice, ovviamente, attira come la carta moschicida, è diventata un riferimento culturale imprescindibile, persino a tratti proverbiale e va benissimo, il libro tuttavia è un’altra cosa e non vedo perché propinare anzitempo una riduzione che non vale tempo quando, a poca distanza, si potrà, se si vorrà, godere di un capolavoro assoluto della letteratura mondiale. Uno dei pochissimi libri appartenenti alla cosiddetta letteratura per l’infanzia che sono entrati nel canone di riferimento della grande Letteratura senza aggettivi!

Come già notato per Il giardino segreto le edizioni di questo libro, ormai uscito dalle questioni del diritto d’autore, sono moltissime, ognuno scelga la propria, ce ne sono di molti belle, a me questa tradotta dalla Ziliotto (che nel mio immaginario è la Fernanda Pivano della letteratura per ragazzi) è piaciuta moltissimo ma ce ne sono tante altre, l’importante è che siano edizioni integrali. Spesso hanno incluso anche Alice dietro lo specchio che è la seconda avventura di Alice narrata da Carroll, una narrazione speculare in cui alcuni elementi del primo romanzo si rovesciano e completano: ad esempio l’esplorazione parte dall’interno della casa e non dall’esterno, il riferimento dello sviluppo narrativo sono gli scacchi e non le carte… Tenete presente che moltissime narrazioni che riprendono Alice e lo stesso film Disney tratta i due romanzi come se fossero tutt’uno prendendo i personaggi da entrambi senza distinzione.

Molto si potrebbe dire inoltre su quanto e come questo romanzo, forse più di qualunque altro, sia in grado di generare in continuazione nuove narrazioni, credo sia impossibile numerare i libri, di qualsiasi forma e tipo che pagano il loro tributo ad Alice, ne ricordo qui solo uno perché lo trovate recensito qui e perché appare particolarmente significativo per testimoniare come funzionino i libri ponte di questo tipo: Vietato leggere Lewis Carroll di Diego Arboleda Rodriguez edito da Lapis.

Alice nel paese delle meraviglie è il capostipite di un immenso ipertesto letterario ed anche intertesto letterario di cui sarebbe bello seguire le tracce, magari in un corso ad hoc o magari giocandoci in classe, perché no, a partire da un derivato, un capolavoro indotto da Alice su su fino alla capostipite per scoprire quanto inaspettatamente divertente possa essere un classico!

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