“Il mistero del cane”di Mario Lodi

Non sono moltissimi i libri di narrativa di buona qualità per la fascia della scuola primaria, per l’inizio delle letture autonome, per quel delicatissimo passaggio in cui il lettore nasce per l’ottava e ultima volta: quella della lettura individuale e silenziosa.

Il libro di oggi è uno di questi: un libro senza pesi pseudo educativi, o rispondenze a clichè e stereotipie.

Il mistero del cane è un racconto scritto da Mario Lodi nel 1989 e edito da giunti con le illustrazioni di Diletta Liverani.

Tutti noi, credo, ricordiamo il maestro Lodi scrittore per il famosissimo Cipì il libro che racconta le avventure dell’uccellino che lascia il nido, ma non so quanto sia invece diffuso Il mistero del cane che racconta la storia di una piccola banda di bambini amici – due fratelli (Silvano e il narratore che in prima persona che racconta da adulto questa storia di bambino), Paolino e Rossella – che trovano un cane moribondo nel fosso del paese e, contro ogni aspettativa riescono a curarlo e ridargli la vita.

Contro il parere del veterinario zio di Rosetta e del guardiacaccia (il cattivo di turno) che vogliono abbattere il cane perché anche se guarisse sarebbe storpio e inutile, i bambini strenuamente e coraggiosamente resistono, si assumono anche ogni onere legale e economico per curare e mantenere il cane e così facendo provano che la vita è più forte e il loro legame di amicizia si rinsalda sempre più.

Il cane guarisce alla perfezione, a parte una zoppia, e li segue come un ombra, si fa una fidanzata, protegge i bambini e mai si stacca da loro fino al giorno in cui nessuno lo vede più tornare a casa…

Passano i giorni e le settimane, arriva in dono un cucciolo di Febo, questo il nome del cane, a cercare di calmare il dolore della mancanza, ma del cane nemmeno l’ombra.

Così finisce la storia. Sospesa, senza risposte nè congetture. Il narratore non è onniscente lontano ma in prima persona e invischiato fino al collo e nulla può dirci di ciò che il lettore vorrebbe in ogni modo sapere.

Se il libro è riuscito per molte pagine a tenere alta la curiosità che deriva dal titolo, ci dovrà pur essere un mistero in questa storia che si intitola Il mistero del cane, e per tutto ma proprio tutto il libro non c’è mistero che riguardi la storia narrata in sè. Togliendo il fatto che non sappiamo esattamente Febo da dove sia comparso, l’unico vero mistero è quello dell’explicit: dove è finito il cane?

Di Febo padre non avemmo più notizie. Sono passati tanti anni da allora e il mistero del cane zoppo rimane.

Dov’è finito Febo?

Fine della storia. Si chiude il libro e la faccia del lettore che legge o che sta ascoltando se stiamo leggendo ad alta voce, è più che perplessa.

Devo dire che la reazione immediata può facilmente essere di disapprovazione e di disappunto e davanti a questa reazione il primo pensiero che faccio è: quanto coraggioso è stato questo autore a sfidare il proprio lettore in questo modo? Lo ha nutrito e appagato per tutto il tempo e decide che può pure permettersi di chiudere con una piccola frustrazione, che il giovane lettore può reggere questa delusione. Chi l’ha detto che ci debba essere una piena e totale catarsi (se non siamo in una fiaba)?

Mario Lodi da grande maestro, in senso pieno del termine, qual era mette la propria dose di educatività silenziosa del suo libro nella sfida alla resilienza. Nel racconto non c’è nulla di truce, nessuna tensione, nessun elemento che possa turbare il lettore, la carica l’autore se la tiene per il finale, davvero di effetto.

Molto molto bella anche la figura dei genitori, adulti che fanno da contorno presente e distanze il giusto. Pronti a sostenere i bambini ma lasciandoli liberi di prendere le proprie decisioni di correre i propri rischi e di sbagliare. Sono figure che non si contrappongono mai apertamente ai due adulti non positivi del veterinario e del guardiacaccia ma che lasciano intuire che ci sono diversi modi per essere adulti. Non necessariamente si diventa cinici e miopi.

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