Orso, buco!
Questo post è scritto da Chiara Costantini che cura la rubrica “Un libro in cartella” ogni due giovedì.
“Orso, buco!”
Età: dai 2 anni
Pagine: 44
Anno: 2013
Editore: Minibombo
Autore: Nicola Grossi
con: Silvia Borando e Lorenzo Clerici
Stiamo iniziando a scrivere!
Sì, sì. Con i miei alunni di classe seconda, scuola primaria, stiamo iniziando a scrivere!
Scrivere… la mia attività preferita in assoluto.
Da sempre.
Ma scrittori non ci si improvvisa.
Certo, c’è il talento. L’originalità, l’intuizione, la fantasia, la capacità di osare.
Ma il talento, da solo, non porta lontano. Il talento va coltivato. Come per tutte le cose, c’è bisogno di formazione, tecnica, allenamento e sperimentazione.
Infine, influiscono significativamente, gli incontri fatti lungo la strada, durante il percorso scolastico ed extrascolastico. Essi determinano nel bambino, nell’adolescente, nell’adulto la possibilità di esprimersi attraverso la scrittura e di credere in se stesso.
Scrittura e lettura sono due attività profondamente legate fra loro.
Tuttavia se la lettura può sussistere indipendentemente, la scrittura, se non è supportata dalla lettura, è priva di fondamenta.
Un paio di ricordi del mio percorso di studi prima di addentrarmi nel tema di questo post.
Anno 1988. Ero alle elementari.
La mia maestra Lucia era una maestra bella e buona. Non ci faceva fare tutto quello che volevamo, anzi. Ma era giusta. Sapeva quando era il momento di ridere e scherzare e quando era il momento di lavorare seriamente.
Adoravo quando durante l’ora di italiano ci diceva: “Prendete il quaderno e inventate una storia usando queste tre parole: cane – ombrello – carriola”. Ogni volta ovviamente le tre parole cambiavano.
Esplicito riferimento all’espediente narrativo del binomio fantastico di Rodari, questa era la mia attività scolastica prediletta. Mi sembrava di giocare anziché essere a scuola. Pensavo, volavo con la fantasia, riordinavo le idee e poi… scrivevo.
La cosa bella? Alla mia maestra quasi sempre piacevano le mie storie e io ero soddisfatta del mio lavoro!
Anno 2000. Ero all’università.
Ricordo che per guadagnare qualche spicciolo davo la disponibilità come “aiuto-compiti” o per “ripetizioni”. Una volta diedi alcune ripetizioni di italiano ad un ragazzo. Mancava poco alla fine dell’anno scolastico e, nello scritto, non era messo bene. A Mattia risultava difficilissimo scrivere. Cosa per me quasi incomprensibile. Ricordo che quando frequentavo le superiori io non vedevo l’ora di leggere le varie tracce del compito di italiano e avevo sempre l’imbarazzo della scelta. Non vedevo l’ora di dare sfogo alla penna e cominciare a scrivere. Insegnai a Mattia qualche piccolo trucco per “fare bene” un tema.
Per scrivere un buon tema basta fare una buona scaletta!
Mattia mi guardò sbigottito: “Scaletta?!? Cioè?!?”
Si tratta di investire il primo quarto d’ora per buttare giù le idee e riordinarle. Ricordarsi di rispettare sempre le parti del racconto: introduzione, svolgimento e conclusione!
Poi è fondamentale definire l’obiettivo del racconto e non perderlo mai di vista. Scegliere i protagonisti, il luogo dove si svolgono i fatti e il tempo nel quale avvengono. Decidere se narrare in prima o terza persona e coerenza nell’uso dei verbi, in base al tempo in cui si narra (passato, presente o futuro). Costante deve essere l’attenzione di aderenza alla traccia, per non andare fuori tema. Frasi brevi. Rileggere spesso il tutto.
Facemmo quindi la prova pratica: il famoso tema.
Scrisse lui. Di suo pugno. Io semplicemente lo “monitoravo” facendo attenzione che rispettasse le varie indicazioni. Ne uscì un gran ben tema. Lui era soddisfattissimo del prodotto finale. Io anche. Mattia quasi non si capacitava di come avesse potuto. Io gli feci notare che aveva fatto tutto da solo.
“È vero, ma come può essere che nessuno, in tutti i questi anni di scuola, mi abbia mai spiegato la scaletta?!?”.
Era in seconda superiore. Ora – dico io – è molto probabile che un ragazzo di quindici anni, magari un po’ vivace, possa essere spesso distratto… ma sono altrettanto convinta che Mattia, nei precedenti nove anni di scuola, semplicemente non avesse ancora incontrato l’insegnante giusto.
L’insegnante giusto non è quello che sa tutto. L’insegnante giusto è quello che sa entrare in relazione con il ragazzo, con il bambino, con la persona. L’insegnante giusto è un buon postino, riesce a portare a destinazione il suo messaggio. L’insegnante giusto è quello che prima di valutare il prodotto, il “tema”, investe tempo, risorse ed energie affinché il ragazzo, il bambino, la persona ami la materia. Apprezzi l’arte dello scrivere. E l’innesco non può non partire dalla passione per la lettura.
Ecco, ora possiamo venire al libro in cartella di oggi: Orso buco
Formato quadrato, medie dimensioni. Copertina cartonata. Storia semplice ed efficace. Illustrazioni pure: colorate, geometriche, essenziali.
Torno, a distanza di tre anni, sullo stesso albo di cui avevo già narrato la lettura al nido (quando ero educatrice di bambini 0/3).
Perché?
Semplice, se un albo è un albo di qualità funziona sempre, indipendentemente dall’età!
“Orso si è perso
e non trova più la sua tana.
Si mette in cammino
e all’improvviso…
BADABUM!
Casca in un buco.
Ma è la tana di volpe!
Orso e Volpe iniziano a camminare, alla ricerca della tana di Orso.”
Orso continua a cercare la sua tana e nel cammino incontra nuovi amici che lo aiutano nell’impresa… rispettivamente: una volpe, un rospo, una formica e infine un elefante. Spesso cadono in buchi che sono tane di altri.
La struttura della narrazione è fissa e si ripete ciclicamente, ogni volta si incontra un nuovo animale che si unisce al gruppo e si mette in cammino per cercare la tana di orso. Gli animali sono identificati dalla forma (un cerchio), dal nome (orso, volpe, rospo, formica, elefante), dal colore (marrone, arancione, verde, nero, grigio), dalla dimensione (grande, medio, piccolo, piccolissimo, grandissimo).
Il mettersi in cammino corrisponde ad una riga dritta colorata. Il colore corrisponde al luogo di riferimento (strada, bosco, fiume, deserto).
Questa volta, visto i tempi, ho sperimentato una nuova forma di lettura: sempre ad alta voce, in gruppo, ma… in videolezione. Ahimè, non è stata una grande idea… Pur conoscendo il libro a memoria, faticavo a mostrare le immagini nella webcam. Ho incontrato così qualche difficoltà a leggere con la solita tranquillità. I bambini lo percepivano. E non vedevano bene.
Ho ovviato il problema, a posteriori (a video-meeting concluso), inviando il video del libro.
Il lato positivo è che questa volta ci sono i commenti a caldo dei bambini : )
“Maestra lo sai che ce l’avevo anch’io quel libro? Poi lo abbiamo regalato quando è nato il figlio dei miei padrini”
“Non vedo bene i disegni…”
“Ce l’hai letto perché è una storia breve?”
“È vero… c’è l’inizio: che è Orso che non trova più la sua tana”
“Poi c’è lo svolgimento: Orso inizia la ricerca e strada facendo incontra vari animali”
“Prima la volpe, poi la rana…”
“Non è una rana, è rospo…”
“Eh… vabbè rospo, è la stessa cosa… quasi”
“Volpe, rospo, formica, elefante…”
“E poi c’è la fine: quando finalmente trovano la tana di orso, ma manca elefante”
“Maestra possiamo anche rispondere alle domande CHI, DOVE e QUANDO”
“I personaggi sono gli animali: orso, volpe, rospo, formica, elefante. Il dove sono i luoghi che attraversano: fiume, bosco, deserto e il quando non si capisce… facciamo un giorno qualsiasi”
“Che strani disegni… solo cerchi…”
“Eppure si capisce dalla grandezza e dal colore chi sono… guarda l’elefante per esempio”
“Riuscireste anche voi – chiedo – a disegnare così?”
“Sì, certo!”
Spesso quando chiedo di disegnare qualcosa il commento immediato e corale è: “Non sono capaceee…”.
Disegnare non è semplice, scrivere non è semplice.
Vi è una notevole discrepanza tra l’immagine dell’oggetto mentale e la produzione grafica reale.
La stessa cosa vale per le storie: in testa sono chiarissime, scritte, le parole si ingarbugliano.
Come fare?
Bisogna semplificare, rendere essenziale, togliere gli elementi superflui.
Gli animali raffigurati sono solo forme geometriche eppure si riesce a capire chi sono. Come?
“Dal colore”
“Dalla grandezza”
“Anche il nome degli animali nel testo è scritto con il loro colore…”
Sono i dettagli che fanno la differenza! La dimensione e il colore aiutano ad identificare l’oggetto.
E così ho avuto l’idea di un’attività da proporre.
Sono sincera, non avrei mai pensato che Orso Buco mi sarebbe tornato utile per introdurre la scrittura e invece si è rivelato uno spunto perfetto.
Ho inoltrato ai genitori dei miei alunni il video muto del libro e il link del minisito di minibombo.it dedicato a Orso Buco e con una proposta operativa collegata all’albo.
Date otto sequenze i bambini dovevano provare ad illustrarle. Le statistiche dei riscontri mi han fatto intendere che l’attività proposta è risultata difficile. Una bambina che solitamente svolge le consegne correttamente e velocemente definisce l’attività di media difficoltà. Un altro bambino dice di non aver capito cosa fare. Un’altra bambina ancora che è stata molto faticosa.
Qualcosa non mi tornava. Quando avevo pensato questa proposta di attività, inserita in un più ampio progetto di scrittura, l’avevo scelta perché voleva essere un “gioco” (non un “compito”).
Così mi sono interrogata, mettendomi in discussione e cercando di capire.
Quando lessi Orso Buco al nido ricordo che poi avevamo preso dei fogli A3, i colori a cera e avevamo riprodotto la storia. Bambini tra i due e i tre anni avevano disegnato su carta i personaggi della storia.
Illustrare delle altre sequenze è invece risultato difficile per dei bambini di sette anni.
Mi chiedo, dipende forse dalla fase di sviluppo in cui si trovano i bambini di questa età, imbrigliati in uno sviluppo che Piaget definirebbe operatorio-concreto? È proprio questa la motivazione reale che impedisce una capacità di astrazione?
Mi piace provare a capire come funzionano le cose nella nostra testa… e in quella dei bambini…
Così, ho inoltrato un nuovo video, provando a svolgere io stessa l’attività e… fungendo da “modello”.
Ho poi rilanciato il suggerimento dello staff di Minibombo di illustrare una storia con un pappagallo per protagonista.
Sempre stimolata dalle proposte dei minisito (che ha rappresentato nello stile di “Orso, buco!” le storie de “I tre porcellini”, “Biancaneve e i sette nani” e “Cappuccetto rosso”), ho poi illustrato io, con la medesima tecnica, un albo famoso a cui sono molto legata e che avevamo già letto in classe, chiedendo ai bambini di indovinare quale libro avevo (indegnamente) illustrato.
I riscontri ricevuti mi hanno confortata:
le nuove attività proposte hanno riscosso notevole successo!
I bambini, con ritrovato entusiasmo, hanno partecipato tutti attivamente. Mi hanno mandato i loro lavori in tempi brevissimi. E c’è stata una vera gara a chi indovinava prima il libro misterioso.
La mia mediazione è stata un facilitatore del compito rendendolo così agibile a tutti.
“Maestra, leggi che bella storia ho inventato!”
“Ti piace la mia storia, ho inserito anche altri personaggi!”
“L’albo che hai rappresentato è A caccia dell’orso! …il mio preferito”
“Che bello questo gioco, ce lo farai ancora?”
“Maestra sai a me cosa è piaciuto più di tutto di tutto?!? La voce dell’elefante!”